La collezione d’arte di Casa Martelli: dalla sua costituzione alla “caccia al tesoro”
C’era una volta a Firenze una ricca galleria di opere d’arte curata e accresciuta nei secoli dalla famiglia Martelli. Tutto ha inizio attorno al 1669 quando la nobile casata di banchieri costituisce il primo nucleo di cinquantatré dipinti, si celebrano le nozze tra Niccolò Martelli (1634-1711) e Teresa di Carlo Gerini, e prende avvio l’unificazione e la grande ristrutturazione del palazzo in via della Forca, ora via Ferdinando Zannetti, dopo che il Senatore Marco (1592-1678), padre di Niccolò, aveva ampliato la proprietà acquisendo altri edifici attigui. Il carismatico capofamiglia tuttavia non vede conclusa l’opera perché i lavori sui 5.000 metri quadri termineranno solo ottant’anni più tardi con gli interventi, dal 1738, dell’architetto Bernardino Ciurini, dei pittori Vincenzo Meucci, Bernardo Minozzi e Niccolò Contestabile e dello stuccatore Giovan Martino Portogalli che collaborano alla realizzazione e alla decorazione dell’immobile che ancora oggi vediamo.
Nel 1704 Niccolò Martelli entra in possesso di altri trentuno dipinti appartenuti alla collezione di Gaspar De Haro y Guzmán, marchese di El Carpio e viceré di Napoli, che, caduto in disgrazia «per amore del gioco», deve rientrare di un debito contratto proprio con il banchiere.
I quasi due secoli, che vanno dalla seconda metà del Seicento fino ai primi trent’anni dell’Ottocento, si caratterizzano per essere stati una lunga stagione di buoni affari e di grandi ricchezze, che concorrono a incrementare notevolmente la raccolta. Ciò è in parte dovuto al forte attivismo collezionistico dei Martelli, che li porta a viaggiare e ad attingere ai mercati d’arte di Venezia e Roma ma anche a quelli francesi e inglesi, e in parte al confluire di lasciti ed eredità importanti che contribuiscono non solo ad ampliare ma anche ad arricchire diversificando gli oggetti d’arte. In particolare nel 1753, con la morte dell’abate Domenico Martelli (1672-1753), arrivano da Roma più di sessanta quadri, tra dipinti sacri e bambocciate, paesaggi e vedute, e poi sculture e riproduzioni antichità classiche, ma anche libri, incisioni, mobili pregiati, reliquiari preziosi e oreficerie, tabacchiere e ancora porcellane giapponesi e sassone, molti dei quali facevano parte anche dell’eredità dello zio cardinal Francesco (1633-1717). Il gusto romano arriva così a Firenze.
Negli stessi anni, come lascito del canonico Bernardo Martelli, si aggiungono anche una statua marmorea raffigurante San Giovanni Battista e una patera bronzea, entrambi attribuiti a Donatello, e libri, disegni e incisioni, donati dall’arcivescovo Giuseppe Maria Martelli (1678-1741).
La collezione continua ad arricchirsi, anche grazie all’unione in matrimonio di Niccolò (1778-1853) e Caterina dei Ricci che porta con sé dipinti e oggetti della sua famiglia, e ad assumere un nuovo profilo con l’allestimento curato da Marco (1740-1813) e l’istituzione di un Gabinetto di Belle Arti, sulla moda che si andava diffondendo nelle capitali dell’Europa illuminista. Ma la stagione del benessere e dell’accumulo di opere d’arte incomincia ad incrinarsi sotto i colpi della rivoluzione industriale e dei cambiamenti sociali: complice anche un certo disinteresse che dimostrano Marco (1810-1866) e Alessandro (1812-1904) iniziano le prime vendite di pezzi della raccolta fino al configurarsi di una incessante emorragia, data dalle cessioni, dalle divisioni patrimoniali e purtroppo anche dai numerosi furti, che nel corso del tempo ridimensionerà irrimediabilmente la galleria e che accompagnerà la lenta ma graduale estinzione anche della nobile casata che aveva avuto origine nel Quattrocento.
È solo nel primo decennio del Novecento che lo Stato italiano comincia ad intervenire a tutela del patrimonio artistico dei Martelli: con due dichiarazioni d’interesse culturale su alcune opere, la prima notificata nel 1904 e la seconda nel 1910, inizia il delicato e lungo percorso che porterà – non senza “perdite” eccellenti come, ad esempio, un David marmoreo non ultimato di Donatello, conservato dal 1942 nella National Gallery di Washinghton – a vincolare anche il palazzo nel 1940 e solamente nel 1989 alla notifica d’insieme sia sull’immobile e sia sulla collezione “superstite”. Il 12 luglio 1996 il palazzo e la raccolta vengono donati allo Stato che li accetterà nel 1998. Segue un decennio di studi, progettazione e minuziosi restauri che puntano a restituire planimetrie, pavimenti e volte originali.
Sul finire del 2009 avviene l’apertura al pubblico della casa-museo Martelli e della sua galleria che «oggi rappresenta l’ultimo esempio fiorentino di raccolta costituita fra Sei e Settecento in mano pubblica, ricca di capolavori come l’Adorazione del Bambino, di Piero di Cosimo, i due pannelli nuziali del Beccafumi, le magnifiche tele di Luca Giordano e Salvator Rosa, ma anche di oggetti, di mobili e di tappezzerie e decorazioni antiche». Un gioiello che però è disponibile (gratuitamente) solo il sabato mattina, grazie a quattro visite guidate, e questo non contribuisce certamente né a sottrarlo dall’oblio né a rendergli l’onore che meriterebbe.
Nel 2020 l’Associazione degli Amici dei Musei di Palazzo Davanzati e Casa Martelli ha lanciato una piattaforma per far decollare un progetto di ricerca, aperto ai cittadini, agli appassionati e agli studiosi, per rintracciare le opere d’arte e gli oggetti preziosi appartenuti alla famiglia Martelli e dispersi nei diversi rivoli del Novecento. Una «caccia al tesoro» con l’intento di «ricostruire, fisicamente e virtualmente – avvalendosi anche delle soluzioni più innovative – l’aspetto della dimora e dei sui arredi e usi nel corso dei secoli», a partire dalla costituzione di un archivio digitale che possa restituire «l’aspetto e la socialità della Casa». L’Associazione mette a disposizione nella timeline un elenco e una galleria fotografica delle opere certamente rubate nel 1992, un catalogo figurato della consistenza dei quadri che erano appesi alle pareti di Casa Martelli e un elenco dei quadri della Galleria, strumenti preziosi per possono aiutare i novelli “cercatori d’arte”: la caccia è aperta!
Dopo la laurea a Trento in Scienze dei Beni Culturali, in ambito storico-artistico, ho “deragliato” conseguendo a Milano un Perfezionamento in Scenari internazionali della criminalità organizzata, un Master in Analisi, Prevenzione e Contrasto della criminalità organizzata e della corruzione a Pisa e un Perfezionamento in Arte e diritto di nuovo a Milano. Ho frequentato un Master in scrittura creativa alla Scuola Holden di Torino. Colleziono e recensisco libri, organizzo scampagnate e viaggi a caccia di bellezza e incuria.