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Il dovere della memoria a un anno dalla scomparsa di Paolo Giorgio Ferri

(Tempo di lettura: 5 minuti)

E così siamo giunti al primo anniversario della morte di Paolo Giorgio Ferri

Già Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale Ordinario di Roma, dal 1991 al 2010, «esperto per i rapporti internazionali e i recuperi» del Ministero per i Beni Culturali (ora Ministero della Cultura), incarico creato per lui dal ministro Sandro Bondi, consigliere speciale del Direttore Generale del Centro internazionale di studi per la conservazione e il restauro dei beni culturali (ICCROM).
Ferri se n’è andato il 14 giugno 2020, un infarto se l’è portato via dall’ospedale romano in cui era ricoverato per accertamenti dal giorno prima, e in quella domenica mattina la notizia della perdita improvvisa e prematura ha lasciato attoniti e orfani i molti che a vario titolo l’avevano conosciuto.


Una persona stimata per la generosa umanità così avvertita, un professionista caparbio che ha saputo avvalersi della competenze di profili tecnici di rilievo, come quelli di Maurizio Pellegrini e Daniela Rizzo, per condurre al successo celebri restituzioni al patrimonio culturale italiano. La prima inchiesta nel 1994 su una statua marmorea rubata a Villa Torlonia riapparsa ad un’asta da Sotheby’s a Londra e poi «Nel 1995 venne formato in Roma un gruppo di Sostituti Procuratori, il cui compito principale era ed è tuttora quello del contrasto ai reati commessi in danno al patrimonio culturale italiano. Tale gruppo venne fortemente voluto dal Generale Roberto Conforti, allora Comandante dei Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale (v. nota 1)».

Almeno 2500 persone inquisite nel corso di 15 anni di inchieste condotte da Ferri sulla “Grande razzia”. Al suo nome sono intrecciati quelli di Giacomo Medici, mercante accusato di commercio illegale di reperti archeologici e condannato in via definitiva per ricettazione nel 2004 a otto anni di reclusione e al risarcimento allo Stato di dieci milioni di euro; quello di Giovanni Franco Becchina, altro mercante che per oltre un trentennio avrebbe accumulato ricchezze grazie al traffico internazionale di reperti trafugati da Selinunte e legato al super latitante Matteo Messina Denaro; di Marion True, curatrice delle antichità del Jean Paul Getty Museum di Los Angeles, dal 1987 al 2005, accusata di associazione per delinquere, ricettazione e traffico illecito di beni archeologici.
La firma di Ferri è “apposta in calce” al rientro del Cratere di Assteas nel 2005 dal Getty Museum di Malibù, a quello del Trapezophoros nel 2007, al Cratere di Euphronios nel 2008 dal Metropolitan Museum of Art di New York. 

Lo scorso 27 maggio, in occasione del convegno sul Diritto dei beni culturali, dedicato alla sua memoria – il primo e auspichiamo non l’ultimo – dall’Osservatorio giuridico sulla sulla tutela del patrimonio culturale dell’Università degli Studi di Roma Tre, Maurizio Fiorilli, già Avvocato Generale dello Stato che si è trovato spesso a collaborare con Ferri, l’ha ricordato come un uomo “culturalmente aperto”, animato da “entusiasmo senza autoreferenzialità” che ha saputo dipanare conflitti normativi e superare invidie personali, ottenendo sul campo risultati e “riconoscimenti internazionali unanimi”. Onorificenze all’estero perché in patria Paolo Giorgio Ferri, pur riuscendo con scrupolo e pazienza a far restituire allo Stato italiano iconici tesori illecitamente depredati ed esportati, è stato ed è rimasto un Sostituto Procuratore – come tanti altri – fino alla pensione.

Nessuna premialità dallo Stato che ha servito, nessun esonero per il magistrato che più di tutti si è occupato di difesa del patrimonio culturale, tra un’indagine per rapina e una per omicidio: “Ferri avrebbe potuto fare molta più carriera dedicandosi a ben altri temi”, ha scritto Fabio Isman all’indomani della sua scomparsa su Il Giornale dell’Arte. Le sue indagini le ha raccontate, e insegnate, per mezzo mondo ma, ancor più che ai loro pregi, preferiva guardare ai loro limiti: “Conosciamo circa il 30 per cento di quanto è successo. E le poche restituzioni avvenute, riguardano forse il 3 per cento di quanto è stato portato via: hanno un valore soprattutto simbolico. I musei sono nati per educare: non possono educare anche all’illegalità“. Perché il giudice Ferri era animato da una profonda moralità”.

Moralità, rigore, senso delle Istituzioni, umiltà. Per questo il suo sacrificio e il vuoto che ha lasciato, dietro di sé, pesano tanto. 

Paolo Giorgio Ferri

«Sic transit gloria mundi… a distanza di pochi mesi dalla morte di Paolo penso che questo detto latino sia molto adatto alla sua persona e a quello che ha fatto. Molti telegrammi, molte telefonate, molti messaggi, pochi riconoscimenti se non fine a se stessi o addirittura finalizzati ad interessi personali. Ebbene io non sono altruista come lui, non guardo al bene della comunità forse perché ho vissuto di persona quanto era forte e disinteressata la sua dedizione, nessuno dico nessuno ha fatto in modo che la sua opera fosse premiata né in vita né tanto meno post mortem. Non crediate che non lo desiderasse. Ringrazio i VERI amici agli altri dico: Ad maiora!», così l’amarezza infilata nella bottiglia dei social dalla Signora Mariarita, vedova di Paolo Giorgio Ferri, il 5 settembre 2020. 

Dodici giorni più tardi, il 17 settembre, sempre Fabio Isman firma un pezzo per Professione Reporter, Quando il ministero chiede un articolo e poi cancella frase dopo frase, in cui racconta l’incresciosa quanto rivelatrice vicenda per cui la scure ministeriale si è abbattuta su un articolo in ricordo di Ferri, la prefazione ad una pubblicazione istituzionale peraltro richiesta al giornalista – gratuitamente – dallo stesso Ministero. 

Che il magistrato Paolo Giorgio Ferri incuta ancora timore, anche quando non c’è, purtroppo, più?

Ce lo siamo chiesti in molti in questo ultimo anno, nell’apprensiva speranza che qualche anonimo servitore dello Stato potesse raccogliere il testimone morale, civile e professionale di Ferri per approntare “un servizio nazionale composto di esperti degli specifici settori culturali e di giuristi, che possa fornire una panoramica la più completa ed aggiornata possibile dei fenomeni criminali, delle leggi utili al contrasto e, in generale, dei problemi più ricorrenti. Tale servizio potrebbe anche essere di supporto ad un forum permanente, competente nello sviluppo di politiche che facciano specifico riferimento alle richieste di rimpatrio, la valutazione delle quali richiede consulenza ed assistenza specifica per le questioni politiche, giuridiche sociali e morali da esse sottointese, in uno con le conseguenti complesse negoziazioni o procedure. Tale servizio potrebbe pure contribuire a risolvere casi concreti in cui la cooperazione è a rischio od ostacolata; nonché raccogliere statistiche omnicomprensive relative alle attività illecite (v. nota 2)».

Rendere prassi il testamento e operativa l’eredità di Paolo Giorgio Ferri dovrebbe essere assunto come un dovere alla sua memoria, non culto delle sue ceneri ma custodia di quel fuoco etico e civile che sempre ha guidato il “Magistrato dell’archeologia rubata“. 

Note

1) Paolo Giorgio Ferri, Ars grata legi, in L’arte di salvare l’arte. Frammenti di storia d’Italia, catalogo della Mostra organizzata in occasione del 50° anniversario dell’istituzione del Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale 1969 – 2019, De Luca Editori d’Arte, Roma, 2019, p. 29. 

2) Paolo Giorgio Ferri, Ars grata legi, pp. 33-34. 

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