La “Crocifissione” che i ladri non sono riusciti a portarsi via

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Attribuita a Pieter Brueghel il Giovane, la Crocifissione è eseguita a tempera su 5 tavole di rovere delle dimensioni di cm 104.0×153.5. È balzata agli onori della cronaca per le travagliate vicende che l’hanno vista protagonista: è stata infatti nelle mire di ladri d’arte in un paio di occasioni e non a caso è tra le opere d’arte esposte a Castel Sant’Angelo in questi giorni, nella mostra Il mondo salverà la bellezza? Prevenzione e sicurezza per la tutela dei Beni Culturali.

La scoperta

L’attribuzione dell’opera alla scuola fiamminga è dei primi anni del Novecento, quando essa viene casualmente individuata dall’avvocato carrarese Vico Fiaschi, che racconta della sua scoperta in una lettera a Francesco Pellegrini nell’ottobre 1925.

Il documento è tratto dal blog “Ricordi”, di Enrico Marchi.

Chi verga la missiva non nasconde lo stupore per la presenza in una chiesa di provincia di un capolavoro di tale foggia. “[…] in una chiesetta di Castelnuovo Magra ho scoperto tempo addietro una tavola di scuola fiamminga raffigurante un ‘Calvario’, che non solo non era mai stata inventariata ma alla quale non attribuivano valore alcuno”.  E aggiunge: “Ora la tavola sarà portata a Firenze per una necessaria ripulitura e poi […] renderò nota la scoperta a mezzo del bollettino del Ministero (Ufficio Antichità e Belle Arti)”.  È convinto, l’Avv. Fiaschi, dell’attribuzione a Pieter Brueghel il Vecchio, nonostante sul retro dell’opera sia riportato un altro nome, quello di Luca di Lejda. L’entusiasmo resta grandissimo: “Insigni storici dell’arte mi assicurano che se il mio battesimo resulterà definitivo si tratterà senza fallo del più grande avvenimento d’arte di quest’anno in Italia. Una tavola di Brueghel ha un valore inestimabile! Ed io son più contento che se avessi vinto dieci cause!”.

La scena figurata e la sua interpretazione

Nel mezzo di un terreno falciato, la scena della crocifissione si staglia su uno sfondo roccioso e buio: a sinistra, si intravedono le mura fortificate di Gerusalemme e, a destra, la struttura di un grande castello. Alla sommità di una dolce collina c’è un campo di frumento mietuto a metà. Accanto a Gesù, a destra, è raffigurato uno dei ladroni, già crocifisso, mentre a sinistra alcuni uomini stanno issando la croce su cui si riconosce il secondo ladrone. Una grande folla di giannizzeri del Duca D’Alba, nobili di Spagna, vescovi di Roma, uomini, donne e bambini, occupa la zona inferiore del primo piano, nella tipica composizione connotante l’arte fiamminga di questa fase, mentre le pie donne sono raffigurate in secondo piano dietro la croce, a ridosso di un gruppo di folti alberi. Presenta una particolarità: una quarta croce sul Getsemani oltre a quelle tradizionalmente documentate. Al limite del campo, questa quarta croce è talmente gravata dal suo carico da dover essere puntellata. Secondo alcuni studiosi, essa rappresenterebbe la sottomissione del popolo fiammingo alla dominazione spagnola durante l’assedio di Gand, nell’ambito della Guerra degli Ottanta Anni (1568-1648).

L’artista

Come il quadro oggi a Castel Sant’Angelo, le tele di Brueghel il Giovane si caratterizzano per essere copia delle opere del padre, Pieter Brueghel il Vecchio. Nel nostro caso, siamo di fronte a una delle molte copie conosciute di un originale andato perduto e tuttavia menzionato in alcuni documenti. Il pittore e biografo Carel van Mander notò nel suo “Het Schilder-Boeck” (“Libro dei pittori”) del 1603/4 che Pieter Brueghel il Giovane (1564-1637/38), il figlio maggiore di Pieter Brueghel il Vecchio, era “abile nel copiare e imitare le opere del padre”, in particolar modo le rappresentazioni di scene contadine e di vita quotidiana. Questi temi popolari e cristiani cari a Brueghel il Vecchio, subivano però un rinnovamento nelle composizioni di Brueghel il Giovane, dimostrando un forte interesse empatico nei confronti di quel mondo contadino rispetto al padre che tendeva invece accogliere più il lato della drol fiamminga, cioè il lato comico e grottesco della classe contadina (metafora anche della semplice condizione umana sempre alla ricerca della sopravvivenza), senza particolari giudizi morali.

La provenienza e il luogo di conservazione

Non si conosce il percorso compiuto dell’opera per giungere in Italia.  Il dipinto proviene dalla chiesa della Maddalena di Castelnuovo Magra (La Spezia), edificio costruito nel XVII secolo laddove sorgeva la cappella castrense di età medievale.  Lo si vuole donato all’istituzione da una ricca famiglia e lì è stato conservato fino a epoche recenti. Pare che durante la Seconda Guerra Mondiale il quadro fosse stato nascosto per sottrarlo alla cupidigia dei nazisti, che a mani basse stavano razziando in Italia numerose opere d’arte.

La chiesa della Maddalena a Castelnuovo di Magra, La Spezia (Foto dal sito ufficiale del Comune).

I due furti

L’opera subisce un primo furto nella notte tra il 30 e il 31 gennaio 1979. Sarà ritrovata nel marzo successivo in seguito a una perquisizione effettuata dai Carabinieri all’interno di un appartamento di Genova.

Torna sotto i riflettori nel 2018. Nella tarda mattinata del 13 marzo, intorno alle 13, due uomini vestiti da operai e armati di mazzetta si introducono nella chiesa della Maddalena per portare via il quadro, scardinando la teca posta in corrispondenza della prima cappella della navata sinistra. Ad aspettarli all’esterno, alla guida di una macchina, il complice. Nel racconto dei testimoni, il quadro sarebbe stato caricato nell’auto in maniera maldestra: nella fuga rocambolesca, infatti, i ladri sarebbero ripartiti a tutta velocità lasciando lo sportello aperto. Quindi il colpo di scena: il quadro rubato è una copia, sistemata lì dai Carabinieri qualche tempo prima. Il particolare però, per esigenze investigative, viene taciuto per qualche ora, con il conseguente sconcerto manifestato dalla stampa nazionale e da quella internazionale, che diramano ignare la clamorosa notizia. Poi le dichiarazioni del sindaco, Daniele Montebello, che rassicura tutti sull’incolumità dell’opera: “Il quadro originale è stato sostituito da oltre un mese con una copia. Era cominciata a circolare la voce che qualcuno potesse rubare l’opera e i Carabinieri hanno deciso di metterla al sicuro, sostituendola con una copia e installando alcune telecamere. Oggi per esigenze investigative non potevamo svelare nulla. Ringrazio l’Arma e la mia comunità, perché qualche fedele si era accorto che quella esposta non era l’originale, ma non ha svelato il segreto”.

Sull’ultima vicenda di furto gli inquirenti hanno le bocche cucite. Pare, infatti, che le indagini per individuare i responsabili siano ancora in corso. Si mantiene il riserbo anche sul luogo presso cui è custodito il quadro, che dal momento del tentato furto non ha fatto più ritorno nella sua chiesa, con grande disappunto della comunità. Rendere la chiesa della Maddalena un luogo sicuro per accogliere un capolavoro preso di mira da criminali pronti a tutto non è un fatto semplice. Nel frattempo è possibile ammirarlo fino ai primi di novembre a Castel Sant’Angelo, nella mostra che testimonia l’attività dei Carabinieri nella tutela del patrimonio culturale.  

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