Due falsi Van Gogh alla National Gallery di Washington?
Un nuovo libro getta forti dubbi sull’autenticità di due disegni scoperti sessant’anni fa in una soffitta in Belgio.
Due schizzi già attribuiti a Van Gogh, raffiguranti due case, databili intorno al 1880 e di proprietà della National Gallery of Washington, sono stati dichiarati falsi da Yves Vasseur. Questo è quanto emerge all’interno del suo libro Vincent Van Gogh: Matters of Identity, in pubblicazione in lingua inglese il prossimo gennaio, edito da Yale University Press.
I due disegni, nell’occhio del ciclone, risalgono al periodo di permanenza di Vincent Van Gogh nel Cuesmes, Belgio, nel 1880. In quest’occasione pare che l’artista, a quel tempo con il ruolo di predicatore, venne ospitato nella casa della famiglia Decrucq. In quello stesso 1880, Vincent Van Gogh scriveva al fratello Theo: ≪Ho ripreso in mano la mia matita… tornerò a disegnare, e da quel momento in poi, mi sembra che tutto sia cambiato per me, e adesso sono sulla mia strada≫ . È proprio in virtù di questa testimonianza privata che i due schizzi assumerebbero un ruolo chiave nella vita artistica di Van Gogh.
Vasseur, conoscitore dell’artista olandese, ebbe modo nel 2015, in occasione della direzione della candidatura di Mons città capitale europea del patrimonio, di organizzare la mostra Van Gogh nel Borinage: la nascita di un artista. Fu in questa circostanza che per la prima volta tenne tra le sue mani i due schizzi già attribuiti a Van Gogh, di proprietà della National Gallery di Washington, raffiguranti la Casa della famiglia Zandmennik e Magros e riportanti la sigla “VG”. Fu proprio per quelle due lettere che monsieur Delsaut, parente dei Decrucq, aveva ritenuto presumibile poterli attribuire a Vincent Van Gogh quando nel 1958 li aveva ritrovati in una cartellina nella soffitta della casa dove l’artista per qualche tempo aveva abitato. Convinto di ciò, a breve distanza dalla scoperta, li aveva mostrati al figlio di Theò, Vincent Willem Van Gogh, ottenendone l’autentica quale frutto della matita dello zio.
Nel 1970 entrambe le opere furono inserite da la Faille all’interno del catalogue raisonné di Van Gogh, ma non è chiaro quanto accuratamente siano state allora esaminate: probabilmente vennero accolte sulla base del pronunciamento di Vincent Willem.
Dopo qualche tempo, Delsaut e suo figlio Carlo decisero di vendere gli schizzi, così li presentarono a Sotheby’s, che scelse di respingere la presa in carico della vendita riferendo dubbi sull’autenticità, e successivamente a Christie’s, che invece volle procedere. Per la cifra di £4.200 ciascuno, i disegni furono acquistati da Armand Hammer, magnate del petrolio, collezionista e art dealer, che in punto di morte, nel 1990, li donò alla National Gallery di Washington.
Nel suo libro, Vasseur sostiene che i disegni mostrino uno stile già maturo rispetto ad altri eseguiti dall’artista nello stesso periodo nel Borinage, come ad esempio Miners in the Snow (Kröller Müller Museum, Otterlo). Vasseur sottolinea inoltre che le iniziali “VG” non costituivano affatto la “firma canonica” dell’artista belga, che invece si firmava abitualmente con il semplice “Vincent”.
La congiuntura particolare dello scambio di autore inizia a delinearsi quando Vasseur porta alla luce il fatto che i disegni rinvenuti nella soffitta si trovassero all’interno di una cartellina riportante il nome di Elie Delsaut (1869-1949), pittore dilettante nonché zio di Samuel, lo stesso Samuel Delsaut protagonista del fortuito ritrovamento.
È stata inoltre ritrovata la fotografia di un disegno raffigurante la Casa della famiglia Decrucq, che si pensa sia stato realizzato da Elie. Lo schizzo presenta dei caratteri stilistici, a detta di Vasseur, simili ai due disegni già attribuiti a Van Gogh. Questo farebbe presupporre, dunque, che gli schizzi della National Gallery di Washington possano, verosimilmente, essere dello stesso Elie Delsaut.
Marije Vellekoop, attuale capo delle collezioni, riferendosi al lavoro di Vasseur, ha riferito di appoggiare pienamente l’approccio dello scrittore, che non dà per scontati i fatti passati; Sjraar van Heugten, ex capo delle collezioni del Van Gogh Museum di Amsterdam, ammette invece che le scoperte del giornalista riportano alla ribalta questioni cruciali e che stabiliscono motivi di dubbio circa l’autenticità dei due disegni.
La National Gallery of Art, da parte sua, si dice in attesa di aver modo di sottoporre all’attenzione dei suoi curatori e conservatori i disegni in oggetto.
Da quanto accaduto emerge come sia fondamentale studiare, approfondire e, in alcune circostanze, mettere in discussione le attribuzioni, per far sì che quelle errate vengano alla luce.
Esperta di economia e gestione dei beni culturali.