Castrum Inui, antico centro portuale fortificato sulla costa laziale
di Marina Humar
Nel territorio del comune di Ardea, a circa 40 chilometri da Roma, sorge un vasto complesso archeologico alla foce del fiume Incastro: Castrum Inui. Il castrum, secondo la leggenda, fu fondato da Latino Silvio, figlio di Ascanio e nipote di Enea, è citato anche da Virgilio nell’Eneide (libro VI, 775) insieme alle città di Nomentum, Gabii e Fidenae. Il complesso fortificato era posto sotto la protezione di Iunuus, figlio di Venere e di Giove, antica divinità laziale protettrice delle greggi e della fertilità dei campi, assimilabile a Fauno-Pan, Lupercus e Priapus. Probabilmente il luogo era nato come area sacra, dove approdò Danae principessa argiva, figlia del re di Argo, fondatrice di Ardea, in seguito fu fortificato e insieme a Lavinium divenne presidio per gli scambi commerciali tra Etruschi e Greci sul litorale laziale. Dalla costa si raggiungeva infatti l’entroterra risalendo il fiume Incastro allora navigabile.
Le prime indagini nell’area furono condotte nel 1998. In seguito furono tenute varie campagne di scavo, che riportarono alla luce un impianto portuale fortificato, in attività dal IV-III secolo a.C. fino al III secolo d.C. Questo impianto comprendeva numerose grandi costruzioni adibite ad attività commerciali e magazzini, un ricco impianto termale con ambienti decorati con pavimenti a mosaico e una vasta area sacra ancora più antica (frequentata dal VI secolo a.C. al III d.C.). Gli scavi nell’area hanno riportato alla luce strutture realizzate con diverse tecniche edilizie: le più antiche, in opus quadratum, sono in blocchi di tufo, altre evidenziano l’opus reticolatum, l’opus mixtum e l’opus latericium. Durante le campagne di scavo è stato possibile accertare la presenza di varie costruzioni e spesso sovrapposizioni.
Le vestigia più antiche riportate alla luce risalenti al VI secolo a.C. sono pertinenti a un grande santuario arcaico, nel quale sono stati rinvenuti reperti votivi coevi. Questo tempio, denominato B, è di tipo tuscanico in antis, testimonianza quasi unica in Italia per le grandi dimensioni (m 14,60 x 22), per lo stato di conservazione dell’alto podio con modanatura (m 1,55) e per la presenza di un alzato di circa due metri ancora ben conservato. Si accedeva al tempio attraverso una scalinata di cinque gradini rivolta in direzione di due altari scolpiti in peperino, databili tra IV e III secolo a.C. posti su una piazza pavimentata con lastroni di tufo, molto simili alle tredici are (VII-III secolo a.C.) rinvenute a Lavinium. Nel tempio sono riconoscibili due fasi costruttive: una arcaica risalente al VI secolo a.C. e una tardo-arcaica databile tra 490 e 480 a.C. A questa fase appartengono frammenti di decorazioni architettoniche in terracotta raffiguranti Combattimento tra Amazzoni e guerrieri e un’antefissa riproducente uomo barbuto indossante chitone. Gli scavi condotti sotto il podio e nella cella del tempio B hanno consentito di riportare alla luce una struttura sacra più antica, ancora ben conservata, tempio arcaico a forma di oikos, con cella quadrata di circa sei metri di lato e pronao inglobato nel podio del tempio B, che testimonia la continuità di culto nel sito.
Al tempio arcaico appartengono sicuramente materiali ceramici e frammenti di decorazione architettonica rinvenuti negli strati di riempimento sui quali fu innalzato successivamente il tempio B: frammenti di ceramica attica a figure nere, ceramica etrusco-italica e frammenti della decorazione del tetto del piccolo sacello, antefissa a testa femminile e lastra di rivestimento con cavalli e cavalieri. Si ipotizza che, nel III secolo d.C., sul podio del tempio B venisse realizzato un ninfeo e che il tempio fosse ristrutturato più volte fino a essere utilizzato come luogo di sepoltura.
Il tempio A, realizzato in tufo alla metà del II secolo a.C., è di dimensioni minori con cella unica, fu il primo a essere rinvenuto, presenta scalinata preceduta da area pavimentata sulla quale si alzano un altare e una struttura cubica in travertino, identificabile, secondo alcuni studiosi, con il thesaurus databile al III secolo a.C., utilizzato fino al II secolo d.C. Sotto la cella è stata ritrovata una stele con incisa la lettera V, da cui la possibile dedica del tempio a Veiove, divinità di origine italica o etrusca afferente al mondo sotterraneo, assimilabile a Plutone. Non è stato invece possibile identificare con certezza le divinità alle quali erano dedicati i templi A e B. Per proteggere tutta l’area sacra già nel IV-III secolo a.C. fu innalzata una cinta muraria fortificata, di cui sono state ritrovate varie vestigia in opus quadratum, tra cui la porta del castrum che si apriva verso il mare. Nei pressi del tempio B fu innalzato un piccolo sacello dedicato a Esculapio, risalente al I secolo d.C., davanti al quale si trova la base in travertino di un altare rettangolare; la cella in opus reticolatum aveva pianta rettangolare con pavimento a mosaico geometrico a tessere bianche e nere. All’interno della cella sono stati rinvenuti frammenti di cinque lastre architettoniche fittili Campana e statua acefala in marmo bianco alta cm 75 ca con himation e bastone attorno al quale si avvolge serpente, attributo di Esculapio.
Contemporaneamente al sacello furono realizzate infrastrutture portuali, moli e banchine lungo il fiume Incastro, horrea, tabernae, ambienti, che subirono modifiche e ampliamenti successivi e che furono utilizzati come uffici e dogana a testimonianza dell’importanza del sito quale centro commerciale. La vasta area termale, rinvenuta presso la porta del Castrum, presentaambienti riscaldati con pavimenti su suspensurae e tubuli nelle pareti per l’aria calda e numerose vasche, che fanno supporre si tratti di impianto termale pubblico e non privato. Sono state rinvenute molte condotte per il deflusso dell’acqua e due cisterne di notevoli dimensioni, che rifornivano tutta la zona. Successivamente le vasche vennero trasformate e riutilizzate come ambienti con funzioni diverse.
Plinio il Vecchio nella sua opera (Naturalis Historia, III, 5) riferisce che nell’area dove è stato riportato alla luce il sito di Castrum Inui, era presente un altro santuario di notevole importanza, che sorgeva tra Ardea ed Antium dedicato ad Afrodite marina, dea della navigazione, della fertilità e dell’amore. Secondo alcuni studiosi l’insediamento Castrum Inui e il santuario Aphrodisium rappresentano due appellativi con cui, in epoche diverse, era indicato lo stesso sito. L’area sacra e portuale di Castrum Inui nel corso dei secoli subì trasformazioni e ampliamenti fino al V secolo d.C. quando, a causa di un terremoto, molti edifici crollarono e il sito fu abbandonato e in parte ricoperto dal mare.
L’area archeologica è vincolata, ma non valorizzata, infatti non è aperta al pubblico tranne che in rare occasioni e i reperti sono depositati nei magazzini del museo delle Navi di Nemi. Al contrario a ridosso del sito negli anni ‘90 fu iniziata la costruzione di un complesso turistico immobiliare, le Salzare, composto da sette palazzine. Nel 2012-2013 tre di questi edifici sono stati demoliti, perché insistevano sull’area protetta e una quarta palazzina fu resa inagibile. Gli edifici rimanenti, acquistati dal Comune di Ardea, sono stati lasciati in stato di abbandono e occupati abusivamente da famiglie Rom.
Nonostante gli abitanti del luogo abbiano presentato molte denunce formali ed esposti per il degrado, per i frequenti incendi e l’evidente emergenza igienico-sanitaria in cui si trova tutta la zona, nessun provvedimento è stato ancora preso dall’amministrazione comunale, che si giustifica affermando che mancano i fondi per la bonifica del territorio.
Da Vespertilla. Periodico romano di approfondimento culturale: arti, lettere, spettacolo, Anno XVII n. 3-4 maggio-giugno-luglio-agosto 2020.
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