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Nella ricostruzione dei fatti del Bka, l’Ufficio federale della polizia criminale tedesca, i documenti al momento del furto erano conservati in un frigorifero rotto. Furono ritrovati in seguito a indagini sull’attività di falsari, abbandonati insieme a cianfrusaglie all’interno di vecchie e polverose valigie.
Un’intricata vicenda quella del preziosissimo archivio, che potrebbe fornire nuovi elementi su Kafka, a cui il noto editore, giornalista ed egli stesso scrittore era legato da profonda amicizia. Lettere ormai ingiallite dal tempo, un diario da Parigi, disegni, un taccuino, due racconti inediti. Li aveva raccolti tutti, Max Brod, insieme a ciò che negli anni venne pubblicato, sebbene l’amico scrittore lo avesse pregato sul letto di morte di distruggere tutto.
Brod lasciò le carte alla sua segretaria, Esther Hoffe, con precise disposizioni: i documenti dovevano essere affidati a un archivio pubblico. Essi ebbero invece un altro destino. In parte venduti all’asta, diventarono oggetto di contesa tra le figlie della Hoffe e la Biblioteca Nazionale di Gerusalemme. Con l’epilogo che oggi conosciamo (Fonte: AGI).
Mercoledì 27 maggio 2019 ©Tutti i diritti riservati
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