Le autorità siriane hanno rinvenuto pochi giorni fa a circa 10 km a est di Palmira i resti dei corpi di tre persone. Si presume che uno tra questi sia riconducibile a Khaled al-Asa’ad, l’archeologo che il 18 agosto 2015 fu giustiziato dall’ISIS. Sarà, dunque, necessario attendere l’esito delle analisi dei campioni di DNA per confermare la loro effettiva identità.
A metà luglio del 2015, l’archeologo fu rapito e poi torturato dai membri dell’ISIS: la sua colpa, non avere riferito il luogo in cui si trovassero i reperti archeologici di pregio, posti al riparo dalla furia distruttrice del sedicente Stato Islamico. L’uccisione di Khaled al Asa’ad aveva suscitato sdegno e compassione in tutto il mondo. Molto cruente le immagini che circolarono in quei giorni sulla macabra esecuzione.
Fu decapitato al centro dell’anfiteatro di Palmira, città dove sorge il celebre sito a cui l’archeologo siriano aveva dedicato sin dagli anni ’60 il suo lavoro, in collaborazione con missioni archeologiche di calibro internazionale. Grazie ai risultati della sua attività, nel 1980 l’UNESCO riconobbe ufficialmente Palmira come Patrimonio Mondiale dell’Umanità.
Laureato in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Torino con una tesi sul traffico illecito di beni culturali. Istruttore direttivo amministrativo presso la Città metropolitana di Torino.