Per i lettori di JCHC, un estratto del volume di Luca Nannipieri, "Capolavori rubati", edito da Skira

Per gentile concessione di Skira editore e grazie all’autore, Luca Nannipieri, pubblichiamo in anteprima per i lettori di JCHC un estratto del volume “Capolavori rubati”, da pochi giorni in libreria

(Tempo di lettura: 5 minuti)

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Capitolo 3

I due Van Gogh di Amsterdam

Il legame tra criminalità organizzata e arte non è una fiction

Due opere di Van Gogh sono la prova evidente di un legame che è sempre apparso leggendario e cinematografico. In verità è cronaca, cronaca documentata. Il legame tra criminalità organizzata, traffico di cocaina e contrabbando di opere d’arte non è infatti fiction: è oramai evidenza giudiziaria, investigativa e giornalistica. Ne sono prova due opere di Vincent Van Gogh, ovvero “La spiaggia di Scheveningen durante un temporale” (1882) e “Una congregazione lascia la chiesa riformata di Nuenen” (1884-1885), rubate al più importante museo al mondo dedicato al pittore olandese, appunto al Van Gogh Museum di Amsterdam, all’alba del 7 dicembre 2002.

La collezione conserva più di 1470 pitture, lettere, disegni e schizzi del popolarissimo artista, tra cui anche l’opera più riprodotta ai giorni d’oggi, “Il campo di grano con volo di corvi”. Eppure sono bastati una scala, una corda pendente, una finestra rotta e un’auto a far scomparire, nelle mani dei ladri, queste due piccole tele: la Spiaggia misura 34 x 51 cm, la Congregazione 41 per 32 cm. Appena la guardiania ha telefonato alla centrale di polizia, sono iniziati i sopralluoghi e le prime indagini.

Non è stato un furto senza precedenti. Anzi, Van Gogh è forse l’artista più ricercato dalle forze di polizia di tutto il mondo, perché è anche quello più ricercato e rapinato dai ladri. L’FBI aggiorna periodicamente i “Top ten art crimes”. Tra questi figurano sempre furti di Van Gogh.

Le date e le città delle ruberie sono tante: 1988, museo di Otterlo; 1991, Van Gogh Museum di Amsterdam; 1998, Galleria Nazionale di arte moderna e contemporanea; poi il ladrocinio di cui stiamo parlando.

Che fine hanno fatto le due tele scomparse nel 2002? C’è stato un silenzio di anni, in cui le investigazioni sono avvenute sottotraccia, senza clamori mediatici. Poi il 7 settembre 2016 sono arrivate le confessioni di Mario Cerrone, un trafficante di droga campano, in contatto con i Narcos centroamericani. Le sue ammissioni sono state utilissime per il recupero delle opere e hanno aperto uno scenario fino a quel momento era ritenuto fittizio. Fino a quel momento si pensava che i trafficanti di droga si occupassero di droga, e che l’arte fosse un mondo distante. In realtà, come è già accaduto per la malavita dietro il furto della Natività di Caravaggio a Palermo, anche qui i due mondi – gli spacciatori di sostanze stupefacenti e le opere d’arte – appaiono assai sovrapposti.

L’intricato rapporto tra criminalità organizzata e furti di opere d’arte dall’altissimo valore è ben documentato dal comunicato ufficiale diffuso dalla Guardia di Finanza, a seguito delle operazioni di sequestro di beni avvenute a fine settembre 2016. Lo replichiamo qui a prova tangibile che non si tratta di sceneggiature di film, ma di nuda realtà: “Nei giorni scorsi, il Gruppo Investigativo Criminalità Organizzata (G.I.C.O.) del Nucleo Polizia Tributaria di Napoli, nell’ambito delle indagini nei confronti degli esponenti apicali del clan AMATO- PAGANO (impegnato attivamente nel traffico internazionale di sostanze stupefacenti ed alleato di note associazioni internazionali dedite al narcotraffico) hanno eseguito un decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli, su richiesta di questa Direzione distrettuale antimafia, avente ad oggetto somme di denaro e beni nella disponibilità del clan. Il provvedimento di sequestro si caratterizza per avere ad oggetto non soltanto beni di straordinario valore economico, ma anche due quadri di eccezionale valore artistico; sono, infatti, oggetto del decreto ablativo anche due opere del pittore Vincent Van Gogh, che il 7 dicembre 2002 vennero trafugate dal museo Van Gogh di Amsterdam e da allora non furono più ritrovate. […] La vicenda si inserisce nell’ambito di complesse indagini della Procura della Repubblica di Napoli, da tempo orientate a disarticolare la multiforme articolazione organizzativa delle cosche napoletane impegnate nel traffico internazionale di stupefacenti e legate a narcotrafficanti internazionali, alleati al noto clan camorristico AMATO-PAGANO, che opera da anni nei comuni di Melito, Arzano, Mugnano e Casavatore, nonché nell’area nord del capoluogo campano. Si tratta di uno dei gruppi criminali più pericolosi ed attivi tra le cosche camonistiche del territorio, che è in grado di gestire considerevoli risorse economiche e che gode di immense risorse personali e materiali. Ebbene, la DDA [Direzione Distrettuale Antimafia, n.d.a] di Napoli ha accertato nell’ambito di una complessa attività di indagine del G.I.C.O. [Gruppo Investigativo Criminalità Organizzata, n.d.a] del Nucleo Polizia Tributaria di Napoli e della Squadra Mobile di Napoli (con il supporto di Interpol e degli organismi della cooperazione internazionale) la piena operatività di una struttura di narcotraffico transnazionale, divenuta progressivamente alleata ai gruppi camorristici di Secondigliano, che – come si è detto – rivestono un potere indiscusso nella gestione di tali interessi criminali in quel territorio”.

Dunque il pentito Matteo Cerrone svuota il sacco e fa il nome del suo sodale, il narcotrafficante Raffaele Imperiale, chiamato dagli amici “Lelluccio ‘o parente”. Le forze dell’ordine entrano nella casa di Imperiale, a Castellammare di Stabbia, setacciano i vani, requisiscono il materiale trovato. Proprio lì dentro, avvolti in una tela di cotone, stanno i due capolavori di Van Gogh. Il 30 settembre 2016, cioè 14 anni dopo il furto, viene ufficialmente dichiarato il ritrovamento delle opere e, una volta confermata l’autenticità, vengono consegnati al museo in Olanda.

Non è la sola volta che arte e criminalità organizzata si incontrano in modo così evidente. Anzi il rapporto tra capolavori rubati e malavita, tutt’altro che approfondito in pubblicazioni e dossier, vive di casi che salgono agli onori delle cronache giornalistiche per pochissimi giorni, per poi tornare nell’oblio e nel disinteresse. Titoli di giornale ci sono stati, ma non conseguentemente un approfondimento pubblico, politico e istituzionale: “Arte rubata per finanziare il terrorismo e la mafia” scriveva ad esempio il Messaggero, il 18 ottobre 2005, a firma di un giornalista e saggista da sempre attento a seguire e documentare l’arte e i reperti archeologici contrabbandati, Fabio Isman1. Non ricordiamo esserci state ricerche puntuali e concrete o prese di posizioni politiche per accertare o smentire questi e altri reportage analoghi.

Anche un altro furto, questa volta a scopo di trattativa, fu messo in atto da Felice Maniero, capo dell’organizzazione criminale chiamata Mala del Brenta, ai danni della Galleria Estense di Modena, quando il 23 gennaio 1992, con alcuni scugnizzi armati di pistola, fece trafugare il Ritratto di Francesco I d’Este, capolavoro del 1638-1639 di Diego Velázquez, un altarolo devozionale in trittico di Domenico Theotokopulos detto El Greco e un olio di Francesco Guardi. Il negoziato con la magistratura, di cui queste opere dovevano essere una parte della preziosa contropartita, non andò a buon fine per i criminali giacché, con l’arresto di Maniero e le sue confessioni, si arrivò a ritrovare il 7 dicembre 1993 i capolavori rubati, che erano stati nascosti in un luogo difficilmente rintracciabile, ovvero nella tomba di un estraneo, un tale Achille Finessi sepolto, in provincia di Ferrara, nel camposanto di Codigoro.

Il rapporto tra criminalità organizzata e opere d’arte è un rapporto che deve essere ancora tutto studiato.

[…]

1 L’articolo a cui si fa riferimento è dedicato non al trafugamento e al ritrovamento delle opere di Van Gogh, ma al mercato nero, assolutamente attiguo, delle antichità archeologiche. Si leggano di Fabio Isman i libri “I predatori dell’arte perduta. Il saccheggio dell’archeologia in Italia” (Skira, Milano 2009) e “L’Italia dell’arte venduta” (il Mulino, Bologna 2017).

(Da L.Nannipieri, Capolavori rubati, ed. da Skira, 2019)

Capolavori rubati
Copertina

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Mercoledì 19 giugno 2019

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