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Arte liberata e arte restituita

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(Tempo di lettura: 5 minuti)

Per il piacere di studiosi, appassionati e curiosi è dunque ancora possibile apprezzare l’allestimento delle 69 opere restituite alla collettività ed esposte al pubblico per la prima volta. Si tratta di una collezione straordinaria, opere “autentiche e di grande pregio, dotate di documentazione d’acquisto o provenienza piuttosto che di expertise o dichiarazione d’autore – scrive Beatrice Bentivoglio-Ravasio, curatrice della mostra milanese -, raccolte secondo un disegno preciso e, verrebbe da dire, guidato da un consigliere esperto, con acquisizioni mirate effettuate fra la fine degli anni ottanta e i primi anni duemila”. Il nucleo, notevole per coerenza, pregio e rilievo commerciale, la cui stima si aggira infatti attorno ai 3 milioni e mezzo di euro, era stato posto sequestro preventivo nel 2008 dal Tribunale di Milano.

WOLS [Alfred Otto Wolfgang Schulze], Berlino 1913 – Parigi, 1951, Senza titolo
1945-1946 penna a china, acquarello, gouache, bianco coprente, grattage su carta, su cartone, 16 x 11 cm

Il corpus artistico, composto da 71 pezzi tra tele, sculture (due in gomma uretanica, Senza titolo (Radiatore) e Fax, di Loris Cecchini si sono sciolte per un difetto nella mescola e purtroppo sono andate perse), fotografie e installazioni, a partire dal sequestro venne depositato nei caveau di Open Care/Frigoriferi Milanesi. Presso questo istituto privato, specializzato nella conservazione, gestione e valorizzazione di opere e collezioni d’arte, la raccolta vi rimase silente fino al 2015. Tra il 2014 e il 2015 la Regione Lombardia rese disponibili 2 milioni e mezzo di euro del Fondo Sociale Europeo con due bandi destinati alle università lombarde. L’Università degli Studi di Pavia promosse un progetto di documentazione, studio e valorizzazione di 530 opere poste sotto la competenza amministrativa dell’Agenzia Nazionale dei Beni Sequestrati e Confiscati e affidate per la conservazione al Segretariato regionale del MiBAC per la Lombardia “affinché l’aiutasse a valutare la collezione sotto il profilo dell’autenticità e dell’interesse culturale, ma anche sotto quello della stima economica e della proposta di destinazione”. Il progetto, guidato e coordinato scientificamente da Paolo Campiglio, ricercatore a tempo indeterminato e professore aggregato di Storia dell’arte contemporanea presso il Dipartimento di studi umanistici pavese, e da Beatrice Bentivoglio Ravasi e Flora Berizzi per il MiBAC, ottenne un finanziamento di circa 83mila euro che garantì cinque borse per altrettante giovani studiose selezionate pubblicamente. I risultati furono presentati il 15 dicembre 2015 nel corso di una giornata studio e raccolti in Opere del XX secolo confiscate in Lombardia pubblicato da Scalpendi Editore.

CARLOS PUENTES, Buenos Aires 1950,
Negrito 5, 2000, legno dipinto, 120 x 49 x 25 cm

La mancanza di tempo e risorse – ineluttabile cruccio italico – ha fatto slittare di alcuni anni il proposito fortemente sentito e voluto da più parti di esporre, mantenendo inalterato e unito, il nucleo più omogeneo “che permette di seguire per tappe la storia dell’arte dalla seconda metà del Novecento ai giorni nostri, con una particolare predilezione per le poetiche astratte e informali e per le neo-avanguardie degli anni sessanta.” L’architettura seicentesca di Palazzo Arese-Litta, sede del Segretariato Regionale del MiBAC per la Lombardia, del Polo Museale Regionale della Lombardia, della Soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio per la Città metropolitana di Milano, e della Soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio per le province di Como Lecco Monza e Brianza, Pavia, Sondrio e Varese, è dunque oggi – e ancora fino al 2 dicembre – cornice dell’Astrattismo organico rappresentato da un raro bassoriliervo di Jean Arp e da due sculture di Arnaldo Pomodoro, “una linea connessa al concretismo internazionale dell’Astrattismo geometrico” passa attraverso ben cinque esemplari afferenti a diversi periodi di Victor Vasarely. Ancora Wols, Mathieu, Achille Perilli, Mark Tobey per l’Informale segnico; Jorn, Emilio Vedova, Mario Bionda per l’Informale gestuale. Tra giochi di luce e specchi, tessuti e arredi, spiccano invece le sperimentazioni tridimensionali di Remo Bianco, le “tele estroflesse” di Enrico Castellani, le intersuperfici curve di Paolo Scheggi. E ancora le accumulazioni di Arman accanto ad un precoce empaquetage – “impacchettamento” di Christo (copertina del catalogo della mostra), un Giorgio Armani, serigrafia del 1981 di Andy Warhol. Arte Povera e concettuale con Giuseppe Penone, Pier Paolo Calzolari e Giulio Paolini. E poi installazioni. Quella di Pablo Reinoso, che apre la mostra, e quella di Chen Zhen, alle spalle, in dialogo con lo spazio nobile fino a dominarlo. Impalpabile, quasi rarefatta è la suggestione di forza naturale e universale offerta dall’opera costituita di piccoli semi di canna di palude a firma di Christiane Lohr.
Un viaggio imperdibile, dunque, fra arte e idiosincrasie, vuoti e stratificazioni.

EMILIO VEDOVA, Venezia 1919 – Venezia, 2006,Ciclo N.4 ’61/’62, 1961-1962, olio e carta su tela, 146,5 x 200 cm

Conclusa l’esposizione milanese, le opere saranno in mostra dal 15 dicembre a Brindisi presso Palazzo Granafei Nervegna. Altre manifestazioni d’interesse sono pervenute da Napoli, Palermo Capitale Italiana della Cultura 2018 (che fino al 4 novembre è stata cornice della dodicesima edizione di Manifesta, la biennale nomade europea di arte contemporanea) e Genova. In primavera la collezione sarà accolta e musealizzata nel rinnovato allestimento della GAMEC – Civica Galleria di Arte Moderna di Bergamo, in attesa della creazione di un Polo o Padiglione dell’Arte Liberata, dedicato allo specifico tema del rapporto fra arte e criminalità e del riutilizzo sociale dei beni culturali confiscati. Il progetto espositivo permanente, che si vorrebbe realizzare a Milano e possibilmente in un immobile confiscato nella disponibilità dell’ANBSC, mutua le stesse ambizioni e finalità del Palazzo della Cultura “Pasquino Crupi” di Reggio Calabria che, dal 7 maggio 2016, accoglie la raccolta appartenuta a Gioacchino Campolo: essere testimonianza tangibile di restituzione alla collettività di beni acquisiti con i proventi di attività illecite.

ARTE LIBERATA – DAL SEQUESTRO AL MUSEO

Storia di una collezione confiscata in Lombardia
a cura di Beatrice Bentivoglio-Ravasio
Milano, Palazzo Litta, Corso Magenta, 24
28 settembre-2 dicembre 2018

Orari di apertura

Giovedì dalle ore 12 alle 22; venerdì/sabato/domenica dalle ore 12 alle 19.

Ultimo ingresso 30 minuti prima della chiusura.

Aperture straordinarie la mattina per gruppi e scuole con prenotazione obbligatoria

(tel. 02 80294217, da lunedì a venerdì dalle ore 10 alle 13)

Entrata libera

Catalogo

Scalpendi Editore, euro 10 in mostra

Informazioni

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