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Il pittore olandese, che dai suoi contemporanei veniva considerato un artista non eccelso, realizzò e vendette al noto gerarca nazista, appassionato collezionista di opere d’arte, un falso Vermeer, raffigurante Cristo e l’adultera. Fu proprio a causa di quest’opera che venne svelata l’attività criminosa di van Meegeren, sebbene il processo svoltosi nel 1947 riguardasse crimini diversi da falso e truffa.

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Han van Meegeren durante il processo che lo vide protagonista nel 1947

Van Meegeren, da sempre interessato ed attratto dalla pittura olandese seicentesca, fu un grande estimatore di Jan Vermeer al punto da passare lungo tempo ad esercitarsi, ricopiando fedelmente le sue opere: nel corso degli anni, quindi, progressivamente incrementò la sua abilità e fece propri i caratteri stilistici e tecnici del modus operandi di Vermeer, al punto di essere perfettamente autonomo e capace di ricreare dei dipinti completamente nuovi e stilisticamente coerenti al corpus vermeeriano.

L’indiscussa abilità di van Meegeren è stata, inoltre, controbilanciata da un intenso studio: in gioventù, ad Amsterdam, aveva attinto alle lezioni di falsificazione impartitegli dal restauratore Theo van Wijngaarden, apprendendo quanto fosse importante la scelta dei materiali da impiegare per la realizzazione dei suoi falsi. Inoltre, studiò con attenzione il trattato del chimico Angenitus Martinus de Wild, “The scientific examination of pictures”, in modo da poter riprodurre le opere di Vermeer al meglio, cercando ed utilizzando materiali quanto più vicini al consueto uso e al periodo del pittore olandese.

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Han van Meegeren nel 1945

Il pittore, quindi, oltre ad usare pennelli antichi o a realizzarli personalmente con peli di tasso (comunemente adoperati nel periodo di Vermeer), era solito comprare tele seicentesche di scarso valore artistico e raschiare via la soprastante pittura. Realizzava i pigmenti in prima persona, partendo dalle materie prime ed utilizzando le formule antiche, in modo che i materiali pittorici risultassero essere più verosimili possibile agli autentici. Estremamente lodevole era la sua capacità nel riprodurre artificialmente l’effetto della craquelure sulle sue opere, cospargendo il dipinto fresco con della bachelite. Per ottimizzare l’effetto dell’invecchiamento, poi, infornava il dipinto a circa 120 gradi, successivamente lo arrotolava per aumentare il numero e l’intensità delle crepe ed infine, con lo scopo di colorare le fessure delle fallaci craquelures, lavava il dipinto con un inchiostro nero diluito.

Nonostante fra i suoi capolavori compaiano anche opere di altri illustri artisti, quali Pieter de Hooch, Gerard ter Borch e Frans Hals, la sua fama si accrebbe in particolar modo grazie alle perfette contraffazioni dei quadri del pittore di Delft. Riuscì addirittura ad ingannare esperti d’arte del calibro di Abraham Bredius, il quale racconta d’essere rimasto estasiato di fronte alla Cena in Emmaus di van Meegeren, confondendola con un originale veermeriano.

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Nel 1945, l’artista mentre dipinge un falso Wermeer. Foto: Koos Raucamp (ANEFO), GaHetNa (Natiionaal Archief NL)

Arriviamo dunque al punto: come finì un falso Vermeer nelle mani del collezionista Hermann Göring? Nonostante non fosse una delle sue migliori contraffazioni (difatti, il falsario cominciava a mostrare anche sul piano artistico gli effetti di una vita sregolata), durante l’occupazione tedesca dei Paesi Bassi l’opera venne venduta in maniera abbastanza agevole da un agente di van Meegeren al mercante d’arte Alois Miedl, il quale lo cedette a sua volta al noto Reichsmarchall nel 1942.

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Ancora Han van Meegeren nel suo studio. Foto: Koos Raucamp (ANEFO), GaHetNa (Natiionaal Archief NL)

Il dipinto rimase celato assieme a tutte le altre opere della ricca collezione di Göring fino al 17 maggio 1945, quando le forze alleate sequestrarono il suo ricco bottino.

Il mercante Miedl, durante gli interrogatori, fece il nome di van Meegeren, il quale venne arrestato ed accusato non di falso (come ci si aspetterebbe), bensì di collaborazionismo con i nazisti e saccheggio dei beni culturali olandesi. Solo il falsario stesso poté svelare la truffa, evitando così la pena di morte: difatti, durante il processo dichiarò di essere lui l’autore dell’opera Cristo e l’adultera e confessò di aver contraffatto anche altre opere di de Hooch e di Vermeer stesso. Al fine di appurare la veridicità di quanto rivelato dal falsario, egli venne invitato a realizzare un nuovo falso vermeeriano in presenza di testimoni: da questo episodio nacque Gesù tra i dottori, opera che da un lato salvò van Meegeren da morte certa, ma che dall’altro gli costò due anni di prigionia. Tuttavia, non scontò nemmeno un giorno degli anni per i quali fu accusato: la sua salute degenerò a tal punto che una serie di infarti posero fine alla sua vita all’età di 58 anni, il 30 dicembre 1947.

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