La Pastorella di Pissarro: l’erede della famiglia derubata lascia cadere le sue pretese sulla restituzione dell’opera
[Français]
I giudici francesi avrebbero dovuto pronunciarsi il 2 giugno scorso sulla controversia tra l’Università dell’Oklahoma (più precisamente il suo museo, il Fred Jones Jr., e la Fondazione dell’Università), e Léone Meyer, cittadina francese, sul quadro La Bergère rentrant ses moutons (La Pastorella che fa rientrare le sue pecore all’ovile), dipinto da Camille Pissarro nel 1886. Avrebbero dovuto pronunciarsi anche in merito alla restituzione dell’opera, ma ciò non accadrà più: Léone Meyer, figlia ed erede di Raoul e Yvonne Meyer, la cui collezione d’arte di cui faceva parte questo quadro fu saccheggiata dai nazisti, ha riconosciuto la proprietà del dipinto alla Fondazione dell’Università dell’Oklahoma, comunicando la sua decisione il giorno prima della sentenza. Per quanto riguarda La Bergère, tornerà negli Stati Uniti a luglio, ma si prevede di rivederla in Francia fra tre anni, sulla base dell’accordo inizialmente raggiunto nel 2016.
Ricordiamo innanzitutto che questo caso è diverso da quello che ha coinvolto La cueillette des pois (La raccolta dei piselli), opera restituita agli eredi di Simon Bauer nel 2018 su decisione dei giudici francesi[1]. In secondo luogo, dobbiamo anche sottolineare che, nel caso in esame, ci sono questioni giuridiche differenti, alcune puramente tecniche – come quella relativa al contratto stipulato nel 2016 tra il museo e Léone Meyer – e altre, direttamente legate alle spoliazioni avvenute durante la Seconda Guerra Mondiale e la restituzione del bene.
La Bergère, da una spoliazione in Francia a una donazione negli Stati Uniti
Raoul e Yvonne Meyer, entrambi appassionati d’arte, collezionavano opere impressioniste. Essendo ebrei e dovendo affrontare le leggi antisemite francesi della Seconda Guerra Mondiale, misero la loro collezione in una cassaforte del Crédit Foncier de France, nella città di Mont-de-Marsan. Questo fu saccheggiato dalla Gestapo nel 1941 e la collezione fu dispersa. Dopo la guerra, la coppia riuscì a recuperare alcune delle sue opere, mentre altre rimasero irreperibili, e tra queste La Bergère rentrant ses moutons (La pastorella che fa rientrare le sue pecore all’ovile). Nel 1947 il dipinto fu inserito nel registro dei beni depredati in Francia (Répertoire des biens spoliés en France) e, a partire dal medesimo anno, esso fu pubblicamente riconosciuto come saccheggiato dai nazisti. Anche quando lo localizzò in Svizzera, Raoul Meyer non riuscì a recuperarlo, perdendone poi le tracce.
Solo nel 2012 il figlio di Léone Meyer ritrovò il quadro grazie a un post sul blog di Marc Masurovsky. Il dipinto era esposto al Fred Jones Museum dell’Università dell’Oklahoma, senza alcuna documentazione relativa alla sua provenienza. Risultava semplicemente donato nel 2000 da una coppia di collezionisti americani, Aaron e Clara Weitzenhoffer.
Un’azione di restituzione del quadro davanti ai tribunali americani, che si conclude con un accordo tra il Fred Jones Jr. Museum e Léone Meyer
Léone Meyer contattò dunque l’Università, ma, poiché l’operazione portò a un nulla di fatto, intentò una causa nei tribunali statunitensi, che durò dal 2013[2] al 2016 e che si concluse con un accordo[3] secondo il quale Léone Meyer venne riconosciuta a tutti gli effetti come la proprietaria del quadro. Tuttavia, in aggiunta, venne previsto che, ogni tre anni, l’opera sarebbe stata esposta, a rotazione, in un’istituzione francese – che Léone Meyer avrebbe dovuto individuare – e nel Fred Jones Jr. Museum.
In seguito, Léone Meyer illustrò rammaricata l’accordo al giornale francese Le Monde[4]: «Una notte, intorno alle 2, fui contattata dal mio avvocato americano, che mi parlò a lungo cercando di convincermi ad accettare la transazione. Non avevo scelta, non volevo rischiare di perdere la causa. Il mio errore è stato quello di non essere partita immediatamente per curarmi del caso da vicino». Poi aggiunse: «Questo accordo è tutt’altro che una restituzione (…). Prima che fosse firmato, ero anche pronta a ricomprare la tela e offrirla al d’Orsay (…), ma il museo dell’Oklahoma non ha voluto cedere».
L’accordo, prima di essere legalmente riconosciuto ed essere esecutivo in Francia[5], è stato oggetto di una procedura di exequatur da parte del Tribunal de Grande Instance di Parigi nel 2016, che ne riconobbe l’esecuzione provvisoria. Il quadro si trova oggi al Musée d’Orsay, è lì dal dal 2016 e dovrebbe tornare negli Stati Uniti nel luglio 2021, dove verrà conservato per tre anni, prima di far ritorno nuovamente in Francia, ai sensi delle disposizioni contenute nell’accordo.
Il rifiuto del Museo d’Orsay di conservare il quadro e l’inadempienza del contratto di Léone Meyer: un caso portato davanti ai giudici francesi
Tuttavia, recentemente è sorto un nuovo problema: il Museo d’Orsay si è rifiutato di conservare il quadro dopo il mese di luglio di quest’anno e di non partecipare più alla circolazione triennale dell’opera. Le ragioni sono molto semplici: i costi per il trasporto e la sua conservazione sono molto alti.
Inoltre, se Léone Meyer non sarà in grado di affidare l’opera a un’istituzione francese nel corso della sua vita, il dipinto potrebbe diventare proprietà dello stato americano, come previsto dall’Art in Embassies Program.
Il timore è che, se il quadro tornerà negli Stati Uniti il 21 luglio di quest’anno, non farà più ritorno in Francia, e, di conseguenza, potrà divenire, in futuro, un bene di proprietà statunitense. Possiamo, dunque, dedurre che l’accordo firmato nel 2016 fosse forse l’unico mezzo di cui Léone Meyer si sarebbe potuta servire per essere riconosciuta come legittima proprietaria del quadro e per vederlo esposto in Francia.
Alla luce di questa complessa situazione, alla fine del 2020, Léone Meyer ha voluto procedere per la risoluzione dell’accordo e per l’avvio di un’azione giudiziaria in Francia – dove si trova attualmente La Bergère – per ottenere la restituzione del quadro, ma anche per fare in modo che esso fosse posto sotto sequestro. L’obiettivo, non permettere che il dipinto lasciasse la Francia con l’arrivo di luglio, come inizialmente previsto, nell’attesa della sentenza. Contestualmente, è stata avviata un’altra procedura negli Stati Uniti dall’Università e dalla sua Fondazione, nel tentativo di rendere vana l’iniziativa intrapresa in Francia. L’accordo firmato nel 2016 e riconosciuto dalla magistratura francese come esecutivo in Francia, stabiliva che, in caso di controversia, sarebbe stato competente la giurisdizione statunitense. La promozione di una causa in Francia per la risoluzione del contratto avrebbe, dunque, violato le disposizioni dell’accordo. E tale prospettiva si è concretizzata proprio il 4 gennaio di quest’anno, quando il rifiuto di Léon Meyer di ritirarsi dalla causa in Francia l’ha portata ad essere accusata di oltraggio alla Corte negli Stati Uniti[6].
La mediazione promossa dai tribunali francesi non ha avuto successo a causa della mancanza di cooperazione delle parti americane, le quali hanno deciso di non incontrare i mediatori. La disputa è proseguita con una richiesta di messa in garanzia del quadro, rifiutata dal giudice il 10 maggio, e una decisione sul merito della controversia che avrebbe dovuto essere resa il 2 giugno 2021. Il giudice francese aveva rifiutato il sequestro, in quanto l’accordo concluso è soggetto alle leggi dello Stato dell’Oklahoma, che questo accordo non è oggetto di alcun elemento nuovo suscettibile di metterlo in discussione da parte del ricorrente, e che è stato oggetto di una decisione di exequatur in Francia[7] (?). Quanto alla decisione dei giudici, essa non avrà luogo. Léone Meyer, infatti, ha rinunciato a procedere, comunicandolo il giorno prima della sentenza.
La Bergère, di nuovo di proprietà americana, ma tornerà in Francia tra tre anni
In un articolo dell’Agence France-Presse (un’agenzia di stampa che opera a livello globale con sede a Parigi), che è stato ripreso da diversi media[8] e che si basa su un comunicato stampa, si legge che Leone Meyer e l’Università hanno apparentemente raggiunto un accordo che mette fine alla disputa franco-americana e alla battaglia legale. «Ho deciso di rinunciare a tutti i miei diritti su questo quadro. E anche di rinunciare al mio titolo di proprietà, in favore della Fondazione dell’Università dell’Oklahoma», spiega Léone Meyer nel comunicato stampa, «Dopo tanti anni, devo ammettere la mia impossibilità di convincere i vari interlocutori a cui mi sono rivolta. Sono stato ascoltata, ma mai fino in fondo». Il suo avvocato, il signor Ron Soffer, citato nel comunicato, ha anche detto che «la signora Meyer ha deciso di porre fine alla sua lotta per ottenere la restituzione del quadro. La Fondazione dell’Università dell’Oklahoma è ora l’unico proprietario del dipinto. Per la signora Meyer, l’Università e i suoi rappresentanti sono quindi liberi di farne qualsiasi uso».
La Bergère, tornerà negli Stati Uniti a luglio, ma a quanto pare si prevede che l’opera farà comunque ritorno in Francia tra tre anni, seguendo così i termini dell’accordo originariamente raggiunto nel 2016.
Perché questo cambiamento di prospettiva, con la stipula di un nuovo accordo raggiunto alla vigilia della sentenza? Si possono avanzare le ipotesi dei costi sostenuti e dell’eventuale pagamento della penale prevista nell’accordo iniziale, ma anche il timore di non essere riconosciuta come proprietaria del quadro dai tribunali, e quindi di dover pagare costi particolarmente elevati all’Università e/o alla Fondazione. La legge francese permette la restituzione delle opere saccheggiate durante la Seconda Guerra Mondiale: sarebbe stato interessante conoscere la posizione del tribunale francese.
[1] CA Paris, 2 oct. 2018, no 17/20580.
[2] Per esempio: Complaint, Meyer v. Bd. of Regents of the U. of Oklahoma, et al, 13-CIV-3128 (S.D.N.Y. filed May 9, 2013, decision of 14 May 2014). Disponibile qui.
[3] Non è disponibile online, ma le sue idee principali sono incluse in vari articoli di stampa, così come nel comunicato stampa rilasciato dall’Oklahoma University quando Léone Meyer ha portato il caso davanti al giudice francese nel 2021; disponibile qui.
[4]Da cui citiamo; per l’articolo completo: «Le combat de Léone-Noëlle Meyer pour garder son Pissarro volé par les nazis», Roxana Azimi, m-le-mag, Le Monde (sito web), 19 gennaio 2021 disponibile qui (edizione abbonati).
[5] Tribunal de grande instance de Paris, 1re chambre 1re section, 12 octobre 2016, n° 16/08492.
[6] Ricordato nella decisione United States Court of Appeals Tenth Circuit, No. 21-6036, D.C. No. 5:15-CV-00403-HE, W.D. Okla., filed on May 19, 2021.
[7] Pierre-Antoine Souchard, «Le juge des référés refuse la mise sous séquestre d’une peinture de Pissarro volée sous l’Occupation», Dalloz actualité, Civil IP/IT et communication | Propriété littéraire et artistique, 17 maggio 2021, disponibile qui (edizione abbonati).
[8] Ci riferiamo a questa versione, liberamente disponibile: AFP, «L’héritière d’un Pissarro spolié renonce à ses droits au profit d’une université », messo online da Times of Israel, 01 giugno 2021.
Aliénor Brittmann è dottoranda in Diritto all’Ecole Normale Supérieure Paris-Saclay. Si occupa del rapporto tra diritto, storia e memoria nel contesto della restituzione e del traffico illecito dei beni culturali.
Aliénor Brittmann est doctorante en droit (Ecole normale supérieure Paris-Saclay). Son sujet porte sur les relations entre le droit, l’histoire et la mémoire à l’aune de la restitution des biens culturels, où elle travail plus particulièrement sur les expériences françaises et italiennes, tant sur la Seconde guerre mondiale, que sur la colonisation et la décolonisation (Algérie, Bénin, Ethiopie, Libye, Sénégal, etc.), ainsi que sur le trafic illicite de biens culturels. Elle s’intéresse également à l’Allemagne, où elle a travaillé ces deux dernières années et demie, et à l’Espagne.
Aliénor Brittmann is a PhD student in law (Ecole normale supérieure Paris-Saclay). Her thesis focuses on the relationship between law, history and memory in the context of the restitution of cultural property. She works more particularly on the French and Italian experiences, both on the Second World War and on colonization and decolonization (Algeria, Benin, Ethiopia, Libya, Senegal, etc.), as well as on the illicit traffic of cultural property. She is also interested in Germany, where she has worked for the past two and a half years, and Spain.