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I traffici di opere d’arte nello scenario internazionale

Lai. Cooperazione Internazionale
(Tempo di lettura: 9 minuti)

La situazione risulta essere ancora più drammatica in quei paesi privi di strumenti di tutela. La conseguente crescita della domanda di oggetti d’arte ha inevitabilmente aperto la strada alle forniture illegali. Con l’incremento della domanda, coloro che forniscono la materia prima in modo illegale si accaniscono per rispondere ai bisogni del mercato, e tanto più l’oggetto richiesto è raro, tanto più la competizione si fa feroce. Alla crescente domanda da parte dei Paesi ricchi corrispondono situazioni di disagio e di bisogno nei Paesi “produttori”.

Tra gli oggetti trafugati da siti archeologici, vengono privilegiati ceramiche, bronzi, terrecotte, oggetti in oro, sculture e antiche monete ateniesi. Oggetti sempre di moda sono poi quadri, stampe, terrecotte, porcellane, gioielli, sculture e manufatti religiosi. Destinazione ultima dei reperti provenienti dagli scavi illegali sono quasi sempre i mercati internazionali – europeo, americano, asiatico – dove abbondano collezionisti, case d’asta e musei. I legami tra i mercanti d’arte ed i mercati internazionali si basano quasi tutti su rapporti di fiducia e sulla capacità da parte del mercante di costruirsi una stabile rete di corrispondenti. I mercanti d’arte tendono a specializzarsi in base alle esigenze dei mercati in cui inviano la loro merce. Così, per esempio, alcuni si concentrano sugli Stati Uniti, altri sul Belgio o sulla Francia costituendo, per così dire, delle reti di distribuzione, che permettono alla merce di giungere dal “produttore” al “consumatore“. Dato che, in molti casi, sono i venditori d’arte africani stessi che organizzano la consegna ai venditori europei, i trafficanti sono un anello essenziale nel commercio illecito di oggetti d’arte. Più volte si è provato anche che esistono dei contatti tra i due traffici, specialmente quando gli oggetti in questione derivano da Stati produttori di droghe, nel Sud-Est asiatico o in Sud America. I reperti archeologici hanno infatti delle qualità che sono fondamentali in un contesto di riciclaggio: si tratta di beni facili da piazzare sul mercato dell’arte, che si è dimostrato uno tra i più validi meccanismi di riciclaggio, alternativo ai canali finanziari più in uso. Secondo gli esperti, il controllo che i trafficanti di droga hanno sul mondo dell’arte è tale che, se smettessero di colpo di ripulire i loro proventi illeciti comprando opere d’arte, parte del mercato dell’arte crollerebbe. È chiaro che tutto il sistema sviluppato dai trafficanti include il controllo dei venditori di prodotti d’arte, delle case d’asta e delle gallerie, senza il quale il traffico non potrebbe esistere. Altro sistema utilizzato dai trafficanti di droga è quello di acquistare un qualunque oggetto d’arte con denaro sporco e venderlo direttamente in aste pubbliche, ricevendo in cambio assegni firmati e certificati da parte delle case d’asta: anche in questo modo l’obiettivo di ripulire denaro è raggiunto.


 

 


Quella che segue è una breve e generale panoramica del fenomeno in connessione con le diverse aree geografiche.

America latina

Oggetto di saccheggio sistematico in America Latina sono i reperti delle civiltà pre-colombiane. Tale processo di appropriazione e vendita dei manufatti appartenenti alle civiltà Azteca, Incas e Maya è diventato sempre più organizzato: per farsi un’idea dell’entità del danno causato, è sufficiente pensare al numero elevatissimo di reperti precolombiani finito nelle mani di collezionisti privati e nei musei, soprattutto americani.

Nel nord del Perù, nella località chiamata Corbacho, vicino al villaggio di Zana, su di un’area che si estende per cinquanta ettari ai piedi della montagna, sono chiaramente visibili centinaia di buche scavate nel terreno dai saccheggiatori, così vicine tra di loro che è quasi impossibile camminare senza cadervi dentro. I beni culturali Latino Americani si dividono in beni archeologici pre-colombiani, oggetti Coloniali religiosi, statue lignee, sculture, dipinti e oggetti liturgici moderni. I beni archeologici pre-colombiani riguardano tutta l’America latina dall’Argentina al Messico. I siti delle antiche civiltà Olmeca, Maya, Inca e Atzeca hanno in comune la difficoltà di accesso, pertanto il controllo delle aree è alquanto difficile e incontrollabili sono anche le collezioni che i privati hanno costituito nel corso degli anni. Spesso tali reperti si ritrovano nelle case d’aste e il loro percorso naturale di vendita punta  verso l’Europa e gli U.S.A. La difficoltà del controllo dei beni culturali coloniali è altrettanto ardua, infatti le chiese vengono defraudate dei loro importanti beni e poiché si trovano per lo più in periferia, ovvero in isolata campagna, il loro attacco risulta ancora più semplice. Oltre a interessare ai collezionisti interni dell’America Latina, la pittura spesso segue le rotte dirette in Europa, in particolare verso la penisola iberica.

Perù Bolivia

Fin dagli anni Sessanta un persistente saccheggio ha rifornito i mercati  a livello nazionale e internazionale. Un grande numero di collezioni costituite in Perù tra gli anni Sessanta e Ottanta, per ‘ragioni patriottiche’, sono ora sparite, assorbite dal mercato. Si stima che il 90 per cento di tutto l’antico oro peruviano, ora sparso in collezioni in giro per il mondo, sia stato saccheggiato dal solo sito di Batan-Grande. Dopo il saccheggio di Sipan, nel 1997 fu raggiunto un accordo con gli Stati Uniti che limitava l’importazione di materiale pre-colombiano ed etnografico dal Perù.

Secondo il Museo Archeologico Nazionale Bruning di Lambayeque, dopo la firma degli accordi bilaterali con gli Stati Uniti, il traffico diretto verso l’Europa ha avuto un forte incremento. A Sipan un programma di tutela iniziato in collaborazione con la polizia locale ha ridotto drasticamente il numero dei saccheggiatori nell’area. La situazione Peruviana rimarca le problematiche Boliviane poiché simili geograficamente.

Asia

Lo scavo illegale e l’esportazione di reperti archeologici sono le attività illecite che destano maggiore preoccupazione in Asia. Gli scavi illegali sono riscontrati principalmente in Cina e in Cambogia dove il patrimonio archeologico ha subito un evidente impoverimento negli ultimi 30 anni, specie nel sito archeologico di Angkor Wat.

Per ciò che riguarda la Cina, secondo David Murphy, che ha condotto ricerche in quest’area tra il 1989 ed il 1990, sono state depredate circa 40.000 tombe antiche. Le autorità cinesi ritengono che le opere d’arte rappresentino la maggiore categoria di beni trafficati illegalmente al di fuori dei confini nazionali.

Cina

Il patrimonio archeologico in Cina risulta seriamente danneggiato da scavi illeciti. Nella Mongolia interna, per esempio e nell’area della Cultura Neolitica Hongshan (della quale si conosce molto poco) è stato stimato che siano stati effettuati scavi in un numero di tombe che oscilla tra le 4000 e 15.000 unità e che tali attività di scavo abbiano interessato anche siti archeologici marini.

Thailandia e Cambogia

In Thailandia le tracce del saccheggio non sono uniformi ma in alcune aree sono molto gravi. La perdurante distruzione di siti preistorici è tale che sarà forse impossibile studiare in modo scientifico le Età Neolitica e del Bronzo.

Il Dipartimento delle Belle Arti thailandese ha compreso l’importanza di coinvolgere la popolazione locale nella protezione e ha pianificato la creazione di musei in ogni provincia. In questo modo gli oggetti ritrovati potrebbero essere conservati localmente invece di essere ‘perduti’ nel Museo Nazionale.

I siti storici thailandesi sono meglio protetti, mentre quelli in Cambogia sono gravemente saccheggiati. Famosi templi del periodo Angkor come Banteay Chmar e Angkor Borei vengono ora sistematicamente smembrati. Nella stessa Angkor il recinto di conservazione fu attaccato nel 1993 da 300 banditi armati. Il materiale saccheggiato è normalmente trasportato via terra, attraverso la Thailandia, verso Bangkok. A Sipan un programma di tutela iniziato in collaborazione con la polizia locale ha ridotto drasticamente il numero dei saccheggiatori nell’area.

Europa occidentale e America settentrionale

L’Europa occidentale e l’America del nord sono vittime soprattutto di furti, a danno di opere d’arte custodite in musei o gallerie, e di scavi clandestini nelle aree archeologiche.

Nel Regno Unito, le perdite relative ad opere d’arte assicurate sono state stimate ammontare ogni anno ad una cifra oscillante tra i 600 e i 750 milioni di dollari, cifra che salirebbe a 1,5 miliardi di dollari se fossero comprese anche le opere d’arte non assicurate. Secondo l’Interpol, gli Stati dell’Europa occidentale più soggetti a furti di opere d’arte sono, in ordine decrescente: l’Italia, la Francia, la Germania e il Belgio.

Per quel che riguarda i furti di dipinti famosi basta ricordare alcuni esempi come il Picasso, il Van Gogh, il Rembrandt, il Manet o il Munch rubati ora a Boston, ora ad Amsterdam, ora ad Oslo. Quello che emerge da un’analisi dei casi di tele rubate è che il maggior numero di illeciti avviene in Paesi dell’Europa occidentale e dell’America settentrionale. In alcuni Stati europei e in alcune aree degli Stati Uniti esiste inoltre il problema degli scavi illegali.

Regno Unito

Il saccheggio per alimentare il commercio illecito è di solito considerato come qualcosa che ha luogo in paesi stranieri, tuttavia può avvenire e di fatto avviene anche nel Regno Unito. Negli ultimi 30 anni, a causa del crescente sfruttamento del patrimonio culturale, la ricerca di fossili e l’uso di metal detector si sono associati comportando crescenti livelli di distruzione e decontestualizzazione di importanti siti.

Europa centro orientale

Dall’inizio degli anni ’90 il furto di opere d’arte, soprattutto di oggetti religiosi, ha assunto proporzioni serie negli stati già comunisti dell’Europa centro orientale. Questa attività illecita continua ad essere alimentata da una combinazione di fattori, tra cui la maggiore libertà di circolazione alle frontiere, il bisogno di valuta forte e l’ingente richiesta di opere d’arte dai Paesi europei occidentali.

Nel 1993 il Ministro dei Beni Culturali cecoslovacco parlava di una perdita del 10% annuo del patrimonio culturale per furti e traffici illeciti. Nel 1999, sempre nella Repubblica Ceca, i crimini contro i beni culturali e gli oggetti d’arte hanno rappresentato l’80% circa di tutti quelli commessi.

Gli Stati europei centro orientali sono vittime in modo particolare di furti di oggetti liturgici. In Polonia, i reati contro il patrimonio culturale sono sempre presenti (664) ed i furti sono diretti principalmente a danno di chiese ed altre istituzioni religiose.

Anche in Croazia la situazione è simile agli altri paesi di quest’area: le opere d’arte rubate più di frequente sono quadri e manufatti religiosi (calici, crocefissi), oggetti di legno intagliati ed anfore. Secondo l’Interpol la Polonia, la Repubblica Ceca e la Federazione Russa sono gli Stati dell’Europa centro orientale più presi di mira dai trafficanti, e la merce è diretta principalmente verso la Repubblica Federale Tedesca, il cui mercato è appunto caratterizzato da una forte presenza di opere d’arte rubate e importate illegalmente dai paesi confinanti.

Africa

Le attività criminali connesse all’arte si sono concentrate, a partire dagli anni ’70, prevalentemente nella depredazione di siti archeologici e nell’esportazione di reperti illegalmente scavati in Africa. Nella regione occidentale l’esempio più eclatante è rappresentato dagli scavi illegali condotti nel Mali negli ultimi 20 anni, le cui cause sono da attribuirsi in parte al deterioramento delle condizioni di vita delle popolazioni locali e in parte al crescente interesse che musei, gallerie e collezionisti dimostrano per quel tipo di arte. Lo scavo, di solito, viene condotto dalle popolazioni locali e spesso rappresenta la fonte primaria di sussistenza per interi villaggi che lavorano al servizio di trafficanti d’arte. Per comprendere le proporzioni di questa attività illecita nel Mali, vi è chi ha fatto notare la sproporzione esistente tra il numero di terrecotte ritrovate legalmente dagli archeologi (poco più di una dozzina) e le migliaia e migliaia di terrecotte malesi che puntualmente si trovano sparse in musei, gallerie o case di collezionisti privati di tutto il mondo. Nel Ghana, a Komaland e a Jenne, i trafficanti hanno depredato tutto: secondo le autorità, il paese soffre il saccheggio sistematico del suo patrimonio archeologico e si stima che i furti provochino un danno annuo di diversi milioni di dollari.

Egitto

Importanti beni archeologici, esportati di contrabbando fuori dall’Egitto all’inizio degli anni Novanta dal trafficante Jonathan Tokely Parry, sono stati consegnati a funzionari egiziani da Scotland Yard.

Funzionari che si occupano delle Antichità si sono incontrati con rappresentanti di New Scotland Yard per cercare di elaborare, seppure faticosamente, un memorandum di intesa sul recupero di manufatti rubati. Ciò potrebbe servire da modello per la cooperazione con altri Paesi, come gli Stati Uniti e la Francia, dove vengono esportati clandestinamente molti beni protetti.

Kenya e Somalia

L’accresciuto interesse per l’archeologia da parte di un mercato mondiale consapevole del fatto che l’Africa possiede un patrimonio ricco, ma non protetto, ha determinato una massiccia presenza di mercanti stranieri.

Tali mercanti operano attraverso intermediari delle stesse comunità locali che non si sentono legati alla cultura di conservazione dei propri siti archeologici.

Anche le frequenti guerre in atto hanno contribuito a creare un’atmosfera che favorisce questa distruzione delle testimonianze del passato: la pressione demografica e la disoccupazione, unite al facile guadagno derivante dal commercio di reperti archeologici, non hanno migliorato la situazione. A questo si aggiunga il fatto che il patrimonio archeologico non è, per molti governi di questi paesi in via di sviluppo, così prioritario come la salute, l’istruzione, l’acqua e l’occupazione. La distruzione di tali patrimoni diventa quindi un serio problema per tutta la comunità internazionale.

Niger

Il fenomeno del saccheggio dei siti archeologici presenti nell’area settentrionale e sud-occidentale del paese, è particolarmente aumentato a seguito della mostra “Valle del Niger”, che girò la Francia e l’Africa occidentale e portò all’attenzione dei collezionisti l’arte funeraria dei siti della regione di Bura.

Turchia

La regione del sud-est della Turchia è esposta a un particolare e costante saccheggio di reperti archeologici da parte della popolazione locale, a causa delle sue estreme difficoltà economiche.

Nel 1997, infatti, risultano arrestate 565 persone trovate in possesso di circa 10.000 reperti archeologici. Purtroppo, il numero reale di oggetti non recuperati e illegalmente scavati è ritenuto tre volte maggiore.

Il fenomeno non risulta ancora contrastato a causa della carente istruzione culturale e dell’assenza di una appropriata documentazione relativa al patrimonio archeologico del paese.

Grecia

Gli scavi illeciti si concentrano nelle necropoli dell’Età del Bronzo della Grecia meridionale e nelle necropoli dell’Età del Ferro e nei santuari della Grecia settentrionale e centrale. I beni archeologici spesso lasciano la Grecia a bordo di camion, talvolta occultati fra le angurie, e viaggiano verso i maggiori mercati di Svizzera e Germania.

Il traffico di beni archeologici e quello di sostanze stupefacenti sono con tutta evidenza collegati, poiché la polizia arresta spesso persone in possesso di entrambi. Tra gli oggetti sequestrati sono stati rinvenuti anche esemplari falsi. L’archeologia delle isole Cicladi è conosciuta principalmente grazie alle sue figurine, la maggior parte delle quali furono illecitamente scavate e alcune delle quali sono false. La creazione di un museo archeologico a Ios, che mostra il patrimonio archeologico dell’isola nella sua interezza, ha evidenziato alla popolazione locale che non vi sono soltanto figurine e, forse, ciò è servito a dare un duro colpo al furto di beni archeologici.

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