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“Cicatrici. Le lacerazioni della Grande Guerra nelle opere riscoperte dei soldati”, una mostra al MAIO

(Tempo di lettura: 3 minuti)

 


Le parole di Italo Svevo accompagnano tutte le sezioni della mostra, secondo la tesi sostenuta da Dario Malini nel saggio “La Grande Guerra di Italo Svevo. La scoperta di una fonte letteraria ignota de La Coscienza di Zeno”, secondo il quale l’ultimo romanzo dello scrittore triestino assume una luce nuova se lo si legge sulla scorta delle cicatrici del conflitto, diventando così un potente e disperato monito ancora oggi attuale.

Nella prima sezione della mostra, dedicata a Verdun (territorio francese ancora inquinato e pericoloso per i residui bellici dell’omonima battaglia), vediamo le opere di due artisti soldato dialogare tra diloro. Si tratta dei due oli di Luc-Albert Moreau, e la raccolta di acqueforti “Verdun” di Henri Desbarbieux datata 1916. Moreau rielabora a vent’anni di distanza ciò che ha vissuto sul campo di battaglia, documentando l’intera essenza della guerra nei momenti dell’attacco, e un soldato ferito. Desbarbieux invece dà voceall’interiorità, raffigurando in presa diretta i claustrofobici cunicoli sotterranei di Verdun, dove i soldati vivevano l’orrore quotidiano, espresso in chiaroscuro dai volti deformarti e dalle mani.

Cupe gallerie rischiarate da flebili candele compaiono anche nella seconda sezione della mostra, con la raccolta di sei litografie “Les preux… (I prodi)” dell’artista svizzero Charles Harder. In queste opere i soldati si aggirano come sperduti nella semi-oscurità, evidenziando la lunga attesa alienante di una guerra temuta, ma mai realmente combattuta, a difesa della frontiera Svizzera che rischiava d’essere attaccata dai tedeschi.

La terza sezione della mostra pone all’attenzione del visitatore un’altra figura d’artista dimenticato, quella del soldato tedesco Fritz Gärtner, la cui ricerca espressiva intorno alla vita del fante ha un afflato eminentemente lirico, non privo di pregnanti punti di problematicità.La quarta sezione è dedicata a Focardi, unico artista italiano presente nella mostra, che ritrae i soldati feriti nell’ospedale militare di Viareggio. In questi disegni a matita non compaiono visibili ferite, ma l’accento verte sulla solitudine esistenziale degli uomini, la cui realtà interiore sarà per sempre rovinata.

La quinta sezione della mostra presenta quattro opere dell’artista belga Henry De Groux. In queste tavole fortemente antimilitariste, la guerra è la moderna apocalisse, espressa attraverso potenti metafore, come i “cavalieri erranti” ossia soldati che indossano maschere a gas. Con dirompente forza visionaria, l’artista denuncia l’insensatezza della guerra che accomuna i vinti ai vincitori.Chiudono l’esposizione tre opere dell’artista soldato francese Maurice Le Poitevin. Immagini poetiche e potenti da osservare attentamente, come il disegno “L’ora del tè in trincea” nella quale un soldato, dalla cupa profondità di una trincea, volge lo sguardo verso le stelle, ri-scoprendo una dimensione superiore. Oppure come l’opera che sembra trasportare di peso l’osservatore nella cupa profondità di una creute (caverna) abitata da soldati che paiono prigionieri, obbligandolo quasi a condividerne empaticamente il malinconico stato d’animo. Altamente simbolica è anche l’opera che chiude la mostra, intitolata “dialogo fra i morti”: in un paesaggio desertico, da una lunga fila di croci e di fosse, uno scheletro in primo piano indica ad un secondo scheletro il cielo, nel quale il sole della vittoria tramonta oscurato da cupe nubi che trasportano svastiche naziste. Il messaggio è chiaramente volto a mettere il secondo conflitto mondiale come diretta continuazione del primo, ma riflette anche sul valore effimero della vittoria, e sull’enorme sacrificio umano che resta al termine di ogni guerra.

 

 

 

 

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Lunedì 19 novembre 2018

 

 

 

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