Unica pecca di questa storia è che l’attività di “metal detecting” era clandestina e i beni rinvenuti sono di proprietà dello Stato. La vicenda è iniziata nel novembre del 2016 quando i Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale di Udine hanno messo fine ad un’attività illecita di recupero e scambio di materiale esplosivo risalente al primo conflitto mondiale. A Gorizia, nel corso delle indagini, è stato individuato un vero e proprio arsenale composto da 885 ordigni bellici carichi e un migliaio di cartucce. Successivamente, ad Arta Terme, sono state sequestrate decine di monete di vario conio e dimensioni risalenti a età romana e medievale. Il soggetto di Gorizia è stato arrestato per possesso illegale di ordigni esplosivi e denunciato a piede libero. Inoltre, il prosieguo delle indagini ha consentito nel giugno del 2017 di individuare e identificare una terza persona, anch’essa dedita a ricerche archeologiche clandestine, nei confronti della quale sono emersi, grazie ad attività tecniche esperite sul materiale informatico precedentemente sequestrato, elementi di reità in relazione alla descritta attività illegale. La Procurar della Repubblica di Udine, a seguito delle risultanze investigative accertate dal Nucleo Carabinieri TPC di Udine, ha disposto una perquisizione domiciliare che ha consentito di sequestrare una serie di reperti storico-archeologici illecitamente scavati e recuperati non solo in Carnia, ma in tutto il territorio regionale.
I beni culturali sequestrati
Tra i beni culturali sequestrati vi erano un pugnale di epoca medievale, 166 dardi di epoca romana, 18 monete risalenti al periodo della Serenissima Repubblica di Venezia, 9 anelli di età medievale di provenienza cividalese, 41 palle di piombo di vari calibri per archibugio, 6 medaglie votive in ottone risalenti al XIX secolo e 2 metal detector, strumenti immancabili per effettuare le ricerche clandestine. All’esito del procedimento penale, instaurato presso il Tribunale di Udine, che ha portato alla condanna del ricercatore clandestino per impossessamento illecito di beni culturali appartenenti allo Stato, i reperti sopra descritti sono stati confiscati per la successiva consegna alla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio del Friuli Venezia Giulia di Trieste che ne disporrà l’assegnazione ad enti museali dello specifico settore, per la loro conservazione e valorizzazione. I Carabinieri ricordano che, ai sensi del Codice dei Benni Culturali e del Paesaggio, l’attività di ricerca di reperti archeologici – la cui proprietà è dello Stato – è riservata al Ministero per i beni e le attività culturali, che può dare in connessione a soggetti pubblici o privati l’esecuzione di tali attività. Al contrario, nel casso di rinvenimento fortuito, lo scopritore dovrà, entro le successive 244 ore, farne denuncia in alternativa al Soprintendente, al Sindaco della località ove è avvenuta la scoperta o all’Autorità di Pubblica Sicurezza, vedendosi anche corrisposto un premio da parte dello stesso Ministero. Ulteriori informazioni e consigli del Comando Carabinieri Tutela PatrimonioCulturale sono reperibili sul sito web www.carabinieri.it nonché tramite l’applicazione per dispostivi mobili “iTPC”.
Domenica 24 marzo 2019
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