di Marina Humar
Al XXI miglio della Cassia antica, via consolare romana che congiungeva Roma a Florentia (oggi Firenze), si trovano i resti della Mansio ad Vacanas, una stazione di posta romana costruita nel I secolo d.C. su strutture d’epoca repubblicana. Il nome ad Vacanas o Baccanas deriva dalla vicinanza della mansio alla valle del Baccano, che era stata formata da un antico lago vulcanico impaludato e definitivamente prosciugato nel 1838 con la costruzione di un canale detto fosso maestoso per volere della famiglia Chigi. Baccano era uno dei laghi incastonati nel sistema collinare Sabatino, insieme al lago di Bracciano, di Martignano e di Stracciacappa.
Tra il lago di Baccano e il lago di Martignano vi era una tagliata etrusca, che metteva in comunicazione le due vallate. Si pensa che il nome Baccano derivi dalla presenza di un antico tempio dedicato a Bacco, che però non è stato finora ritrovato. Nel novembre del 1979, durante i lavori di ampliamento della moderna strada statale Cassia, fu riportato alla luce un tratto di basolato dell’antica via romana perfettamente integro. Questo ritrovamento ha confermato i dati indicati sulla Tabula Peutingeriana, copia medioevale del XII-XIII secolo di un’antica carta romana che riportava i tracciati di tutte le vie militari dell’impero romano. La Cassia, che presumibilmente prese il nome dal console del 171 a.C. Caius Cassius Longinus, era l’unica via consolare che cominciava dall’innesto con un’altra via, la Flaminia, all’altezza di Ponte Milvio, a differenza delle altre strade che partivano tutte dal miliarium aureum del Campidoglio. Al XXI miglio della via Cassia fu costruita una stazione di posta per offrire un’area di sosta ai viaggiatori diretti verso l’Etruria settentrionale.
In seguito ai sondaggi della Soprintendenza Archeologica per l’Etruria meridionale sul lato occidentale del tratto di basolato rinvenuto, nel 1981 iniziarono gli scavi archeologici. Furono riportati alla luce resti del foro, lastricato con blocchi di tufo e circondato da un porticato con colonne e altre vestigia che probabilmente appartenevano a una caserma e a una locanda. La mansio ad Vacanas fu edificata nel I secolo d.C. e rimase in uso fino al V secolo d.C.
Dopo l’abbandono del complesso, tra fine VI – inizi del VII secolo, l’area fu sommersa forse dallo straripamento del lago causato da un lungo periodo alluvionale che interessò tutta l’Italia centrale, infatti per questo motivo il sito fu ritrovato sotto uno strato di sabbia lacustre profondo da due a quattro metri. Sul basolato dell’antica via si affacciavano diversi ambienti, forse tabernae per i viaggiatori che trovavano anche un impianto termale. Gli scavi, anche se parziali, hanno riportato alla luce numerosi ambienti: un cortile con pavimento in opus spicatum sul quale si aprivano una serie di bagni, degli hypocausta – sistemi di riscaldamento nel pavimento e nelle paretie due ambienti di servizio con praefurnia per produrre acqua calda e vapore per tepidarium e calidarium. Vi erano altri ambienti con suspensurae e canalette di scolo per le acque.
La zona a settentrione dello scavo è la meglio conservata. Si accede al complesso termale attraverso l’apodyterium, spogliatoio, che conserva alle pareti nicchie per gliabiti, il tiepidarium, con mosaico pavimentale di età severiana a tessere bianche e nere raffigurante delfini tra le onde, il calidarium con pavimento ricoperto da mosaico a tessere bianche e nere, il frigidarium con pareti rivestite da marmi di Luni. La mansio, oltre alla zona riservata ai viaggiatori, doveva avere l’area per i cavalli con stalle e rimesse, una piazza, forse porticata, per il mercato e una caserma per i soldati. In età augustea lungo le vie consolari, ogni venti miglia, 32 kilometri che corrispondevano a una giornata di viaggio apiedi, furono create delle mansiones per ospitare durante la notte i funzionari pubblici o i dignitari in viaggio per affari con il loro seguito di schiavi. Questi potevano usufruire di cubicoli con bagno singoli o di terme pubbliche. Per i viaggiatori comuni vi erano locande e tabernae. Lungo le consolari, come punto di ristoro e per il cambio dei cavalli o dei muli, dei carri e delle carrozze vi erano le mutationes. Anche l’Itinerarium Antonini, il registro di tutte le mansiones e le distanze tra le località che si trovavano lungo le strade dell’impero romano e molti altri itinerari antichi riportano la presenza della mansio ad Vacanas lungo la via Cassia. Questo complesso fu ristrutturato già all’inizio del II secolo. Della prima fase edilizia restano mura in opus reticolatum, successivamente invece fu utilizzata l’opus caementicium, ulteriori interventi si ebbero nel IV secolo quando fu utilizzata l’opus vittatum.
Un’ulteriore testimonianza della presenza di una mansio sulla via Cassia si ritrova negli Acta Sancti Alexandri, passio scritta nel V-VI secolo da prete Adone, che, con precisi riferimenti topografici a quel luogo, parla del martirio di S. Alessandro, vescovo di Baccano. Questi fu dapprima gettato nella fornace delle terme della mansio, ne uscì illeso e fu decapitato presso la colonna miliare del XXI miglio della via Cassia. Secondo la tradizione S. Alessandro fu sepolto in un cimiterium a poca distanza dal luogo del suo martirio. Nella metà del IV secolo Papa Damaso (366-384) fece erigere una chiesa sulla sua tomba, una cryptam condignam considerata il primo edificio cristiano della zona, ma non è mai stato rinvenuto, anche se nella bolla di papa Leone IV del 1053 era confermata ai canonici di San Pietro, tra le altre proprietà, l’ecclesia Sancti Alexandri quae est in Baccani. La stazione di posta ad Vacanas caduta in disuso, fu abbandonata e spogliata di tutti i materiali utili per realizzare nelle vicinanze un piccolo centro abitato, il Burgus Baccanus, che rimase attivo fino all’XI secolo quando gli abitanti si trasferirono nell’odierno paese di Campagnano. Del borgo non resta più nulla, l’unico ritrovamento sono due pilastrini forse pertinenti alla basilica del martire Alessandro.
Nel medioevo vi sono ancora testimonianze della Valle di Baccano come luogo di sosta citato negli itinerari dei pellegrini che si recavano a Roma, percorrendo la via Franchigena. Adesso è possibile visionare i materiali rinvenuti negli scavi della mansio ad Vacanas, esposti nel museo civico archeologico di Campagnano, ospitato a Palazzo Venturi. Oggetti di vita quotidiana, materiali ceramici di uso comune, brocche e tazze di età repubblicana e prima età imperiale, frammenti di terra sigillata, ceramica africana da cucina, frammenti di anfore soprattutto del I secolo d.C. lucerne, coltelli da macellaio in metallo, frammenti di vetro, rinvenuti nella zona delle tabernae. Una vetrina è dedicata agli oggetti femminili: spille per raccogliere i capelli in osso e in bronzo, perline di collane, bracciali e anelli in bronzo, spatolina per il trucco. Tra gli oggetti in marmo, una testina di putto in marmo lunense e un trapezophorum in marmo grigio (cm 88 x 23 x 18) decorato nella parte frontale della colonnina con busto di fanciullo che tiene nella mano destra un pomo. L’acconciatura consente una datazione all’inizio del I secolo a.C. Peccato che questo piccolo museo sia aperto solo l’ultima domenica del mese, perché meriterebbe più considerazione e pubblicità data l’importanza dei reperti esposti.
[Da Vespertilla. Periodico romano di approfondimento culturale: arti, lettere, spettacolo, Anno XVII n. 3-4 maggio-giugno-luglio-agosto 2020].
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