L’Italia chiede formalmente la restituzione del Doriforo di Stabiae, oggi esposto al Minneapolis Institute of Art
In data odierna la Procura della Repubblica di Torre Annunziata ha avanzato alla competente Autorità Giudiziaria degli Stati Uniti d’America una richiesta di assistenza giudiziaria internazionale per l’esecuzione del decreto di confisca, emesso in data 18/1/2022 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Torre Annunziata, su richiesta della stessa Procura, della statua romana del Doriforo di Policleto proveniente da scavi clandestini effettuati nel territorio di Castellammare di Stabia, esportata all’estero illegalmente e attualmente esposta al Minneapolis Institute of Art di Minneapolis nel Minnesota.
La rogatoria è finalizzata a ottenere la restituzione della suddetta statua all’Italia. Si tratta di un’opera di eccezionale valore storico ed artistico, riconosciuta in termini unanimi dal mondo scientifico come la più preziosa copia romana dell’originale greco in bronzo, dal valore inestimabile, che risulta acquistato dal MIA per un pezzo dichiarato di 2,5ML di dollari. La richiesta di rogatoria internazionale è stata formulata in base ai trattati di mutua assistenza in materia penale tra il governo della Repubblica Italiana il Governo degli Stati Uniti d’America, stipulati a Roma il 9/11/1982 e il 3/5/2006 e all’Accordo sulla mutua assistenza giudiziaria tra l’Unione Europea e gli Stati Uniti d’America stipulato il 25/6/2003.
I reati per cui si procede sono quelli di cui agli articoli 648 del c.p., 174 e 176 del Decreto Legislativo n. 42 del 22 gennaio 2004 che prevedono rispettivamente i delitti di ricettazione, illecito trasferimento all’estero ed impossessamento di cose di interesse artistico, storico e archeologico.
Le indagini espletate consentono di affermare con assoluta certezza la provenienza illecita della statua del Doriforo e la sua appartenenza al patrimonio dello Stato Italiano. Le complessive risultanze investigative dimostrano infatti che la statua attualmente esposta al Minneapolis Institute of Art proviene da scavi archeologici clandestini effettuati a Castellammare di Stabia tra il 1975 e il 1976 e quindi ascrivibile al patrimonio indisponibile dello Stato Italiano. Era stata offerta in vendita al MIA dal trafficante internazionale di opere d’arte di Basilea, Elie Boroswki, e nel 1984 era stata acquistata dal suddetto museo statunitense al prezzo complessivo di 2,5ML di dollari nel dicembre del 1985, dopo un primo acconto di 800.000.
La confisca prevista come obbligatoria dall’articolo 174 del D.Lgs. 42/ 2004 è stata disposta all’esito di una più ampia attività di indagine espletata dai Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale di Napoli e del gruppo di Torre Annunziata e coordinata dalla Procura della Repubblica di Torre Annunziata, finalizzata ad accertare l’esistenza di condotte criminose di ricettazione di esportazione di opere d’arte di notevole importanza storico artistica, trafugate dal comprensorio archeologico di Pompei e Castellammare di Stabia.
Già in precedenza nell’ambito della medesima indagine era stata accertata l’esportazione illegale all’estero di cinque pannelli affrescati provenienti dalla villa romana di Numerius Popidius Florus a Boscoreale da attualmente esposti al Paul Getty Museum di Malibu a Los Angeles, per i quali pende un’altra richiesta di assistenza giudiziaria internazionale formulata dalla procura di Torre Annunziata. Le acquisizioni investigative hanno evidenziato che l’esportazione di affreschi su indicati venne organizzata e gestita dal trafficante internazionale di opere d’arte Elie Borowski, dal quale il museo statunitense di Malibu ebbe ad acquistare i suddetti affreschi. Nel corso dell’attività investigativa è emerso che Borowski aveva avuto un ruolo anche nell’esportazione legale della statua romana del Doriforo di Policleto.
Del Doriforo di Stabia si era già interessato il giornalista Achille D’Amelia con un reportage televisivo dal titolo “L’emigrante di Pietra”, trasmesso nell’aprile del 1980 nell’ambito del TG2.
Nel corso del reportage televisivo un testimone dei fatti riferì che la statua del Doriforo, all’epoca esposta nel museo di Monaco, proveniva da scavi archeologici clandestini effettuati a Castellamare di Stabia tra il 1975 ed il 1976 ed era stata venduta illegalmente al trafficante di opere d’arte Elie Borowski, che ne aveva organizzato e diretto l’esportazione illegale all’estero, offrendo in vendita la statua al Museo di Monaco.
Il testimone era in possesso di fotografie in cui si mostrava la statua ancora scomposta in quattro pezzi e dunque prima di essere restaurata.
Dall’analisi di dette foto, operata dalla Soprintendenza Archeologica delle Province di Napoli e di Caserta, è emerso che i pezzi della statua erano ancora ricoperti di terriccio, a riprova della provenienza della stessa da scavi clandestini e non da un rinvenimento in mare.
All’esito degli approfondimenti investigativi, la Procura della Repubblica di Torre Annunziata ha richiesto una prima attività di commissione rogatoria internazionale all’Autorità Giudiziaria di Monaco di Baviera, ove la statua del Doriforo era stata esposta nel 1980 con la didascalia “Doryphoros aus Stabiae” (ovvero “Doriforo da Stabia”), al fine di accertare chi l’avesse offerta in vendita al museo tedesco e se, all’atto della esposizione nel museo di Monaco, fossero stati prodotti ed acquisiti documenti relativi alla provenienza lecita della statua.
Dalla rogatoria è emerso che già negli anni passati, quando la statua era ancora esposta nel museo di Monaco, vi erano state visite di funzionari italiani, essendo sorti dubbi sulla provenienza lecita della stessa. Si aveva modo di apprendere, infatti, presso l’Autorità Giudiziaria di Monaco, che, in precedenza, erano già state espletate, dalla Procura della Repubblica di Napoli, attività investigative finalizzate a chiarire la provenienza del Doriforo, che avevano condotto ad una richiesta di commissione rogatoria internazionale sia all’Autorità Giudiziaria di Monaco di Baviera sia all’Autorità Giudiziaria degli Stati Uniti d’America.
Nell’ambito delle pregresse indagini, l’Autorità Giudiziaria italiana aveva chiesto e ottenuto, con commissione rogatoria internazionale, l’effettuazione di alcune analisi scientifiche sulla statua, le quali dimostrarono che il Doriforo esposto a Monaco di Baviera non presentava alcuna concrezione marina che potesse suffragare la tesi di un suo precedente recupero in mare.
Nel corso del suddetto procedimento l’Autorità Giudiziaria italiana aveva chiesto ed ottenuto altresì il sequestro probatorio della statua che in quel momento si trovava esposta all’Antikenenmuseum di Monaco, sequestro che, dopo essere stato disposto in data 3.02.1984 dal Procuratore di Stato del Tribunale di Monaco di Baviera, era stato poi revocato in data 27.06.1985 dal Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Monaco di Baviera.
Dai documenti trasmessi dall’Autorità Giudiziaria degli U.S.A., è emersa l’esistenza di un articolato carteggio intrattenuto dai responsabili del tempo del Minneapolis Institute of Art per valutare l’opportunità dell’acquisto della statua, i relativi termini economici, nonché i rischi legali derivanti dall’evidente natura clandestina del reperto e dalle vicende giudiziarie già in corso, ed infine il prestigio ed il salto di qualità che il museo avrebbe ottenuto con l’acquisto del prezioso reperto.
Le missive riguardavano sia le trattative direttamente condotte con il Borowsky, sia le valutazioni e le considerazioni che i vari organismi interni al museo di Minneapolis espressero con riferimento all’opportunità di procedere all’acquisto della statua, al suo prezzo e alle criticità collegate alla sua provenienza.
Dal suddetto carteggio è emerso come il MIA fosse consapevole della provenienza clandestina della statua, e, in particolare, del sequestro della stessa originariamente disposto dall’Autorità Giudiziaria di Monaco su richiesta dell’Italia e delle pretese che erano state avanzate dallo Stato Italiano per ottenerne la restituzione.
Nel carteggio trasmesso dalle Autorità Statunitensi figura, infatti, un foglio manoscritto non firmato, del quale si riporta di seguito il contenuto, in cui si fa esplicitamente riferimento all’origine delittuosa della statua ed al furto della stessa avvenuta a Castellammare di Stabia:
“Michael, hai detto che Cooper e Pelagis pensavano che la statua proveniva sicuramente dalla terra
e non dal mare. Dovresti sapere che Paul Zanker, il distinto esperto delle copie romane conviene con questo. Ora guarda la testa e vedi se quelli non sono segni di radici vero? Se è così che proviene dalla terra è meglio non dirlo o il vecchio furto di Castellammare potrebbe nuovamente tornare a galla, Zanker ha consigliato di non toccare un reperto così caldo.
Saluti Mike”.
Lo stesso Museo di Minneapolis ha recentemente confermato la provenienza campana del reperto archeologico di cui trattasi. In una mail inviata il 29.04.2021 da Frederica Simmons, funzionaria del predetto istituto (curatorial department assistant for the Department of Decorative Arts, Textiles, and Sculpture at the Minneapolis Institute of Art), a Gabriel Zuchtriegel, attuale direttore del parco Archeologico di Pompei, la Simmons ha affermato che il Doriforo esposto a Minneapolis era stato rinvenuto al largo della zona vicino Napoli, attorno agli anni ’30, prima di essere esportato a Lugano (Svizzera).
Le indagini effettuate hanno escluso l’asserita provenienza “marina” del Doriforo, come dimostrato dalle foto della statua, ancora suddivisa in quattro pezzi, che evidenziavano (come indicato nella relazione della Soprintendenza Archeologica delle Province di Napoli e Caserta) la presenza di incrostazioni di terreno e tracce di pudici vegetali, del tutto incompatibili con un rinvenimento in mare del reperto e probanti il suo rinvenimento a seguito di uno scavo clandestino. Analoghe conclusioni venivano formulate da direttore pro tempore dell’ufficio scavi di Stabiae, Mario Pagano, in una nota del 6 marzo 2001.
A riscontro della provenienza da scavi clandestini della statua in questione, i Carabinieri del Comando Tutela Patrimonio Culturale hanno accertato che non è mai stata autorizzata dalla competenti autorità italiane l’esportazione all’estero di una statua romana copia del Doriforo di Policleto.
[Fonte: Procura della Repubblica di Torre Annunziata].
The Journal of Cultural Heritage Crime (JCHC), con sottotitolo L’Informazione per la Tutela del Patrimonio Culturale, è una testata giornalistica culturale, registrata presso il Tribunale di Roma con n. 108/2022 del 21/07/2022, e presso il CNR con ISSN 2785-7182. Si configura sul web come contenitore di approfondimento, il primo in Italia, in cui trovano spazio i fatti che quotidianamente vedono il nostro patrimonio culturale minacciato, violato e oggetto di crimini. I fatti sono riportati, attraverso un linguaggio semplice e accessibile a tutti, da una redazione composta da giornalisti e da professionisti del patrimonio culturale, esperti nella tutela. JCHC è informazione di servizio, promuove le attività di contrasto ai reati e sostiene quanti quotidianamente sono impegnati nella attività di tutela e valorizzazione del nostro patrimonio culturale.