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In questo focus sulla rappresentazione del diritto nelle arti prenderemo in considerazione una delle più affascinanti e monumentali architetture della Città Eterna. Stiamo parlando della Corte di Cassazione

di Fabiana Di Fazio
 
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La sua maestosità è diretta espressione del significato simbolico assunto dal fenomeno giuridico nella sfera sociale. In virtù di tale considerazione, in questa sede si propone la traduzione dell’abstract di un saggio estremamente significativo, con il quale l’autore evidenzia in modo altisonante il nesso tra arte, diritto e società, di cui l’edificazione del complesso monumentale è portavoce. Il saggio intitolato The politicization of the landscape of Roma capitale and the symbolic role of the Palazzo di Giustizia, fu scritto da Terry Rossi Kirk.

La politicizzazione del territorio di Roma capitale e il ruolo simbolico del Palazzo di Giustizia.

Quando la Roma papale divenne Roma Capitale, la città divenne l’emblema delle espressioni nazionaliste italiane in ragione delle monumentali opere architettoniche erette. Il Palazzo di Giustizia è un’identità integrante nel processo di nazionalizzazione dello scenario politico romano. Il sistema italiano di amministrazione della giustizia, per la prima volta centralizzato in questo edificio, svolse un ruolo chiave nel definire le autorità legislative del nuovo Stato contro le tradizioni a cui si appellava la Chiesa cattolica. Il simbolo architettonico scelto ai fini di rappresentazione non è stato mai pienamente accolto. L’eclettismo storicista adottato da Guglielmo Calderini (1837-1916) fu in linea con l’idea del Ministro di Giustizia, Giuseppe Zanardelli (1829-1903), che si occupò personalmente di supervisionare il progetto. L’analisi meticolosa del complesso di fonti da cui l’architetto trasse ispirazione, dapprima in San Pietro e successivamente nello specifico contesto dei Prati di Castello, nel quale assume rilevanza quanto rappresentato dalla convergenza del programma politico di Zanardelli con il linguaggio architettonico di Calderini, costituisce il fondamento sul quale è costruita una lettura specifica sull’istituzione. L’apprezzamento delle decorazioni architettoniche, degli elementi scultorei, del programma di pittura e, infine, del manifesto giuridico, contemplante inoltre il riferimento ai simboli ecclesiastici, può avvalorare questa meditazione.

All’interno del saggio, si legge:

Nel diciannovesimo secolo, la classe dominante diede un volto nuovo all’Italia, attraverso un laborioso processo politico di unificazione legislativa ed un intricato processo sociale volto a promuovere il valore della commistione culturale. Monumentali simboli architettonici su scala nazionale vennero eretti a Roma per questa ragione e vennero ricompresi nello slogan ‘Roma Capitale’: la trasformazione dell’antica capitale pontificia come sede del nuovo Stato laico sovrano passò attraverso la fondazione di istituzioni pubbliche, monumenti commemorativi e la riqualificazione dello spazio urbano. Il Palazzo di Giustizia è parte integrante di questo processo costruttivo sociale e politico in quanto rilevante nella funzione istituzionale che assolve in qualità di Corte Suprema della nazione e come simbolo architettonico di tale funzione. […] La questione centrale, che emerge nel momento in cui si procede a saggiare il programma zanardelliano, riguarda la sua politica ecclesiastica, concretizzatasi nelle recente esperienza che il Ministro maturò quale uomo di Stato nell’epoca risorgimentale, vissuta nelle vesti di Ministro di Grazia, Giustizia e dei Culti.

Il profilo evolutivo della relazione tra Chiesa e Stato prima dei Patti lateranensi fu, per oltre mezzo di secolo, contorto, contrassegnato da una dinamica poco comunicativa e sterile. […] Il Palazzo di Giustizia svela pienamente la sua essenza solo nel suddetto contesto politico.

I termini dell’accordo vennero stabiliti unilateralmente dallo Stato nell’ambito della teoria del ‘giurisdizionalismo’, concetto che si riferisce alla sovranità dello Stato laico contemplata dalla legislazione civile e che si pone al di sopra dell’autorità clericale nella società. […] Camillo Cavour (1810-1861), in qualità di primo Presidente del Consiglio del Regno di Italia, concepì un programma separatista mediante il quale la Chiesa universale avrebbe continuato a attuare globalmente la sua missione spirituale, ma liberando lo Stato italiano dalle responsabilità dovute all’interferenza che essa esercitava nelle competenze temporali. Il suo ideale rimase disatteso dal momento che entrambi i poteri non erano ancora pronti ad affrontare in modo autonomo le responsabilità derivanti dall’indipendenza; ma il suo slogan, «Libera Chiesa in libero Stato» , servì da panacea, […]. La Legge delle Guarentigie del 13 Maggio 1871 contemplava un compromesso politico ibrido con il quale venne assicurato alla Chiesa il pieno esercizio della funzione spirituale nella società e allo Stato venne assicurato il diritto di censura; con la Sinistra al potere nel Marzo del 1876, la radicale tradizione giurisdizionalista liberale fu riportata in auge da Pasquale Stanislao Mancini (1817 – 1888), il portavoce napoletano del giurisdizionalismo, e dal suo successore, Giuseppe Zanardelli.

Zanardelli fu […] Ministro di Grazia, Giustizia e dei Culti, dal 1881 al 1883, dal 1887 al 1891. La sua maggiore conquista è rappresentata dalla riforma del codice penale nel 1889 e dalla centralizzazione del potere giudiziario. Nello specifico, Zanardelli fu strenuo difensore della forza civile dello Stato contro gli abusi dettati dall’influenza moralizzante del clero abile nel reprimere dal pulpito le promulgazioni politiche. Il codice penale, riformato nel suo aspetto teorico e procedurale, è davvero rilevante in relazione alla simbologia architettonica,  [..] : è fondamentale osservare in che modo l’edificio interagisce con il panorama politico ed urbanistico di Roma Capitale.

[…] Zanardelli tentò di conciliare le forze evocate dalle istituzioni politiche e spirituali nella società italiana erigendo il simbolo del giurisdizionale Stato laico al di sopra dell’inestirpabile potere ecclesiastico. La confluenza del programma socio-politico di Zanardelli con l’espressione architettonica ed urbanistica può essere osservata valutando la sua variegata carriera, la quale dimostra una incisiva intersezione di esperienza nei lavori pubblici e nell’architettura, nelle riforme sociali e nel sistema giudiziale.

[…] A Brescia, egli scrisse articoli sull’Esposizione provinciale del 1857 nel quale ebbe modo di affermare l’importanza dei monumenti pubblici e l’effetto positivo della cultura artistica nel processo di civilizzazione. […] «Una nazione come una città che vanta una grandezza di coltura intellettuale ed in cui risplende il genio delle grandi cose deve nutrire il senso del bello vivissimo e prepotente. E l’arte divenuta così effetto di questa altezza intellettuale se ne farà alla sua volta efficacissima causa ed impulso. E veramente essa è il più valido strumento a simboleggiare ogni gloria, ogni eroismo, ogni virtù, a scrivere nel modo che meglio giunga al cuore di tutti, pubblica e solenne, la storia delle gesta imitabili e sante» . […]

Il Palazzo di Giustizia è l’edificio zanardelliano per antonomasia.  Dall’architetto e dai suoi successori al Ministero, Zanardelli venne definito quale mecenate del Palazzo di Giustizia, dal momento che «non pure fissò il tema all’architetto, ma mostrò di essere architetto lui stesso» . Il Palazzo di Giustizia, a Roma, è il primo edificio moderno realizzato con la facciata principale rivolta verso il fiume; esso, proiettandosi su Via Cicerone, si configura quale elemento di spicco all’interno di una relazione assiale nella quale rilevano il viale principale dietro di esso e il centro del nuovo quartiere. […]

Dall’analisi dell’espansione di Roma Capitale nella zona dei Prati di Castello emerge una chiara strategia politica volta ad introdurre, accanto al Vaticano, l’istituzione sovrana e laica. L’orientamento ideologico e iconografico, contraddistinto da questa stessa natura, fu alla base del criterio tramite il quale si concretizzò la scelta del design architettonico per il Palazzo di Giustizia.

[…] Per il Palazzo di Giustizia, Calderini sviluppò temi cari al classicismo italiano del Cinquecento, adottando un linguaggio architettonico storicista nel quale gli stili avrebbero potuto amalgamarsi armoniosamente, in ciò appellandosi a rilevanti precedenti storici. […] Si può notare, soffermandosi sull’identificazione accurata del carattere di storicità del Palazzo, la corrispondenza tra l’immagine architettonica ed il programma politico che converge nel concepire il tribunale attraverso forme differenti da quelle affermatesi in virtù dell’influenza esercitata dagli ambienti ecclesiastici.  […]

L’opera privilegia lo sviluppo orizzontale, «conservando così la maestosa impronta propria alle composizione architettoniche italiane, evitando anche così l’inutile partito di grandiose cupole ο sopra-elevazioni antiestetiche troppo sfruttato in esotici e mastodotici edifici» . Il programma del concorso si riferiva ad un «aspetto severo e grandioso», in ciò servendosi di un linguaggio adottato dai maestri del sedicesimo secolo come Scamozzi che, nel riferirsi ai rudimenti della teoria architettonica, spiegò che l’ «aspetto è l’espressione essenziale della personalità dell’edificio, la cosiddetta ‘venustà’». […]  «Guglielmo Calderini sentì nel concepirla, potente il bisogno di usare nella sua decorazione forme che traessero essenzialmente e solamente ispirazione dall’architettura italiana, ed avesse perciò indole, aspetto e forma puramente nazionale».  In relazione al concetto di «severa bellezza», Calderini prese come esempio i modelli alessiani per l’imponenza delle misure, l’armonia delle parti e dei dettagli, il largo uso del chiaroscuro e le decorazioni in grado di non mortificare gli elementi costruttivi della composizione. […] Zanardelli riconobbe che il Palazzo di Giustizia, «sulle tracce de’ più imitabili monumenti del Cinquecento, accoppii la venustà e l’eleganza all’impronta di quella maestà e di quella forza che sono gli essenziali attributi della legge e del diritto» .

[…] Il Palazzo di Giustizia, con il suo sviluppo orizzontale, emerge indelebilmente in contrasto con lo skyline della città, contrapponendosi con vivacità alle strutture curve tradizionalmente dominanti le cupole delle chiese […].

[…] Il Palazzo di Giustizia, in virtù della concezione zanardelliana del valore simbolico da esso assunto politicamente, venne magnificato quale incarnazione emblematica dello Stato al di sopra della Chiesa, dal momento che «la giustizia, idea e sentimento, impeto e ragione, scienza e coscienza, è il fine stesso delle civili società» .

Segno di fede in Dio l’erezione dei sacri templi, così segno di fede nella giustizia l’erezione di nobili tempi che ad essa si consacri. […] Ricostituita la nazione, e fatta Roma capitale d’Italia, ben era dovere che di sua vittoria contro tanti poteri avversamente cospiranti lasciasse ai posteri documento perenne : ed ecco sul colle capitolino sorger la mole grandiosa consacrata al re galantuomo; sul Gianicolo, monumento insigne all’EROE popolare; qui un tempio civile, che non è consacrazione di uomini ma di un popolo!

Possiamo quindi concludere affermando che la Corte di Cassazione, con il suo lussureggiante corredo di dettagli decorativi e scultorei, che passeremo in rassegna nel prossimo focus, è da considerarsi a tutti gli effetti la personificazione artistica di uno dei periodo più significativi della storia del nostro Paese; in essa convergono arte, storia, filosofia e diritto.

 

Bibliografia:

Rossi Kirk Terry, The politicization of the landscape of Roma capitale and the symbolic role of the Palazzo di Giustizia, in Mélanges de l’Ecole française de Rome. Italie et Méditerranée, tome 109, n° 1, 1997, pp. 89-114. È distribuito da Persée www.persee.fr/doc/mefr_1123-9891_1997_num_109_1_4480

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