C’è un destino che sembra accomunare le dimore prestigiose del Piemonte: l’illecita rimozione e la sostituzione di opere d’arte originali con dei falsi. Dopo qualche mese dalla pubblicazione del mio pezzo sul maggiordomo infedele, tocca tornare in argomento.
I Carabinieri dell’Arte, coordinati dalla Procura di Vercelli, grazie al contributo determinante dei funzionari della Soprintendenza – probabilmente senza ricorrere allo spiritismo – hanno recuperato e restituito alla pubblica fruizione quindici tele di Pier Francesco Guala (1698-1757) e una pala d’altare raffigurante l’Assunzione della Vergine di Aimo Volpi (1491-1528), che in origine ornavano i locali e la cappella gentilizia del castello di Camino (AL), splendido maniero medievale dominante tra le colline del Monferrato e sottoposto a vincolo di tutela sin dal 1937.
Una notizia che ha varcato i confini regionali, perfino rilanciata dal TG1 in prima serata.
Come per la vicenda precedente, non mancano le suggestioni romanzesche alla Walter Scott e quelle cinematografiche più popolari alla Harry Potter (ritratti parlanti, spiritelli volanti etc..). Per rispettare la trama tradizionale, infatti, anche in questo caso il castello ha il suo fantasma, quello di Camino: il conte Scarampo Scarampi. Il nobil signore fu decapitato dal governatore di Casale nel 1494; la moglie Camilla, alla notizia dell’uccisione del marito, morì di crepacuore: da allora si narra che i due coronati ectoplasmi vaghino per le stanze del castello.
Chissà cosa hanno pensato i due (fantasmi) quando sono spariti da sotto il loro naso alcune tele raffiguranti gli esponenti più illustri della schiatta e il pregiato trittico: diabolica magia! Intollerabile il fatto della sostituzione dei pregiati dipinti con delle fotografie: fatto che in altri tempi avrebbe costituito un’offesa suprema alla nobile dignità. Inutile, come sempre, cercare di carpire notizie dai Carabinieri: «guardi, per cortesia, legga il comunicato stampa» – mi hanno detto. Bocche cucite anche alla Procura di Vercelli. Indiscrezioni di altre fonti riferiscono invece di tentativi di vendita delle opere. Probabilmente anche in questo caso avrebbero varcato i confini nazionali, eludendo i controlli, forse per arricchire la dimora di qualche facoltoso collezionista, chissà!
Per fortuna sono state ritrovate e ricollocate al loro posto, ci accontentiamo di sapere questo. Confidiamo che il castello torni ai fasti passati attraverso iniziative che ne valorizzino il pregio… ma non solo: potrebbe diventare il set di un film, magari con Leonardo di Caprio che pare, anni addietro, fosse interessato all’acquisto. Attualmente il proprietario è un riservatissimo cittadino statunitense che ha recentemente affidato la gestione della proprietà a una persona di sua fiducia: il guardiano del castello.
Senza clamore, la “soprintendenza sabauda”, molto efficiente, pare si sia già attivata per il restauro delle tele. I ritratti dei cavalieri gerosolimitani, dei prelati, dei notabili di quella casata torneranno a splendere nella sala d’onore tra specchi dorati, velluti damascati, tappeti e mobili intarsiati.
La struttura tornerà a essere una fortezza, un posto sicuro dove i visitatori potranno apprezzare bellezze artistiche e paesaggistiche. Una conferma, ma anche il rinnovamento della stessa vocazione alla custodia del passato espressa nella primavera del 1943, quando il castello fu utilizzato come scrigno di documenti storici provenienti dall’Archivio di Stato di Torino, salvati così dai bombardamenti che flagellarono il capoluogo subalpino.
Sarà dunque nuovamente onorato l’antico motto del casato: MODVS ET ORDO. “Misura e ordine”: gli spiriti non dimenticano, a quanto pare perdonano senza maledizioni.
Opinionista