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Le pieghe nascoste del mercato dell’arte: un focus a partire da “Dark Side of the Boom” di G. Adam

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(Tempo di lettura: 9 minuti)

Negli ultimi venti anni, le case d’asta più importanti al mondo hanno battuto, a cifre da capogiro, opere d’arte di assoluto pregio. E non solo quelle.

La corsa all’affare ha fatto gola a molti e ha portato a un fiorire di fiere ed eventi, con il conseguente aumento esponenziale della domanda di opere.

Basti pensare che, nonostante il difficile contesto sociale, economico e politico attuale, tra una pandemia globale e una guerra alle porte dell’Europa, le persone, sorprendentemente anche quelle della classe media, si sono avvicinate al mercato dell’arte, ritenendolo sicuro per i propri investimenti. E che questo sia nuovamente in forte espansione lo si evince dai risultati delle aste tenutesi in giugno a New York.

Ma cosa si nasconde dietro agli sfavillanti vernissage e ai cataloghi patinati? Georgina Adam, tra le più importanti esperte del settore, nel suo Dark Side of the Boom, edito da Johan&Levi Editore nel 2017 e aggiornato due anni più tardi, svela il lato oscuro del sistema dell’Arte attraverso interviste, dichiarazioni e testimonianze di nomi di spicco.

La copertina del libro

Gli eccessi seguiti al boom del mercato nel XXI secolo, in particolare negli anni più recenti, sono il frutto di alcuni fenomeni:

  1. La brandizzazione dell’arte e degli artisti;
  2. L’acquisto di opere d’arte come puro investimento o speculazione;
  3. La tentazione del falso e della truffa;
  4. La trasformazione del modo di produzione e di vendita delle opere.

Fenomeni verificatisi ad un preciso livello, quello più alto, nel complesso sistema del commercio di opere d’arte, dove i soldi girano in enorme quantità.

Qualche cifra?

Tra il 2005 e il 2015 il mercato dell’Arte ha quasi raddoppiato il suo volume d’affari, toccando i 63,3 miliardi di dollari per poi ripiombare a 56,6 nel 2016 con una contrazione sia delle vendite all’asta, sia di quelle compiute attraverso mediatori. Secondo The Art Market 2022, il report di Art Basel & UBS realizzato da Clare McAndrew di Arts Economics, è emerso che, dopo la più grande recessione degli ultimi 10 anni rilevata nel 2020, il mercato mondiale dell’Arte ha registrato una forte ripresa nel 2021, con vendite di arte e antiquariato (tramite dealer e case d’asta) che hanno raggiunto una cifra stimata di 65,1 miliardi di dollari, in aumento del 29% rispetto al 2020, con valori che superano anche i livelli pre-pandemia del 2019. Tutti i segmenti del mercato sono cresciuti nel 2021, ma il settore delle aste ha visto la crescita maggiore con vendite all’asta (pubblica) in aumento del 47%. Le private sale delle case d’asta sono aumentate di poco più di un terzo e il mercato dei dealer è cresciuto in valore del 18%.

Il problema, in questo tipo di industria, non è trovare acquirenti per un prodotto, ma opere appetibili da vendere, soprattutto sul mercato secondario che coinvolge opere messe in vendita una seconda volta o quelle di un artista non più vivente, il cui catalogo è limitato e non si può incrementare (almeno legalmente). Sul mercato primario, invece, l’offerta è teoricamente illimitata poiché gli artisti viventi producono nuove opere di continuo. In tal caso, però, giocano un ruolo chiave le gallerie che controllano il mercato dei loro artisti, “razionando” le opere disponibili così da mantenere alti prezzi e domanda. Per questo motivo le gallerie vogliono avere i magazzini sempre colmi, portando gli artisti, soprattutto famosi, a una sovrapproduzione di opere spesso fin troppo simili tra loro.

Non ci credete?

Date un’occhiata agli stand delle gallerie più importanti in qualunque fiera d’arte e troverete sicuramente una scultura a specchio di Anish Kapoor, una pila di biciclette di Ai WeiWei, una lepre saltellante di Barry Flannagan, qualche fotografia di George&George e l’onnipresente zucca di Yayoi Kusama.

Yayoi Kusama, All the Eternal Love I Have for the Pumpkins, 2016

Con i grandi artisti si riconosce uno stile giovanile, uno della maturità e uno tardo. Oggi accade che, se lo stile giovanile ha successo, questo venga ripresentato all’infinito.

La sovrapproduzione è favorita dalla tecnologia disponibile al giorno d’oggi e integrata nella pratica artistica. Ciò spiega anche un altro fenomeno, quello dell’appropriazione (o citazione). Duchamp, Warhol, Prince, Picasso, Koons… sono tanti gli artisti che ne hanno fatto una componente significativa della propria pratica artistica, ma nell’era di Internet qualcuno sembra abusarne.

E le dispute riguardanti “rielaborazioni” vengono discusse nei tribunali.

Si dà per scontato che, una volta presente sul web, allora si possa giocare senza pensieri su qualsiasi cosa, ma legalmente questo ragionamento non funziona. C’è ancora molto da fare sulle leggi che regolano il diritto d’autore, e alcune cause in Francia[1] e negli States potrebbero avere importanti ripercussioni sul mercato dell’Arte.

Uno tra i più controversi artisti del nostro tempo è sicuramente Jeff Koons, il preferito dai miliardari che esibiscono come trofei i suoi palloncini dallo stile inconfondibile, a ribadire le loro straordinarie possibilità economiche e, soprattutto, l’appartenenza a un’élite.

Nonostante Koons sia avvezzo all’ampliamento delle tirature dopo la prima edizione delle sue opere, e sia stato più volte citato in giudizio per violazione del copyright, i prezzi dei suoi lavori e la liquidità apparentemente inesauribile che essi riescono a smuovere fanno capire quanto denaro ci sia a disposizione oggi per l’Arte.

Georgina Adam cita Talking Prices di Olav Velthuis per spiegare il significato “simbolico” di un pezzo: è una fonte di identità e conferma le gerarchie di status tra galleristi, collezionisti e artisti.

Ma come si fa a valutare un bene il cui valore non è misurabile in base a parametri esterni? Attribuire un prezzo all’Arte è un’azione fortemente soggettiva ed è su questo che giocano le gallerie e le case d’asta nel corteggiare l’ego dei nuovi miliardari, soprattutto cinesi e arabi.

I sondaggi su 2.339 collezionisti HNW, condotti da Arts Economics e UBS Investor Watch in 10 mercati, hanno mostrato che la loro spesa è aumentata notevolmente nel 2021, rafforzando la loro importanza nel mantenere la forza del mercato dell’Arte durante la pandemia. La spesa media per belle arti, arte decorativa e oggetti d’antiquariato è passata da 72.000 dollari nel 2019 a 126.000 dollari nel 2020, per raggiungere i 274.000 dollari nel 2021. Nell’anno passato poco più di un terzo dei collezionisti HNW ha speso oltre 1 milione di dollari in arte e antiquariato, in aumento rispetto al 20% nel 2020 e più del doppio rispetto al 2019. La Cina continentale ha avuto la quota più alta di spesa a questo livello (44%) e se ne sono registrate altre molto elevate anche in Germania (38%), Francia e Stati Uniti (entrambi 36%).

Perché?
I vantaggi sono molti per i super ricchi, che parcheggiano con profitto il loro denaro con l’allettante possibilità di rivendere in un secondo tempo. Infatti i collezionisti, o meglio, gli assemblatori si distinguono in base alla fascia di prezzo a cui cominciano a interessarsi all’Arte: a meno di 40 milioni non sanno nemmeno chi sia Rothko.

Nelle fasce alte, il prezzo può essere determinato da un drappello di compratori alfa pronti a tutto; in quelle intermedie e basse questo dipenderà da una serie di fattori, tra cui anche il fascino dell’artista. La Adam menziona alcuni stratagemmi che contribuiscono alla straordinaria crescita dei prezzi, dall’utilizzo delle garanzie (strumenti finanziari usati dalle case d’asta per ottenere in consegna i pezzi migliori promettendo ai venditori una cifra concordata anche nel caso in cui nessuno avanzi delle richieste d’acquisto), alla shill bidding (ovvero una finta offerta fatta dal proprietario o da un complice per stabilire un prezzo alto, che non equivale però a un’autentica intenzione di acquisto), alle permute di opere (pratica legale ma che contribuisce all’opacità del mercato).

Da queste cifre astronomiche derivano una serie di problemi:

  1. La questione delle autentiche. Rilasciare un’autentica è un atto di potere e oggi, in questo mercato, quel potere è enorme: grazie alla sola parola dell’autenticatore, un’opera d’arte può valere milioni o nulla, e spesso non esiste possibilità d’appello. Un campo minato in cui gli abusi si sono moltiplicati: per il ruolo dell’autenticatore, per la detenzione dei diritti su un’opera d’arte, per il potere degli artisti stessi che possono ripudiare la propria opera (come Cady Nolan) o essere obbligati a farlo (come nel caso di Peter Doig). E vogliamo poi parlare della pratica sempre più diffusa di farsi rilasciare autentiche dagli eredi degli artisti o dalle loro fondazioni? Si è via via creato un clima torbido che gli esperti, pressati da acquirenti insoddisfatti, ormai rifiutano la perizia per il timore di finire in tribunale, come accaduto nel caso delle sculture di bronzo fuse a partire da gessi “autentici” di Degas, vendute a suon di milioni e in merito alle quali gli esperti non sono riusciti a pronunciarsi sull’attribuzione… E se non sono loro ad avere le risposte, chi altro può averle?
  2. Lievitando i prezzi, aumentano inevitabilmente anche i falsi. Si stima che tra il 20 e il 50% delle opere sul mercato oggi sia falso, contraffatto o impropriamente attribuito. Georgina Adam sviscera casi emblematici come quello di Beltracchi e la Galleria Knodler di New York che ha portato alla luce la totale mancanza di trasparenza nel mercato d’Arte e l’inabissarsi della fiducia negli esperti, non solo negli Stati Uniti e in Europa ma anche in Asia, Cina in primis. Succede perché la tendenza è quella di non parlare anche se si hanno dei sospetti: è facile sostenere di essersi sbagliati ma è molto difficile dimostrare l’intenzionalità di una truffa. E poi c’è sempre il desiderio che un’opera sia autentica e vendibile così da guadagnarci tutti. Sebbene le tecniche per smascherare i falsari si siano affinate sempre di più, sono ancora troppi i casi di truffa che inquinano e sviliscono le informazioni che abbiamo sulla storia dell’arte, minando la nostra cultura.
  3. La stretta relazione venutasi a creare tra arte e finanza ha fatto nascere e prosperare una nuova gamma di attività, e della crescita del settore hanno beneficiato banche, consulenti, galleristi e case d’asta. Gli art funds sono un esempio: fondi di investimento offerti e gestiti da privati ​​e dedicati alla generazione di rendimenti attraverso l’acquisizione e la gestione di opere d’arte (che possono essere utilizzate, ad esempio, a garanzia di un prestito o come asset).
  4. Il riciclaggio di denaro attraverso acquisti d’arte. Sono pochi gli esempi conosciuti come lo scandalo del 2015 che vide protagonista il finanziere malesiano Low Taek Jho, tra i 200 maggiori collezionisti d’arte al mondo (ha speso circa 310 milioni di dollari in arte, stabilendo un record per aver pagato il prezzo più alto per un Basquiat a 48,8 milioni di dollari), accusato del riciclaggio di oltre 3,5 miliardi di dollari[2].
  5. L’opacità delle compravendite di arte, presumibilmente tenute nei luoghi segreti per eccellenza, i porti franchi, dove le trattative sono intraprese in condizioni di poca trasparenza, con commissioni occulte e relazioni di ambigua natura. Usati non solo per trattare ma anche per conservare, scambiare e come base per spedire arte, questi luoghi si prestano a occultare guadagni e manufatti acquisiti per vie illecite. Caso emblematico: “Bouvier vs. Rybolovlev”, che Adam descrive senza lesinare dettagli.
  6. La pratica di non pagare le tasse sugli acquisti o sulle vendite d’arte. Il fenomeno è molto comune negli Stati Uniti, dove sono stati escogitati i sistemi più raffinati per evadere o differire il pagamento, tra cui le permute tra beni similari ed il ricorso a musei privati. Tuttavia, anche nel Vecchio Continente ci sono casi eclatanti e l’incredibile vicenda, non ancora conclusa, del mercante d’arte miliardario francese Guy Wildenstein ne è un esempio eccellente: è accusato di aver sottostimato il valore astronomico del patrimonio del padre scomparso, Daniel, occultando centinaia di milioni di euro. Recentemente, anche la casa d’asta Sotheby’s è stata rinviata a giudizio dalla Corte Suprema di New York per aver aiutato clienti facoltosi a evadere le tasse per milioni di dollari sottoponendoli al regime fiscale previsto per i commercianti di opere d’arte e non a quello per i collezionisti[3].
Jean-Michel Basquiat, Dustheads (1982). Courtesy Christie’s

Seppur spesso invocata, la trasparenza in questo particolarissimo mercato manca quasi del tutto. Ciò è dovuto alla sua stessa natura, così eterogenea.
Come si può regolamentare un’attività commerciale che spazia dal piccolo antiquario alle case d’asta multimilionarie, che tratta oggetti raramente paragonabili tra loro e il cui prezzo, così come le condizioni di conservazione, sono soggetti a opinioni differenti?
Ciò che sorprende è che gli scandali del mercato dell’Arte non abbiano avuto finora un grande peso, nonostante i grossi nomi spesso coinvolti e le cifre da capogiro che ruotano intorno a questo mondo. Non sono aumentati i controlli sulle aziende, né le analisi sulle opere, non si certificano maggiormente i multipli.

E cosa avverrà domani? Tra un anno? Tra cinque o dieci? Sopravviveranno le qualità non commerciali dell’Arte, il suo valore sociale, simbolico, intellettuale e di provocazione oppure l’Arte è destinata ad allinearsi passivamente ai gusti dell’élite globale?
L’Arte tornerà ad essere acquistata per puro e semplice amore dell’Arte?


Georgina Adam, Dark Side of the Boom – Controversie, intrighi, scandali nel mercato dell’arte, Johan&Levi editore, Monza, 2019, pp. 254, € 23,00.


Note

[1] Con la pronuncia del 23 febbraio 2021, la Corte d’Appello di Parigi ha ritenuto che l’opera Fait d’hiver, facente parte della collezione Banality dell’artista di fama mondiale Jeff Koons, costituisse contraffazione della fotografia di Franck Davidovici. La Corte ha condannato solidalmente Koons, il Centro Pompidou e la Fondazione Prada – proprietaria dell’opera a seguito dell’acquisto nel 2007 – e la Società Flammarion, società editrice del catalogo ove era stata pubblicata un’immagine dell’opera, al risarcimento dei danni per una cifra di 190.000,00 euro. Fonte: Arrêt du 23 Fevrier 2021 n° 034/2021

[2] Maggiori dettagli aggiornati al 2022.

[3] Informazioni tratte da IlSole24Ore.

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