“La Ferita” squarcia l’edificio, ma restituisce respiro al mondo dell’arte
J R cambia i connotati al volto di Palazzo Strozzi. Dal 19 marzo il bugnato della facciata rinascimentale del noto palazzo fiorentino è stato squarciato da una grossa fenditura, una ferita.
Un oltraggio? Al contrario, un omaggio dell’artista francese J R che sceglie Firenze, la città culla delle arti, come vetrina per trasmettere un messaggio e suggerire una riflessione sull’attuale condizione del sistema dell’arte e sulla negata accessibilità ai luoghi del patrimonio. Attualmente segregate all’interno delle sale dei musei e nascoste alla vista, le opere d’arte sono ancora vive e J R escogita un modo per mostrarcelo. Lo squarcio, di monumentali dimensioni, è un’installazione che apre alla visione un ideale interno del palazzo nello stesso tempo reale e immaginato.
La fenditura mostra infatti un collage in bianco e nero, nel tipico stile dell’artista parigino, ed è costituita come un gioco illusionistico. All’interno si scorgono alcuni ambienti del palazzo: il colonnato del cortile, una sala espositiva che ospita La nascita di Venere e La Primavera del Botticelli e Il ratto delle Sabine del Giambologna e al piano superiore la biblioteca storica.
Tutto ciò è però visibile solamente da un determinato punto di vista dell’osservatore, studiato per essere il punto di vista privilegiato.
L’artista si serve infatti dell’espediente ottico dell’anamorfosi, un fenomeno di illusione ottica che produce una deformazione delle proporzioni di un elemento, la cui reale dimensione può essere visibile solo da un privilegiato punto di vista. Esattamente quello che accade in questi giorni nella piazza antistante Palazzo Strozzi dove centinaia di Fiorentini e non, si stanno accalcando, di passaggio o di proposito, incuriositi dall’opera e sfidati nella ricerca del miglior punto di vista da cui poterla ammirare o fotografare.
La sfida potrà essere raccolta sino ad agosto. L’opera infatti, oltre che site specific, è anche time specific. L’installazione campeggerà su Palazzo Strozzi fino al 22 agosto e anche questo fa parte della visione generale di J R. L’artista ha spiegato in conferenza stampa che l’immagine de La Ferita nasce per essere effimera e connotarsi puntualmente come un evento nel tempo, una visuale specifica relativa alle contingenze attuali. L’opera non è rappresentata dall’immagine finale che tutti possono osservare, lo squarcio osservato, bensì dalla prospettiva scelta da chi osserva. L’insieme degli elementi, la storia e il contesto che inducono chi guarda nel momento in cui sceglie di inquadrare l’opera da un determinato punto di vista. L’installazione diventa dunque un’operazione interattiva e corale ed è proprio la lettura delle interpretazioni personali il vero obiettivo dell’artista.
Per le strade di Firenze e tra le pagine dei social, si sta assistendo a un’incessante ricerca e studio della prospettiva. Impossibile dunque parlare di prospettiva e non citare il padre indiscusso delle sperimentazioni prospettiche: Piero della Francesca.
L’artista toscano che seicento anni fa si interessò, per primo, alle regole della prospettiva da applicare nella pittura narrativa è certamente una delle figure simbolo del Rinascimento italiano. Piero della Francesca inaugurò un nuovo modo di concepire la pittura e la resa razionale dello spazio e lo fece grazie ad audaci sperimentazioni.
Allo stesso modo, oggi, un giovane artista francese, J R noto in tutto il mondo per le sue opere dalla potente capacità comunicativa e il forte impatto visivo, decide di sperimentare giocando con l’illusione e la prospettiva, con il bianco e il nero, con il vero e il falso, con il ricordo e la proiezione.
Così come Piero della Francesca nel ‘400 sfonda il paesaggio per portare davanti agli occhi le infinite potenzialità della pittura, J R sfonda l’edificio con un collage illusionistico che risveglia in noi il ricordo e scatena il desiderio. J R maestro dell’immagine, manovra benissimo il gioco di illusioni spaziali e la tecnica di sfondamento dell’edifico per mostrarci l’interno del palazzo rinascimentale e rievocare le opere più iconiche del patrimonio fiorentino, opere universali che attualmente ci sono negate dalle misure restrittive legate al lockdown e che fortemente desideriamo.
La Ferita nasce in un momento storico in cui la cultura è negata ed il problema che tormenta le istituzioni è proprio quello di connettere le persone all’arte. La soluzione è l’arte pubblica, visibile e accessibile a tutti, sempre.
L’uso dell’arte pubblica come stimolo sul ruolo dell’arte e veicolo di messaggi è una pratica di antichissima tradizione. Da secoli nella stessa Firenze le scelte decorative dei palazzi e delle piazze sono da correlare a un’intenzione comunicativa da parte delle istituzioni. Ma la potenza comunicativa dell’arte pubblica ha radici ancor più antiche. Lo ricorda, durante la conferenza stampa del 19 marzo, il presidente della Fondazione Palazzo Strozzi, il professor Giuseppe Morbidelli, che cita il riferimento giuridico romano della dicatio ad patriam. Il diritto romano prevedeva infatti l’uso di collocare in luoghi pubblici iscrizioni, statue o targhe celebrative recanti dediche alla patria sia a scopo celebrativo, per captatio benevolentiae, ma anche solo per amore dell’arte e puro godimento estetico di chi osserva. Oggi, attraverso uno squarcio fotografico dirompente e grazie all’amplificazione della stampa e dei social, J R ripercorre la strada della tradizione e si avvale della forza persuasiva dell’arte pubblica per invitare a riavvicinarsi alla cultura.
L’installazione si inserisce all’interno del programma Palazzo Strozzi Future Art ed è promossa dalla Fondazione Palazzo Strozzi in collaborazione con Andy Bianchedi in memoria di Hillary Mencus Recordati. Il progetto, della durata di 5 anni, è nato grazie a una riscoperta del mecenatismo ed ha in previsione la creazione di una piattaforma a sostegno delle nuove generazioni con lo scopo di mettere in connessione artisti internazionali per un rilancio dell’arte contemporanea.
Attraverso questa reinterpretazione del palazzo rinascimentale, J R è riuscito magistralmente a proporre la riflessione sull’accessibilità dei luoghi dell’arte e lo ha fatto illudendoci, sfidandoci e rassicurandoci.
Ci ha illuso attraverso il gioco prospettico e la ricerca del punto di vista privilegiato per non subire la deformazione ottica delle profondità delle strutture murarie.
Ci ha sfidato proponendoci contaminazioni nei soggetti prescelti. Ha scelto infatti di mescolare il classico con il contemporaneo, di condurci dietro le quinte dell’edificio mostrandoci colonnati e biblioteca, ma anche due capolavori iconici del rinascimento attualmente conservati in uno dei musei più famosi del mondo e – differentemente – il Ratto delle Sabine, ben visibile nella sua attuale collocazione in Piazza della Signoria.
Infine, scommettendo sulla pulsione voyeuristica che da sempre connota l’animo umano, ci ha rassicurato invitandoci a spiare l’interno dello scheletro dell’edificio attraverso una ferita che è certamente un grido di dolore per l’arte che ci è negata, ma al contempo uno squarcio che permette la trasmissione di immagini e messaggi ricordandoci i capolavori universali che in qualche modo ci rassicurano, che inevitabilmente sentiamo più vicini.
J R parla chiaro. Con buona pace dell’inevitabile chiacchiericcio che lo ha tacciato di aver realizzato un’opera già vista, banale e didascalica, l’opera dell’artista francese ha forte impatto visivo ed emotivo, ma non solo.. La Ferita sa farci riscoprire la prospettiva, mette alla prova la nostra capacità adattamento e carica l’ingranaggio di una capacità umana pressoché perduta, il potere dell’immaginazione.
L’opera di J R ha il pregio, sopra ogni altro, di permetterci di spaziare idealmente dentro le sale di un museo. Ci permette di immaginarci proprio dietro, dentro le mura squarciate dal collage, di farci sentire che lo sfondamento del muro è sempre più vicino.
Sfondato il muro, la ferita potrà essere ripulita e la cicatrice – da fardello – trasformarsi in eredità.