di Michele Porcaro*
Nel 1964, dai fondali a largo di Numana riemerge un meraviglioso capolavoro dell’antichità: una eccezionale statua di bronzo raffigurante un giovane atleta intento a cingersi il capo con una corona di alloro, segno distintivo dei campioni olimpici. Un efebo, nel pieno della sua pubertà, che esce trionfante da un agone sportivo: la muscolatura delle gambe e l’esilità delle forme suggeriscono che il giovane abbia eccelso nella corsa. Il fortuito ritrovamento al largo dell’Adriatico è spiegabile con la presenza della statua all’interno della stiva di una nave commerciale romana, purtroppo affondata in un naufragio. Si è ipotizzato in passato che l’imbarcazione che ospitava la scultura fosse una nave romana d’età repubblicana proveniente dalla Grecia, carica di bottini e statue con cui decorare una Roma che cominciava ad aprirsi al gusto ellenistico; tuttavia, la rotta marina che collegava la Grecia all’Italia era situata molto più a sud del 44° parallelo, luogo del naufragio del relitto che conteneva il bronzo. L’ipotesi più ragionevole è che la statua fosse finita in pieno Adriatico proprio dopo aver ornato l’Urbe, perché imbarcata nell’intenzione di Costantino, assieme ad altri capolavori noti dalle fonti letterarie, verso la città che da lui prendeva nome, Costantinopoli, fondata nel 324 d.C.
Da un attento studio rivolto al confronto iconografico, eseguito da una parte attraverso opportuni parallelismi con monete, statue, rilievi e pitture e dall’altra attraverso l’indagine di fonti epigrafiche e letterarie, si è facilmente arrivati alla deduzione che il “Bronzo Getty”, come purtroppo è ingiustamente conosciuta la statua dell’Atleta Vincitore, appartiene al repertorio statuario di Lisippo di Sicione, il più celebre scultore d’età tardo-classica e del Primo Ellenismo. Alcuni studiosi, per essere più precisi, hanno preferito attribuire l’Atleta a un’officina di stampo lisippeo o a un diretto allievo dello scultore […].
Ancor più celebre della statua in sé e per sé è la disputa circa il collocamento dell’Atleta di Fano: il J. Paul Getty Museum di Malibu, attuale sede dell’Atleta di Fano, sostiene di possedere lecitamente e legittimamente la statua, mentre lo Stato Italiano ne reclama la restituzione, in quanto facente parte del patrimonio artistico e culturale italiano. In una disposizione emanata dal GIP di Pesaro Lorena Mussoni il giorno 11 febbraio 2010, venne decretato il sequestro della statua «attualmente al Getty Museum o ovunque essa si trovi». Tuttavia, il Getty non accettò tale ordinanza e si appellò a un ricorso che non fece altro che allungare i tempi giudiziari e burocratici del processo. L’8 giugno 2018 il giudice dell’esecuzione del Tribunale di Pesaro rigettò l’opposizione dei legali del Getty Museum contro la confisca della statua. Il 30 novembre 2018 i giudici della terza sezione penale della Corte di Cassazione hanno respinto il ricorso presentato dal Getty Museum contro l’ordinanza del Tribunale di Pesaro. Tuttavia, in un comunicato stampa diffuso sul proprio sito web pochi giorni dopo, il museo dichiara di non essere intenzionato a restituire l’Atleta di Fano in quanto non riconosce l’italianità del bronzo e si dichiara legittimo proprietario della statua.
Perché l’Atleta Vincitore di bronzo è così importante? Perché dovrebbe ritornare in Italia? E qualora ritornasse in Italia, come lo si potrebbe valorizzare? L’Italia può assicurare al “Lisippo” gli stessi numeri del Getty Museum? Come si può raccontare a un pubblico italiano e internazionale le bellezze di questa scultura?
[…] Nel comunicato stampa rilasciato dal Getty Museum nel dicembre 2018, uno dei motivi per i quali il museo si rifiuta di restituire il bronzo è perché il Getty non riconosce l’italianità del bronzo: essendo una statua fusa in Grecia, l’Italia non avrebbe diritto di pretenderne la restituzione né ha alcuna voce in capitolo sulla questione. Ma, come fa notare giustamente la sentenza della Cassazione, culturalmente parlando l’appartenenza della statua all’Italia è giustificata da quella continuità culturale che ha, fin dai primordi del suo sviluppo, legato la civiltà dapprima italica e poi romana alla esperienza culturale greca, di cui quella romana può dirsi continuatrice. A riprova di questa sentenza, tornano utili gli studi del Moreno, secondo il quale la statua, prima di inabissarsi assieme alla nave che la trasportava, era stata collocata a Roma come ornamento. Essendo stato per secoli nella capitale d’Italia, ancor oggi erede culturale e spirituale dei fasti della Repubblica e dell’Impero, non si può negare che il bronzo ha fatto (e tuttora deve fare parte) del patrimonio culturale italiano. La statua, come è arcinoto, fu rinvenuta nell’estate del 1964 nel mare Adriatico in un tratto antistante la costa di Pedaso da alcuni pescatori, tra cui l’allora quindicenne Athos Rosato, Romeo Pirrani e Guido Ferri. Tanto dal punto di vista culturale quanto legislativo, la statua appartiene all’Italia. Infatti, qualora la statua sia stata pescata in acque italiane farebbe fede il Trattato di Montego Bay del 1982, secondo il quale la sovranità dello Stato costiero si estende, al di là del suo territorio e delle sue acque interne a una fascia adiacente di mare, denominata mare territoriale. Tale sovranità si estende allo spazio aereo soprastante il mare territoriale come pure al relativo fondo marino e al suo sottosuolo. Secondo l’art. 91 del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (Appartenenza e qualificazione delle cose ritrovate) i reperti, in qualunque modo ritrovati nel sottosuolo o sui fondali marini, appartengono allo Stato e, a seconda che siano immobili o mobili, fanno parte del demanio o del patrimonio indisponibile (artt. 822 e 826 del codice civile): secondo queste leggi, l’Atleta di Fano è un reperto giuridicamente italiano. Quandanche la statua fosse stata rinvenuta in acque internazionali, in ogni caso al momento del ritrovamento il peschereccio batteva bandiera italiana e il primo porto in cui è attraccato è stato quello di Fano. Inoltre, il Getty Museum era consapevole dell’illecita provenienza del bronzo, era al corrente dell’illegalità dell’acquisto e con ogni probabilità sapeva bene che la documentazione presentatagli era falsa, ma procedette comunque all’acquisto della statua (pagando ben $3,900,000). Thomas Hoving, ex direttore del Metropolitan Museum di New York, nel corso delle trattative tra la casa d’aste inglese e i rappresentanti del Getty Museum (di cui era garante e co-acquirente) aveva avvisato quest’ultimi circa le perplessità che nutriva sulla legittimità del titolo di provenienza del bene. Ignorato e smentito, Hoving fu costretto a rinunciare alla trattativa per non incorrere in guai legali.
Premesse dunque le ragioni per cui un capolavoro come l’Atleta di Fano meriterebbe di essere conosciuto da un vasto pubblico e snocciolati i motivi per cui esso dovrebbe ritornare nel nostro paese, è opportuno indicare quali mezzi e quali programmi di tutela, valorizzazione e promozione culturale possono essere attuati qualora la tanto reclamata restituzione dell’Atleta da parte del Getty Museum diventi realtà. Quello sulla valorizzazione dei beni del patrimonio culturale è un discorso delicato e ostico, soprattutto in un contesto sociale ed economico come quello italiano dove i danni della crisi economica hanno reso il settore dei beni culturali e della ricerca archeologica una vittima sacrificale su cui poter fare continui tagli. Uno studio di PwC ha certificato che l’Italia, pur vantando il maggior numero di siti inseriti nella lista del Patrimonio Mondiale dell’Unesco, non è in grado di ottenerne un ritorno economico adeguatamente proporzionato. Gli USA, ad esempio, dai loro 23 siti (contro i 54 italiani) ricavano un fatturato 16 volte superiore al nostro. Gli inglesi (31 siti in tutto il Regno Unito) 7, la Francia (44) 4.
[…] Premesso che il Getty Museum ha acquisito molte opere della sua collezione illegalmente, è più giusto che queste opere siano in un luogo abusivo e irreale, ma che concretizza un diritto universale, in quanto mette a disposizione tali capolavori dell’arte antica a un numero gigantesco di visitatori, oppure collocarli nei loro luoghi di appartenenza, affinché siano proprio gli eredi di quella cultura a trasmetterne le bellezze e i valori? Applicando tale quesito al Lisippo di Fano: è più giusto che quella statua rimanga alla Getty Villa, dove può essere vista dal mondo intero, oppure che torni in Italia, dove gli stessi marchigiani lottano da anni per riavere l’Atleta pur consci che i due musei in cui potrebbe venir accolto il bronzo (Museo Civico di Fano o Museo Archeologico Nazionale delle Marche di Ancona) non saranno mai in grado di assicurare alla statua gli stessi numeri del Getty?
Prima di tutto, occorre capire dove tornerà l’Atleta, qualora il Getty si decidesse a restituire il bronzo. Secondo le norme di legge, la sua destinazione ineluttabile è il Museo Archeologico Nazionale di Ancona. Secondo logica però, dovrebbe tornare a Fano, dove si è combattuto per riaverlo. Questo, almeno, è quello che dice il diritto dei luoghi e delle piccole comunità. Se dopo anni di lotte da parte dei fanesi per riavere il bronzo, l’Atleta non dovesse essere destinato a Fano ma ad Ancona, il clamore mediatico trasformerebbe l’operazione in un clamoroso autogol, e ogni tentativo di valorizzazione e tutela riscontrerebbe un successo solo parziale, se non addirittura minimo. […]
Un programma di valorizzazione dell’Atleta di Fano può essere riassunto nei seguenti punti.
a) Strutture di base
La collocazione dell’Atleta di Fano gioca un ruolo fondamentale nel discorso sulla sua tutela e valorizzazione. La statua merita un ambiente adeguato, che sia da una parte climaticamente adatto al materiale e alle condizioni del bronzo, ma che al contempo favorisca l’esperienza della visita. Un ruolo importante in questo processo è giocato dall’illuminazione […] dal momento in cui le luci hanno il compito di evidenziare e risaltare il principio antitetico proprio della plastica di Lisippo, che vede metà della figura presa dallo sforzo, l’altra rilassata.
b) Storytelling e comunicazione: raccontare un reperto e la sua storia a un vasto pubblico
Valorizzare il patrimonio artistico e mettere quest’ultimo a disposizione del pubblico per una fruizione culturale e sociale non significa limitarsi a spiegare chi ha fatto un’opera e come l’ha fatta, implica piuttosto la creazione di una connessione, un legame emotivo tra il visitatore e il reperto per abbattere la barriera storica che divide il presente dall’antichità. Per farlo, è necessario attuare alcune strategie di marketing. Marketing non vuol dire necessariamente “vendere” un reperto come se fosse un prodotto, ma metterlo a disposizione di un pubblico vasto, fatto tanto di visitatori locali quanto di turisti, cercando di soddisfare i bisogni del target individuato. Se per comodità vogliamo dividere il pubblico in due macrogruppi, quello dei locali e quello dei turisti, gli stessi obiettivi devono portare a due differenti risultati: con il locale (fanese, marchigiano o italiano che sia) si deve puntare a un’identificazione sincretica con il reperto. Il visitatore “indigeno” deve sentire il reperto come parte della memoria materiale dei suoi antenati, della sua cultura e dei suoi trascorsi. Il turista invece, semplicemente non deve più sentirsi tale, bensì parte integrante di ciò che sta vedendo: deve uscire dal museo interiormente arricchito dall’esperienza che ha vissuto, e non solo con qualche scatto conservato nello smartphone. Bisogna, in sintesi, stuzzicare la curiosità e la fantasia del visitatore per poi creare un legame intimo e personale tra reperto e visitatore. Obiettivo del museo è quello di trasmettere un messaggio universale, destinato ad appassionati di arte antica, archeologi, studiosi, persone comuni, bambini e visitatori portatori di handicap visivi o motori
c) L’Atleta di Fano e la sua città: valorizzazione del Lisippo attraverso la promozione culturale
Nel processo di valorizzazione culturale è necessario creare un legame non solo tra il reperto e i visitatori, ma anche tra la statua e il territorio. Creare un sentimento di legame tra l’Atleta e la città significa incentivare il senso di appartenenza dei cittadini e degli abitanti nei confronti del bronzo. Per favorire questo processo, è necessaria una collaborazione tra il museo ospitante e le realtà culturali del territorio. Eventi divulgativi e culturali come Fanum Fortunae – La Fano dei Cesari, che coinvolgono e attirano non solo la cittadinanza fanese ma anche spettatori provenienti da tutta la Regione Marche o addirittura da fuori, o eventi organizzati dalla Pro Loco di Fano possono essere un ottimo rimbalzo per il museo. […] Nel processo di tutela e valorizzazione possono e devono essere coinvolte anche le scuole, con progetti didattici rivolti a tutti i gradi e livelli di studio, dalle scuole elementari ai licei. La collaborazione con enti sportivi e la sponsorizzazione di eventi sportivi può essere un’ulteriore iniziativa volta a creare un legame tra il museo e il suo reperto più importante: del resto, l’Atleta di Fano rappresenta proprio un corridore vincitore di una competizione agonistica.
È inoltre necessario raccontare al pubblico la disputa tra lo Stato Italiano e il Getty Museum, assieme a tutte le controversie sorte con il museo americano e alla fatica impiegata dalle istituzioni, dal Comando Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale e dal comitato istituzionale per il recupero e la restituzione dei Beni culturali, nonché dalle associazioni che hanno lottato per anni per riavere il bronzo. La finalità che avrebbe tale progetto è quella di trasmettere il messaggio di non dare per scontata la presenza di un capolavoro come l’Atleta di Fano nel Museo Civico, ma anzi dimostrare che, se quel bronzo è di nuovo nostro (ovviamente, qualora torni in Italia) è grazie all’intervento di tante personalità che hanno combattuto per riaverlo e per metterlo a disposizione di noi veri eredi.
d) Social Network e nuove tecnologie: apparato, non surrogato
Quando si parla di social network e di nuovi media in relazione al mondo dei beni culturali, dei musei e dell’archeologia, le reazioni suscitate dall’argomento sono antitetiche […] Nell’esperienza museale, la tecnologia deve comportarsi da apparato e non da surrogato: deve, ovvero, aiutare e accompagnare la visita, non sostituirsi a essa. L’equilibrio tra le strutture tradizionali e gli apparecchi tecnologici deve dunque evitare che i visitatori stiano tutto il tempo con il naso all’ingiù; l’ospite del museo non deve lasciarsi distrarre dall’aggeggio che stringe tra le dita, ma deve immergersi nel capolavoro a un palmo dal suo naso. La tecnologia ha il compito di essere un’integrazione della visita e come tale deve comportarsi come un semplice strumento volto all’espansione del bagaglio culturale personale. Tra le tecnologie da coinvolgere nel processo di valorizzazione figurano i social network, la tecnologia QR, i beacon, la realtà aumentata, le app companion e addirittura i videogames per smartphone.
e) Il Lisippo di Fano e la politica dei prestiti
Sarebbe folle pensare che, una volta in Italia, un capolavoro della scultura bronzea greca come il Lisippo rimanga fisso e immobile a Fano, senza mai schiodarsi dalla nuova sede. Inoltre, è vero che molte opere d’arte antiche hanno vantato un discreto successo in Italia, grazie a una iniziale permanenza a Roma, come nel caso dei Bronzi di Riace. Qui interviene dunque la cosiddetta politica dei prestiti, che in Italia si è trasformata negli anni in un fee exchange: musei, gallerie o privati organizzatori di mostre chiedono ad altri musei singoli reperti o collezioni intere in cambio di una somma di denaro. Di base, non c’è nulla di sbagliato […] il problema nasce nel momento in cui la pratica si trasforma in eccesso: quando il prestito si trasforma in affitto permanente. Per l’Atleta di Lisippo i prestiti devono essere oculati, dosati, equilibrati e valutati sia in termini di denaro che di valore scientifico, artistico e archeologico. Uscire fuori da questi schemi significa incorrere in tre problemi non indifferenti: scissione del legame d’identificazione tra la città e il reperto; esposizione della statua a rischi e pericoli; perdita del valore storico, archeologico e culturale della statua.
Conclusione
Ribadito ancora una volta che né il Museo Civico di Fano, né il Museo Nazionale Archeologico delle Marche di Ancona, né nessun’altra sede italiana potrà garantire all’Atleta di Fano la stessa affluenza del Getty Museum di Malibu, compito del museo marchigiano che dovesse accogliere il bronzo sarà quello di custodire, valorizzare e promuovere con tutti i mezzi a propria disposizione questo magnifico capolavoro dell’arte greca e opera di uno dei più grandi scultori del mondo antico. […] Una volta che il Lisippo varcherà i confini italiani, sarà compito delle istituzioni, della Regione Marche e del Ministero dei Beni Culturali valorizzare quello che non è una semplice scultura di un atleta vincitore, ma la concretizzazione di certi ideali artistici, storici e culturali dal valore inestimabile. Creare le condizioni per cui il Lisippo non sia abbandonato a sé stesso è un dovere del museo, del ministero e dell’intera Fano. Trascurare o non impiegare tutti i mezzi disponibili nel processo di valorizzazione della statua significa vanificare anni di battaglie sostenute da enti, ministeri, governi e dal comitato istituzionale per il recupero e la restituzione dei Beni Culturali. Far tornare l’Atleta di Fano in Italia significa restituirgli quell’identità che gli appartiene e restituire alle Marche una parte rilevante delle sue radici culturali.
L’articolo è tratto dall’intervento discusso dall’A. nel corso delle “Conferenze Storiche”, in occasione dell’evento “Fanum Fortunae – La Fano dei Cesari MMIX” il 13 luglio 2019. Il testo completo del contributo è disponibile su Academia.edu
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