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Il furto della kylix attribuita al pittore di Ancona

(Tempo di lettura: 5 minuti)

Il nostro patrimonio culturale è stato ed è continuamente esposto a rischi molteplici di manomissione, degrado e sottrazione. Un efficace strumento di contrasto a questo fenomeno nasce il 3 maggio del 1969, quando il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, per iniziativa del Capo di Stato Maggiore pro-tempore, Generale Arnaldo Ferrara, determinò di costituire presso il Ministero della pubblica Istruzione il Nucleo Tutela Patrimonio Artistico, oggi Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale. Un baluardo di difesa che ha attuato strategie di recupero uniche, con uomini di valida competenza e coraggiosa dedizione grazie al cui impegno il recupero dei beni asportati e dispersi raggiunge quote sempre più consistenti. La straordinaria importanza che la documentazione fotografica riveste per la tutela del Patrimonio culturale non sarà mai abbastanza sottolineata. Il recupero delle opere d’arte trafugate, in particolare, dipende in ampia misura dall’esistenza di riproduzioni che debbono poter circolare affinché la sparizione venga segnalata al maggior numero possibile di interessati o di potenziali collaboratori al reperimento. A tal fine il Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale ha sviluppato La Banca Dati Leonardo, uno strumento fondamentale, unico nella sua concezione per flessibilità degli applicativi, quantità dei dati trattati e capacità della risposta operativa. La sua origine, risalente al 1980, la qualifica come prima Banca Dati costituita nello specifico settore ed è tuttora unanimemente riconosciuta per essere il database dedicato più ampio esistente al mondo. In essa sono quotidianamente inserite tutte le informazioni descrittive e fotografiche relative ai beni culturali da ricercare. Ed è proprio grazie a questo strumento che nel mese di ottobre del 2000 una preziosa kylix è rientrata in Italia dopo un complesso e paziente lavoro che ha coinvolto diverse istituzioni.

Il nome kylix era in uso già nell’antichità e si riferiva a un tipo particolare di vaso greco, a figure nere o a figure rosse, utilizzato nei banchetti: una coppa da vino in ceramica, diffusa soprattutto tra il VI e il IV secolo a.C. La sua forma è davvero caratteristica, con una vasca larga e bassa, che poggia su un piede piuttosto sottile, e due manici. La kylix in questione è stata rinvenuta nella seconda metà degli anni ’80 nella tomba nr. 48 della necropoli sabina di Poggio Sommavilla, nel comune di Collevecchio (RI).

La tomba, del tipo a camera scavata nel tufo, era destinata a più deposizioni di epoche differenti, infatti ha restituito un ricco corredo composto da materiali ceramici e metallici databili tra il VI secolo a.C. e la fine del IV secolo a.C. Dopo il restauro e la catalogazione tutto il materiale archeologico era stato trasferito nei magazzini della Soprintendenza, presso i locali del Santuario d’Ercole a Tivoli. Il prezioso reperto scomparve però misteriosamente nel 1994 insieme ad altri oggetti.

La dott.ssa Giovanna Alvino già Direttore archeologo, responsabile della provincia di Rieti avviò allora la denuncia di furto supportandola con tutta la documentazione fotografica e descrittiva, al fine di inserirla nella Banca Dati  del T.P.C. come opera da ricercare.

Dopo un’accurata attività d’indagine la kylix apparve incredibilmente nella copertina di un catalogo d’asta di Sotheby’s del luglio 1995: il prezzo di partenza era indicato tra le 20.000 e 25.000 sterline.

Il catalogo, intercettato dal personale della Sezione archeologia del Reparto Operativo, fu quindi inviato per un controllo presso la Banca Dati e si poté immediatamente appurare che il bene in oggetto si identificava senza ombra di dubbio nella kylix proveniente da Poggio Sommavilla.

Attraverso una rogatoria internazionale venne richiesto alla sede londinese di Sotheby’s se la kylix fosse ancora nella loro disponibilità o se fosse stata venduta. La diversa legislazione vigente in Germania determinò un lungo lavoro condotto con il corrispondente ufficio della Kriminal Polizei Bremen (Germania); l’opera infatti era stata acquista da un facoltoso collezionista tedesco per la somma di 32.000 sterline. Nel mese di ottobre dell’anno 2000, si riuscì a ottenere una perquisizione presso l’abitazione del Signor Zimmermann (i.e., l’acquirente in buona fede delle kylix). L’assistenza dei colleghi tedeschi fu impeccabile. Alle 07.00 del mattino le forze dell’ordine si presentarono presso la lussuosa villa del proprietario, dove un maggiordomo d’altri tempi venne ad aprire: all’interno la dimora si rivelò un vero e proprio Museo. I colleghi tedeschi furono però categorici: si doveva procedere solo all’individuazione della kylix di Poggio Sommavilla; non si poteva assolutamente fotografare null’altro, né fare domande che non fossero relative al bene per il quale si stava procedendo. La nostra kylix si trovava nella sezione dei reperti attici a figure rosse.

Alla presenza di una funzionaria del Ministero della Cultura tedesco la coppa fu imballata con cura per riportala in Patria attraverso una bolgetta diplomatica. La kylix, insieme a tutto il corredo della tomba 48, è ora esposto presso il Museo Civico di Rieti, Sezione Archeologia.


Scheda tecnica a cura della dott.ssa Giovanna Alvino

  • Kylix attica a figure rosse, 460 a.C. circa.
  • Argilla – H cm 9,2 Ø orlo cm 23,5.

Orlo arrotondato, vasca larga e abbastanza profonda, stelo alto e sfilato, piede a gradino e anse oblique a bastoncello impostate alla massima espansione. Ricomposta da diversi frammenti, restaurata e reintegrata. Decorazione accessoria: all’interno motivo a meandro delimitato da due linee concentriche; il bordo del piede e la zona all’interno delle anse sono a risparmio. All’esterno la vasca non presenta alcuna decorazione.

Il fondo della vasca è decorato da un satiro incedente verso sinistra incorniciato da una fascia campita da un motivo a meandro. La figura maschile nuda, che presenta un corpo di tre quarti ed il capo volto all’indietro verso destra, è caratterizzata da particolari anatomici molto dettagliati. Il satiro, con il volto incorniciato da una folta barba ricciuta e il capo ornato da lunghi nastri, è raffigurato con il braccio sinistro disteso, dal quale pende una pelle ferina, e il braccio destro piegato nell’atto di impugnare il tirso, attributo caratteristico dei seguaci di Dioniso costituito da un’asta sormontata da pampini ed edera intrecciati. Tale raffigurazione deriva dal tipo del satiro armato, che ricorda la partecipazione dei Satiri alla guerra contro i Giganti, al fianco di Dioniso. Nella zona superiore del medaglione sono visibili tracce di un’iscrizione. Per le caratteristiche stilistiche e decorative, la coppa è attribuibile al Pittore di Ancona, attivo intorno alla metà del V secolo a.C., 460 a.C. circa.

Bibliografia

-G. Alvino, Aspetti dell’archeologia in Sabina alla luce delle indagini più recenti, in G. Formichetti (a cura di), Rieti delle delizie, Milano 1993.
-G. Alvino, n. 109, in P. Andreasi Bassi (a cura di), Tesori d’arte dal buio alla luce. Venti anni di scoperte (Cat. della mostra), Roma 2001, p. 91.
-G. Alvino, Tesori invisibili, dai più grandi musei italiani e capolavori recentemente recuperati dall’Arma dei Carabinieri, Polizia di Stato e Guardia di Finanza (Cat. della mostra), Roma 2009, pp. 46-47.


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