Quando da un cantiere di restauro si innesca un incendio è il momento di preoccuparsi seriamente. Chissà se la bella cattedrale dell’Île de la Cité avrà la forza di far cambiare l’approccio ai grandi restauri. Eugène Viollet-le-Duc intanto si rivolta nella tomba, non tanto per la rovinosa caduta della “flèche”, la guglia di 45 metri da lui progettata nel 1860, ma soprattutto per le dinamiche del disastro. Da illustre ispettore generale dei monumenti nazionali e antichità storiche come potrebbe giudicare l’ipotesi più probabile dell’incendio, ossia una mancata messa in sicurezza dei ponteggi contro il fuoco?
Nei “Consigli per il restauro 1849” scritti a due mani con Prosper Mérimée, a poche righe dall’inizio si trovano queste parole:
Gli architetti legati al servizio degli edifici diocesani, e in particolare delle cattedrali, non devono mai perdere di vista il fatto che l’oggetto dei loro sforzi è la conservazione di questi edifici e che il mezzo per raggiungere questo obiettivo è l’attenzione per il loro mantenimento. Per quanto intelligente possa essere il restauro di un edificio, è sempre una necessità sfortunata; la manutenzione intelligente deve sempre prevenirlo.
Un intero capitolo è dedicato naturalmente anche alle “Precauzioni da prendere contro gli incendi”.
Cosa è accaduto 170 anni dopo questi Conseils? Perché anche tra i grandi musei, nella quotidianità della custodia di opere inestimabili, c’è chi rimanda l’introduzione di moderni sistemi antincendio a tempi migliori non meglio identificati e a budget più ricchi? Il portafoglio si estrae troppo per le mostre e troppo poco per le collezioni permanenti. Sono in tanti a credere – segretamente – che ciò che si è conservato fino ad oggi è tutto sommato salvo in un presente dilatato.
La percezione dell’opinione pubblica rispetto alle immagini del fuoco sopra la cattedrale di Notre Dame è quella di una fatale tragedia, un pilastro della cristianità occidentale che brucia nel cuore dell’Europa, quasi un presagio apocalittico. I video amatoriali registrano le urla dei testimoni, lo sgomento di fronte all’irreparabile. Alcuni quotidiani si sono addirittura portati avanti chiudendo l’edizione del giorno dopo con la notizia della completa distruzione della chiesa parigina. E mentre i 400 pompieri lavoravano ininterrottamente per spegnere l’incendio, arrivano i “buoni” e prende il via la gara di solidarietà dei grandi marchi francesi e non solo, a colpi di marketing della pietas culturale.
La prevenzione, la manutenzione intelligente di Viollet-le-Duc non fa notizia, non muove le folle, e non è sublime – per dirla con Burke – come un danno irreparabile. Le stesse maisons molto probabilmente non avrebbero dato un euro per l’impianto antincendio delle impalcature.
È una storia al contrario: il fattaccio accade in Francia e la cassandra è un italiano. Ma non un opinionista, il professor Paolo Vannucci insegna meccanica all’Università di Versailles e studia a fondo la cattedrale di Notre Dame. Senza un sistema antincendio automatico a polveri, l’edifico è in costante rischio: inutile la bocca da fuoco esterna, unica difesa presente. Il suo report viene trasmesso al CNR francese senza alcun effetto applicativo. L’ingegnosa copertura lignea del tetto è antica e originale, ma le polveri di secoli di storia su un legno molto secco sono un pericoloso detonatore: basta pochissimo per innescare un incendio anche per la quota elevata e il vento che ossigena le fiamme. Tre anni dopo il report di Vannucci, con tutti i dettagli tecnici che avrebbero potuto scongiurare un episodio del genere, accade proprio il previsto, non è chiaro – o quanto meno non sarà facilmente divulgato nei dettagli – cosa esattamente abbia provocato il disastro. Dal corto circuito dell’impianto elettrico al guasto ai cavi per gli allarmi sui ponteggi, le ipotesi sono varie e tali da determinare l’apertura di un’indagine per disastro colposo.
Si batte il punto sul fatto che la chiesa tornerà bella come prima, ma siamo in tanti a dire: non basta. Non si tratta di polemizzare su quanto fosse originale e quanto sia stato ricostruito in seguito alle varie vicissitudini di Notre Dame. Dei milioni di visitatori della cattedrale quanti andavano al Musée de Cluny a vedere le teste originali dei re di Giuda, recise all’epoca della Rivoluzione Francese e ritrovate nel 1977 sepolte sotto una casa privata? Non è l’autopsia della cattedrale ad interessarci. Quando tutto sarà ricostituito vogliamo che la lezione sia stata imparata: mai più una negligenza così grossolana né per Notre Dame né per tutti gli altri monumenti, grandi e piccoli, che attendono da sempre una messa in sicurezza per le “cose” che proteggono e le persone che li frequentano.
Martedì 23 aprile 2019