La Russia esclusa dall’UNESCO. La richiesta dell’Ucraina alla luce dei trattati internazionali
Lo scorso 1 aprile si è tenuta a Strasburgo la prima Conferenza dei Ministri della Cultura del Consiglio d’Europa dall’inizio del conflitto in Ucraina che ha portato all’esclusione della Federazione Russa dallo stesso Consiglio. Presieduta dal Ministro Dario Franceschini, la Conferenza era dedicata al tema Creating our future: Creativity and cultural heritage as strategic resources for a diverse and democratic Europe.
La sessione ha affrontato anche la questione del conflitto ucraino, sfociando quindi nella redazione di una Declaration on the Russian Federation’s aggression against Ukraine in cui si afferma la volontà, in seno al Consiglio, di impegnarsi a:
- assistere l’Ucraina, se necessario, nell’affrontare le minacce al suo patrimonio culturale e la sua urgente conservazione utilizzando tutte le possibilità offerte dalle convenzioni del Consiglio d’Europa e dal quadro giuridico e tecnico nel settore della cultura e del patrimonio culturale, nonché nei futuri piani d’azione per l’Ucraina;
- elaborare, in collaborazione con le pertinenti organizzazioni internazionali, un programma di rafforzamento di capacity building per proteggere il patrimonio culturale mobile, immobile e immateriale che è messo a rischio dalla guerra;
- sostenere gli artisti, i professionisti culturali, del patrimonio e creativi e gli scienziati dell’Ucraina colpiti attraverso programmi di cooperazione culturale;
- fornire supporto e protezione agli sfollati dall’Ucraina impegnandosi con loro nel dialogo interculturale;
- sostenere iniziative per organizzare un “Anno europeo della cultura ucraina”, coinvolgendo anche gli sfollati dall’Ucraina, nello spirito sia della Convenzione culturale europea che della Convenzione di Faro;
- continuare il nostro forte impegno a sostegno delle arti e altre forme di espressioni culturali come componenti importanti della nostra resilienza collettiva che contrasta i conflitti e la violenza in Ucraina e non solo;
- aumentare gli sforzi per proteggere e promuovere la democrazia e i diritti umani attraverso il dialogo interculturale tra gli Stati membri del Consiglio d’Europa e i paesi vicini.
LA PROPOSTA UCRAINA DI ESCLUSIONE DELLA RUSSIA DALL’UNESCO
L’Ucraina ha partecipato alla Conferenza non come ospite ma come membro, essendo infatti il Consiglio d’Europa estraneo all’Unione europea e non va confuso con gli organi di quest’ultima quali il Consiglio dell’Unione europea o il Consiglio europeo. Presenta in collegamento alla Conferenza era il Ministro ucraino della Cultura e della Politica di Informazione, Oleksander Tkachenko, il quale ha denunciato la violazione della Convenzione sulla protezione dei beni culturali nei casi di conflitto armato sottoscritta a L’Aja nel 1954, adducendo, come riportato da AgCult, esserci stati «135 episodi di crimini contro la cultura in dieci regioni dell’Ucraina: sono soprattutto le chiese che hanno sofferto, 59 chiese, moschee e sinagoghe, 58 oggetti del patrimonio sono stati distrutti o danneggiati, 25 tra edifici, monumenti, steli, sculture, 12 musei sono stati danneggiati, cinema, biblioteche, etc…».
Secondo l’UNESCO, che sta lavorando per l’apposizione dello Scudo Blu della Convenzione de L’Aja del 1954 su diversi siti ucraini, sarebbero 53 i monumenti, anche di natura religiosa, ad essere stati danneggiati o distrutti dall’inizio del conflitto, ma senza alcuna ulteriore specifica. Nelle settimane passate il presidente di Blue Shield International, Peter G. Stone, alla stampa spagnola di el Diario ha evidenziato che vi sarebbero diversi casi segnalati di attacchi intenzionali al patrimonio culturale in attesa di essere verificati in modo indipendente, e in tal senso ha sottolineato la necessità di inviare urgentemente una missione in Ucraina per verificare le notizie senza che prove importanti possano essere disperse. Su questo punto è necessario tenere in considerazione come la Convenzione de L’Aja, che tutela i beni culturali durante i conflitti armati, ponga anche delle eccezioni al generale divieto di aggressione e di esposizione a pericolo dei beni culturali qualora sussistano determinate condizioni: per quanto dolorosa ed esecrabile, non ogni fatto di danneggiamento o distruzione è ascrivibile ad una violazione di una norma di diritto internazionale e non ogni episodio di danneggiamento e distruzione di bene culturale durante un conflitto armato è definito dal diritto penale internazionale come crimine di guerra o crimine contro l’umanità. In ogni caso il ministro ucraino ha richiesto, per gli episodi denunciati durante conferenza di Strasburgo, l’esclusione della Federazione Russia dall’UNESCO.
RUSSIA E UCRAINA NEI TRATTATI UNESCO
La Federazione Russa è subentrata all’Unione Sovietica, scioltasi ufficialmente il 16 dicembre 1991, e fa parte dell’UNESCO. L’Unione Sovietica nel 1954 ha ratificato la Convenzione di Londra del 16 novembre 1945, che aveva costituito l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura, una delle istituzioni specializzate previste dall’art. 57 dello Statuto delle Nazioni Unite. Successivamente nel 1957 ha ratificato anche la Convenzione dell’Aja e il Primo Protocollo del 1954 e, nel 1988 la Convenzione concernente le misure da adottare per interdire e impedire l’illecita importazione, esportazione e trasferimento di proprietà dei beni culturali del 1970 e la Convenzione sulla Protezione del Patrimonio Mondiale culturale e naturale del 1972. Con lo scioglimento dell’URSS, nell’ambito delle convenzioni internazionali, le sono succedute la Federazione Russa ma anche la stessa Ucraina.
A differenza della Federazione Russa, che non ha sottoscritto ulteriori convenzioni UNESCO, l’Ucraina nel 2001 ha ratificato la Convenzione per la protezione del patrimonio culturale subacqueo dello stesso anno e nel 2005 la Convenzione internazionale per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale del 2003. Prima della sua dissoluzione l’URSS ottenne nel 1990 l’iscrizione nella World Heritage List di 5 siti dei quali uno si trova in Uzbekistan, tre in Russia ed uno in Ucraina. Attualmente l’Ucraina ha 7 siti nella World Heritage List (6 culturali e 1 naturale) di cui tre transnazionali e 17 nella Tentative list, la lista di siti di eccezionale valore che ciascuno stato membro appronta ai fini di una eventuale futura candidatura. Tra questi anche il Centro storico della città portuale di Odessa il cui sindaco, Gennadiy Trukhanov, incontrando qualche giorno fa i media internazionali, ha auspicato un’accelerazione nel riconoscimento UNESCO per difendere quanto più possibile la città, visto che il nomination form sarebbe completo già da circa due o tre anni. In questa pre-lista è inserito anche il Centro storico Chernihiv, città nel nord dell’Ucraina su cui l’UNESCO aveva espresso preoccupazione: a fine marzo, secondo il sindaco Vladyslav Atroshenko, dagli attacchi russi ne era stato distrutto il 70%. L’Ucraina ha anche una Città creativa, ma nessun sito con protezione speciale o rafforzata ai sensi della Convenzione de L’Aja del 1954, a ciò si aggiungono 8 riserve di biosfera del programma MaB. Sono invece 30 i siti iscritti nella World Heritage List della Federazione Russa: 19 culturali e 11 naturali, 28 nella Tentative list e 48 riserve di biosfera. La Federazione Russa, nella persona di Alexander Kuznetsov, presiede il Comitato del Patrimonio Mondiale, il cui prossimo meeting dovrebbe tenersi proprio nella città russa di Kazan il prossimo giugno.
ESPULSIONE E SOSPENSIONE DALL’UNESCO: IPOTESI PERCORRIBILI?
L’atto costitutivo dell’UNESCO prevede delle ipotesi di sospensione e di espulsione dello Stato Membro. Nello specifico è prevista (art. IV, par. 8 lett. b) la sospensione di voto in seno alla Conferenza generale per mancato adempimento agli oneri finanziari nei confronti dell’Organizzazione. Ma, in maniera più attinente alla questione che ci riguarda, rilevano le ipotesi di sospensione ed espulsione previste dall’art. II che disciplina la membership e in cui si specifica innanzitutto, al primo paragrafo, come “gli Stati Membri dell’Organizzazione delle Nazioni Unite hanno il diritto di far parte dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, le Scienze e la Cultura”. Al paragrafo 4 dell’art. II si dice che “Gli Stati Membri dell’Organizzazione sospesi dall’esercizio dei loro diritti e privilegi di membri dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, saranno, su domanda di quest’ultima, sospesi dai diritti e dai privilegi derivanti dalla loro qualità di membri”, mentre al successivo paragrafo 5 come “Gli Stati Membri dell’Organizzazione cessano ipso facto di essere membri qualora siano esclusi dell’Organizzazione delle Nazioni Unite”. Dall’esame dei paragrafi 4 e 5 dell’art. II dello Statuto UNESCO appare chiaro come non esistano autonome ipotesi di sospensione o di espulsione per specifiche violazioni di norme dell’UNESCO essendo infatti connesse e subordinate a provvedimenti di sospensione ed espulsione adottati dalle Nazioni Unite su cui l’UNESCO non ha prerogative di alcun tipo.
SOSPENSIONE ED ESPULSIONE DELLA FEDERAZIONE RUSSA DALLE NAZIONI UNITE
Ai sensi dell’articolo 5 della Carta delle Nazioni Unite, adottata per acclamazione a San Francisco il 26 giugno 1945, un membro delle Nazioni Unite contro il quale sia stata intrapresa, da parte del Consiglio di Sicurezza, un’azione preventiva o coercitiva, può essere sospeso dall’esercizio dei diritti e dei privilegi di un membro da parte dell’Assemblea Generale su proposta del Consiglio di Sicurezza. Le azioni preventive e coercitive sono quelle disciplinate dall’art. 39 ed hanno come presupposto “l’accertamento – da parte del Consiglio di Sicurezza – di una minaccia alla pace, di una violazione della pace, o di un atto di aggressione” a cui il Consiglio può far conseguire una raccomandazione o altre misure in conformità agli articoli 41 e 42 – vale a dire quelle implicanti o meno l’uso della forza armata – per mantenere o ristabilire la pace e la sicurezza internazionale. L’art. 41 della Carta delle Nazioni Unite dice che “Il Consiglio di Sicurezza può decidere quali misure, non implicanti l’impiego della forza armata, debbano essere adottate per dare effetto alle sue decisioni, e può invitare i membri delle Nazioni Unite ad applicare tali misure. Queste possono comprendere un’interruzione totale o parziale delle relazioni economiche e delle comunicazioni ferroviarie, marittime, aeree, postali, telegrafiche, radio ed altre, e la rottura delle relazioni diplomatiche”. Quindi, come sopra anticipato, ai sensi dell’art. 5 della Carta dell’ONU, lo Stato membro contro il quale il Consiglio di Sicurezza abbia intrapreso un’azione punitiva o coercitiva, può essere sospeso dall’esercizio di tutti i suoi diritti e privilegi in seno all’ONU con un’apposita deliberazione dell’Assemblea Generale adottata su proposta del Consiglio di Sicurezza, a cui cui compete poi in via esclusiva la eventuale revoca della sospensione. Tuttavia bisogna rilevare come nel 1964 si è avuta la sospensione del Sud Africa per le politiche di apartheid da parte dell’Assemblea Generale dell’ONU, senza che il Consiglio di Sicurezza avesse attivato misure preventive o coercitive come previste dalla Carta. Il Sudafrica fu poi anche sospeso dall’UNESCO.
Oltre alle ipotesi di sospensione la Carta delle Nazioni Unite, l’art. 6 prevede inoltre le ipotesi di espulsione di un membro che abbia persistentemente violato i principi della Carta stessa: anche in questo caso è necessaria l’adozione di uno specifico provvedimento da parte dell’Assemblea Generale su proposta del Consiglio di Sicurezza. La centralità del Consiglio di Sicurezza in ogni misura sanzionatoria pone come remota o comunque non di immediata percorribilità ogni proposta di esclusione della Federazione Russa dalle Nazioni Unite e dall’UNESCO poiché Mosca, quale membro permanente del Consiglio, gode del diritto di veto. Anche l’espulsione della Federazione Russa dal Consiglio di Sicurezza non sarebbe tecnicamente possibile, a meno che non la si escluda direttamente quale membro delle Nazioni Unite; cosa questa che, come si è visto, richiederebbe una proposta dello stesso Consiglio su cui la Russia potrebbe porre il veto. A questo dato meramente procedurale se ne aggiunge un altro: infatti se da un lato si invoca l’infrangimento dei principi di pace e non aggressione della Carta dell’Onu, Mosca d’altro lato contesta questa impostazione invocando l’articolo 51 che permette “il diritto di auto-difesa dei Paesi membri”.
I CASI DI ESPULSIONE E SOSPENSIONE DALL’UNESCO AVVENUTI IN PASSATO
L’UNESCO ha quindi strumenti sanzionatori e coercitivi molto limitati e soprattutto non autonomamente attivabili. In passato vi sono stati dei casi di uso (anzi, di abuso) dei poteri sanzionatori statutari applicandoli in ipotesi in cui ne mancavano presupposti e attraverso forme non previste, rendendoli giuridicamente illegali. Ad esempio le risoluzioni adottate dalla Conferenza generale dell’UNESCO nei confronti del Portogallo colonialista nel 1964, nel 1966 e nel 1968 e revocate soltanto nel 1974, o nei confronti del Sudafrica, o nei confronti confronti di Israele per le attività archeologiche nella città di Gerusalemme. Ma non si trattò di sospensioni effettive ma di altre forme di isolamento del membro all’interno dell’Organizzazione e la sospensione di diritti e privilegi in vario modo posti.
RITIRO DALL’UNESCO
Se nella Carta delle Nazioni non è prevista la possibilità per lo Stato membro di recedere unilateralmente dal vincolo associativo, nell’atto costitutivo dell’UNESCO è però prevista la possibilità che uno Stato membro possa ritirarsi dalla Organizzazione dopo averne dato avviso al Direttore generale, a decorrere dal 31 dicembre successivo. Ciò è già avvenuto con gli Stati Uniti ed il Regno Unito i quali, per protesta verso posizioni ritenute filosovietiche, si ritirarono dall’organizzazione rispettivamente nel 1984 e nel 1985, aderendovi nuovamente nel 1997 e nel 2003. Gli USA nel 2017 ne sono poi fuoriusciti nuovamente per protesta contro posizioni ritenute anti-israeliane, dopo che già nel 2011 avevano ridotto il proprio finanziamento all’UNESCO in ragione di una legge che proibirebbe di sostenere economicamente agenzie che riconoscono lo Stato palestinese.
Approfondimenti
- La protezione del patrimonio mondiale culturale e naturale a venticinque anni dalla convenzione dell’Unesco, M.C. Ciciriello (a cura di), Editoriale Scientifica, 1999.
- La tutela del patrimonio culturale in caso di conflitto armato, F. Maniscalco (a cura di), Massa Editore, 2002.
- Ius predae. La tutela dei beni culturali in guerra“, F. Maniscalco, Massa Editore, 1999.
- Diritto internazionale dei conflitti armati, N. Ronzitti, Giappichelli, 2017.
- Sanctions, Retorsions and Countermeasures: Concepts and International Legal Framework, T. Ruys in Research Handbook on UN Sanctions and International Law, L. van den Herik (a cura di), Edward Elgar Publishing, 2017.
- Sanzioni delle Nazioni Unite e organizzazioni regionali, M. Sassari, n. 4 della Collana Diritto internazionale, Diritto internazionale privato e dell’Unione Europea, RomaTrePress, 2020.
- I beni culturali tra realtà locale e globalizzazione, U. Leanza (a cura di), Società Italiana Protezione Beni Culturali, Edizioni Nagard, 2008.