Rubens che vieni, Rubens che vai
Ogni bambino ha in sé lo spirito della creazione. La spazzatura della vita soffoca spesso tale spirito attraverso le piaghe e la miseria dell’anima
(Peter Paul Rubens, 1577-1640).
Non stiamo parlando di una star del calcio sudamericano, ma del noto pittore, celebrato con una mostra di oltre cento capolavori al Palazzo Ducale di Genova, fino al 5 febbraio 2023.
Ritorna sotto una nuova veste, poetica e ascrivibile alla bellezza e alla memoria, il grande Maestro del Barocco nella città che lo vide protagonista assoluto della scena artistica quattrocento anni or sono. Le sue opere pittoriche, ma non solo, ci riportano ai fasti della Superba. Le dimore di strada Nuova, le ville di Albaro, gli esponenti delle famiglie facenti parte dell’oligarchia genovese più potente dell’epoca, alleata della corona spagnola: el siglo (de oro?) de los genoveses.
Questa supremazia cominciò a traballare in concomitanza con i problemi finanziari della Spagna, che andò in bancarotta più volte fino al 1684, anno in cui Luigi XIV decise di bombardare pesantemente la città e il doge fu costretto lasciare Palazzo Ducale per rifugiarsi all’Albergo dei Poveri, posizionato sulle alture. L’inizio del declino, ma questa è un’altra storia.
Superate dunque le varie rivoluzioni, le bombe e altri eventi, ripiombiamo prepotentemente ai giorni nostri, al 30 dicembre 2022 (l’anno scorso, sic!). È proprio in queste ore che stiamo assistendo ad una “storia in giallo fiammingo”, riguardante un’opera pittorica di Rubens, esposta tra quelle in mostra a Palazzo Ducale: Cristo risorto appare alla madre (non solo…).
I Carabinieri dell’arte hanno sequestrato la tela su ordine della Procura di Genova. Sono indagate a vario titolo quattro persone per esportazione illecita di opere d’arte. Il dipinto, secondo quanto risulta dal comunicato stampa dell’Arma e da altre fonti giornalistiche, sarebbe stato esportato dall’Italia come opera di scuola Fiamminga e poi successivamente attribuito a Rubens. Questo particolare passaggio sarebbe occorso nella consapevolezza di ottenere l’autenticazione. Successivamente sarebbe rientrato nel nostro Paese eludendo le corrette procedure di importazione.
Le indagini hanno permesso di accertare che il dipinto è appartenuto a una nota famiglia genovese, che ha dato due dogi alla città, e da questa sarebbe stato venduto a 300 mila euro a un mercante. L’acquirente lo avrebbe poi ceduto ad un compratore privato per oltre 3 milioni di euro.
Ieri l’ultimo colpo di scena. L’opera sequestrata è tornata ad essere esposta. Non si comprende se sia stata dissequestrata ovvero sia stata affidata in custodia giudiziale agli organizzatori della mostra: sarebbe una formula inedita che sembra però soddisfare la dirigenza di Palazzo Ducale su cui aleggia ancora l’affaire Modigliani. Insomma le polemiche, al solito, sono tante e non sono mancati gli interventi coloriti di esponenti politici e di governo.
Allargando il focus sulla vicenda sul versante degli studi criminologici, è inevitabile porsi qualche domanda e formulare alcune riflessioni anche alla luce della recente introduzione dei delitti contro il patrimonio cultuale, a seguito della ratifica del trattato di Nicosia e all’introduzione del Titolo VIII-bis del Codice Penale nazionale.
Anzitutto, non è una provocazione leguleia, l’opera in questione è bene culturale? Su questo non vi è ombra di dubbio, al di là delle questioni di attribuzione, che tanto agitano le cronache, ma che non ascrivono, come in questo caso, si tratti di un dipinto realizzato oltre 400 anni fa, valutato sopra la soglia dei 13.500 Euro, perfino sottoposto perfino a vincolo dalla Soprintendenza. Ne abbiamo d’avanzo direbbe qualcuno.
Il bene potrebbe essere oggetto di confisca, ex art. 240 bis del codice penale, se sarà confermata in giudizio l’ipotesi di reato di “Riciclaggio di beni culturali” e “Uscita o esportazione illecite di beni culturali”. Questo consentirebbe allo Stato di divenire proprietario del bene d’arte e di collocarlo ad esempio, in un’ottica di valorizzazione, nel corretto ambito culturale, magari nel contesto degli stessi Rolli, da dove proviene.
Si vedrà come la magistratura valuterà la posizione dei soggetti operanti negli enti pubblici di tutela. I Carabinieri hanno riferito dell’Ufficio Esportazione di Pisa, dove sarebbe stato ottenuto l’Attestato di Libera Circolazione dietro dichiarazioni mendaci e omissioni. Questo particolare aspetto, oltre le aggravanti specifiche previste dal codice a carico dei funzionari pubblici, non può prescindere dalla previsione contemplata dal d.lgs 231/2001, che disciplina la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche derivante da reato e che ne estende gli effetti anche al caso in cui i delitti contro il patrimonio culturale siano commessi nel loro interesse o a loro vantaggio.
Le aspettative sono molte, atteso il dibattito tra gli specialisti del diritto sulla particolare normativa. Sono vari gli interrogativi che aspettano una risposta che, probabilmente, arriverà dall’interpretazione delle norme in termini di applicazione ai casi specifici. Non da meno però sono da considerare le norme di tutela amministrativa che a volte sono di difficile comprensione e applicazione. Il caso in questione ad esempio fa emergere, al netto delle responsabilità personali, delle carenze organiche e strutturali degli organi di tutela. C’è forse una falla nel sistema di controllo e verifica sulla circolazione dei beni in termini anzitutto in termini di competenza. Non è previsto a livello normativo il criterio della competenza territoriale, alla luce del dettato costituzionale di cui all’art. 97 “…I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge […] in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione”. In buona sostanza, riferendosi al caso esaminato, non si comprende perché sia stato possibile avvalersi dell’Ufficio di Esportazione di Pisa anziché quello di Genova, ove probabilmente vi era la possibilità di attingere direttamente al carteggio amministrativo sul bene tutelato, evitando così equivoci procedurali. Il Sistema informativo degli Uffici Esportazione (SUE) che gestisce a livello informatico le procedure di esportazione e importazione di beni culturali, è pienamente in grado di far fronte alle esigenze connesse alla circolazione dei beni culturali e operare in sinergia con gli altri enti deputati al controllo? Non è dato sapere, anche perché non vi sono riscontri basati su analisi e statistiche specifiche condotte nello specifico ambito.
Ma torniamo al dipinto e soprattutto sul “luogo del delitto”. Mi piacerebbe vederlo dal vivo, per rendermi conto di alcuni aspetti che esulano le prosaiche questioni legali, la realtà tangibile ma che caratterizzano il rapporto, del tutto particolare, tra il fruitore interessato e un’opera d’arte: sarò colto dalla sindrome di Stendhal?
Probabilmente riuscirei a stento a contenere l’emozione, ricordando le parole di Sir Rubens, riportate nel testo da lui scritto e pubblicato ad Anversa nel 1622, dove è descritta la via Garibaldi (anticamente denominata Strada Nuova) e sono contenute oltre 70 tavole disegnate riferite a 12 tra dimore patrizie e chiese:
…mi è parso dunque di fare una opera meritoria verso il ben pubblico di tutte le province oltremontane, producendo in luce li disegni da me raccolti d’alcuni palazzi della superba città di Genova….
Opinionista