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Arte liberata e arte restituita

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(Tempo di lettura: 6 minuti)

Per il piacere di studiosi, appassionati e curiosi è dunque ancora possibile apprezzare l’allestimento delle 69 opere restituite alla collettività ed esposte al pubblico per la prima volta. Si tratta di una collezione straordinaria, opere “autentiche e di grande pregio, dotate di documentazione d’acquisto o provenienza piuttosto che di expertise o dichiarazione d’autore – scrive Beatrice Bentivoglio-Ravasio, curatrice della mostra milanese -, raccolte secondo un disegno preciso e, verrebbe da dire, guidato da un consigliere esperto, con acquisizioni mirate effettuate fra la fine degli anni ottanta e i primi anni duemila”. Il nucleo, notevole per coerenza, pregio e rilievo commerciale, la cui stima si aggira infatti attorno ai 3 milioni e mezzo di euro, era stato posto sequestro preventivo nel 2008 dal Tribunale di Milano nel corso dell’inchiesta che coinvolse Pietro Paolo Arona con l’accusa di “associazione a delinquere diretta a svolgere attività di riciclaggio e abusivismo finanziario”. I beni, compresa la preziosa collezione d’arte, furono congelati e l’Arona venne arrestato, sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere dal 12 febbraio 2008 al 7 marzo 2008, poi ai domiciliari fino al 4 giugno 2008. Assolto con rito abbreviato dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Milano con sentenza del 27 settembre 2010, confermata dalla Corte di appello di Milano il 20 giugno 2014 e divenuta irrevocabile il 4 novembre dello stesso anno. Della vicenda giudiziaria – e dei 24 giorni che Pietro Paolo Arona ha trascorso in carcere – resta Viaggio in Purgatorio, un’autobiografia scritta affinché “l’esperienza rimanga vivida e possa servire ad impostare ed interpretare al meglio gli anni a venire. Per una vita maggiormente degna di essere vissuta.”

WOLS [Alfred Otto Wolfgang Schulze], Berlino 1913 – Parigi, 1951, Senza titolo
1945-1946 penna a china, acquarello, gouache, bianco coprente, grattage su carta, su cartone, 16 x 11 cm

Il corpus artistico, confiscato in via definitiva all’Arona e composto da 71 pezzi tra tele, sculture (due in gomma uretanica, Senza titolo (Radiatore) e Fax, di Loris Cecchini si sono sciolte per un difetto nella mescola e purtroppo sono andate perse), fotografie e installazioni, a partire dal sequestro venne depositato nei caveau di Open Care/Frigoriferi Milanesi. Presso questo istituto privato, specializzato nella conservazione, gestione e valorizzazione di opere e collezioni d’arte, la raccolta vi rimase silente fino al 2015. Tra il 2014 e il 2015 la Regione Lombardia rese disponibili 2 milioni e mezzo di euro del Fondo Sociale Europeo con due bandi destinati alle università lombarde. L’Università degli Studi di Pavia promosse un progetto di documentazione, studio e valorizzazione di 530 opere – inclusa quelle appartenute a Pietro Paolo Arona – poste sotto la competenza amministrativa dell’Agenzia Nazionale dei Beni Sequestrati e Confiscati e affidate per la conservazione al Segretariato regionale del MiBAC per la Lombardia “affinché l’aiutasse a valutare la collezione sotto il profilo dell’autenticità e dell’interesse culturale, ma anche sotto quello della stima economica e della proposta di destinazione”. Il progetto, guidato e coordinato scientificamente da Paolo Campiglio, ricercatore a tempo indeterminato e professore aggregato di Storia dell’arte contemporanea presso il Dipartimento di studi umanistici pavese, e da Beatrice Bentivoglio Ravasi e Flora Berizzi per il MiBAC, ottenne un finanziamento di circa 83mila euro che garantì cinque borse per altrettante giovani studiose selezionate pubblicamente. I risultati furono presentati il 15 dicembre 2015 nel corso di una giornata studio e raccolti in Opere del XX secolo confiscate in Lombardia pubblicato da Scalpendi Editore.

CARLOS PUENTES, Buenos Aires 1950,
Negrito 5, 2000, legno dipinto, 120 x 49 x 25 cm

La mancanza di tempo e risorse – ineluttabile cruccio italico – ha fatto slittare di alcuni anni il proposito fortemente sentito e voluto da più parti di esporre, mantenendo inalterato e unito, il nucleo più omogeneo “che permette di seguire per tappe la storia dell’arte dalla seconda metà del Novecento ai giorni nostri, con una particolare predilezione per le poetiche astratte e informali e per le neo-avanguardie degli anni sessanta.” L’architettura seicentesca di Palazzo Arese-Litta, sede del Segretariato Regionale del MiBAC per la Lombardia, del Polo Museale Regionale della Lombardia, della Soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio per la Città metropolitana di Milano, e della Soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio per le province di Como Lecco Monza e Brianza, Pavia, Sondrio e Varese, è dunque oggi – e ancora fino al 2 dicembre – cornice dell’Astrattismo organico rappresentato da un raro bassoriliervo di Jean Arp e da due sculture di Arnaldo Pomodoro, “una linea connessa al concretismo internazionale dell’Astrattismo geometrico” passa attraverso ben cinque esemplari afferenti a diversi periodi di Victor Vasarely. Ancora Wols, Mathieu, Achille Perilli, Mark Tobey per l’Informale segnico; Jorn, Emilio Vedova, Mario Bionda per l’Informale gestuale. Tra giochi di luce e specchi, tessuti e arredi, spiccano invece le sperimentazioni tridimensionali di Remo Bianco, le “tele estroflesse” di Enrico Castellani, le intersuperfici curve di Paolo Scheggi. E ancora le accumulazioni di Arman accanto ad un precoce empaquetage – “impacchettamento” di Christo (copertina del catalogo della mostra), un Giorgio Armani, serigrafia del 1981 di Andy Warhol. Arte Povera e concettuale con Giuseppe Penone, Pier Paolo Calzolari e Giulio Paolini. E poi installazioni. Quella di Pablo Reinoso, che apre la mostra, e quella di Chen Zhen, alle spalle, in dialogo con lo spazio nobile fino a dominarlo. Impalpabile, quasi rarefatta è la suggestione di forza naturale e universale offerta dall’opera costituita di piccoli semi di canna di palude a firma di Christiane Lohr.
Un viaggio imperdibile, dunque, fra arte e idiosincrasie, vuoti e stratificazioni.

EMILIO VEDOVA, Venezia 1919 – Venezia, 2006,Ciclo N.4 ’61/’62, 1961-1962, olio e carta su tela, 146,5 x 200 cm

Conclusa l’esposizione milanese, le opere saranno in mostra dal 15 dicembre a Brindisi presso Palazzo Granafei Nervegna. Altre manifestazioni d’interesse sono pervenute da Napoli, Palermo Capitale Italiana della Cultura 2018 (che fino al 4 novembre è stata cornice della dodicesima edizione di Manifesta, la biennale nomade europea di arte contemporanea) e Genova. In primavera la collezione sarà accolta e musealizzata nel rinnovato allestimento della GAMEC – Civica Galleria di Arte Moderna di Bergamo, in attesa della creazione di un Polo o Padiglione dell’Arte Liberata, dedicato allo specifico tema del rapporto fra arte e criminalità e del riutilizzo sociale dei beni culturali confiscati. Il progetto espositivo permanente, che si vorrebbe realizzare a Milano e possibilmente in un immobile confiscato nella disponibilità dell’ANBSC, mutua le stesse ambizioni e finalità del Palazzo della Cultura “Pasquino Crupi” di Reggio Calabria che, dal 7 maggio 2016, accoglie la raccolta appartenuta a Gioacchino Campolo: essere testimonianza tangibile di restituzione alla collettività di beni acquisiti con i proventi di attività illecite.

ARTE LIBERATA – DAL SEQUESTRO AL MUSEO

Storia di una collezione confiscata in Lombardia
a cura di Beatrice Bentivoglio-Ravasio
Milano, Palazzo Litta, Corso Magenta, 24
28 settembre-2 dicembre 2018

Orari di apertura

Giovedì dalle ore 12 alle 22; venerdì/sabato/domenica dalle ore 12 alle 19.

Ultimo ingresso 30 minuti prima della chiusura.

Aperture straordinarie la mattina per gruppi e scuole con prenotazione obbligatoria

(tel. 02 80294217, da lunedì a venerdì dalle ore 10 alle 13)

Entrata libera

Catalogo

Scalpendi Editore, euro 10 in mostra

Informazioni

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Martedì 27 novembre 2018

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