Ritorno al futuro
Ogni giorno sui giornali italiani, sulla stampa estera e di rimbalzo sui siti interessati al tema, si leggono notizie riguardanti restituzioni di centinaia di reperti archeologici da parte degli Stati Uniti. In primo piano nelle indagini sono il Comando Tutela Patrimonio Culturale, il famoso corpo dei Carabinieri che dalla fine degli anni ’60 combatte in Italia ed all’estero il traffico clandestino di opere d’arte, e gli investigatori del County District Attorney di New York: Alvin Leonard Bragg Jr, Cyrus R Vance Jr con l’assistente procuratore distrettuale Matthew Bogdanos, capo dell’unità di traffico di antichità. All’inizio dell’estate, poi, è stato inaugurato il Museo dell’Arte Salvata, che ha trovato spazio nell’Aula Ottagona delle Terme di Diocleziano a Roma, dove verranno esposti temporaneamente, prima di una auspicabile ricollocazione nei siti di provenienza, tutti gli oggetti scavati illegalmente nel nostro territorio, esportati all’estero e poi definitivamente restituiti all’Italia.
Sebbene il valore economico di tali oggetti sia incredibile, dall’anno scorso si è parlato di decine di milioni di euro, non si può non rilevare come purtroppo sia perduto per sempre il valore scientifico dei reperti stessi, quel valore che scaturisce esclusivamente dai dati di provenienza di ogni singolo oggetto archeologico e dalla connessione di questo con il suo contesto di origine. Seppure con il nobile intento di mostrare l’attività dei nostri Carabinieri dell’Arte, esibire reperti appartenenti a culture e a cronologie diverse, anche molto lontane tra loro, in un Museo dalle caratteristiche inevitabilmente generiche, finisce per confondere i visitatori e, soprattutto, attribuisce ai capolavori recuperati il mero valore di opera d’arte; un po’ come avviene in molti musei stranieri dove sono raccolti grandi capolavori del mondo antico che, però, non possono raccontare nulla della loro storia e rimangono muti, gli uni accanto agli altri, in una sequenza che nulla ha di scientifico.
Fino a ora, invece, tutti i reperti, che il costante e tenace lavoro del compianto Sostituto Procuratore Paolo Giorgio Ferri ha ottenuto in restituzione dall’estero, venivano esposti al pubblico in specifiche mostre, il più delle volte organizzate nei musei geograficamente dislocati nelle aree da cui gli oggetti stessi provenivano per riportarli, almeno idealmente, nello stesso territorio dal quale erano stati sottratti, affinché emergesse in tutta la sua portata, soprattutto agli occhi dei cittadini di quel territorio, la spoliazione subita e l’enorme conseguente danno, morale e materiale.
Inoltre molte opere ritornate, sequestrate o restituite, hanno perso la loro unicità di corredo, sparse nei magazzini delle nostre soprintendenze o addirittura separate, per essere messe in mostra in qualche museo del territorio. Un caso per tutti, emerso nel corso della consulenza svolta per la Procura di Roma, è quello di un servizio di 20 piatti attici a figure rosse, tutti dello stesso artista, che facevano parte del complesso dei tremila reperti sequestrati nel 1995 al Porto Franco di Ginevra.
Nel 2000 tutti gli oggetti sequestrati rientrarono in Italia e furono depositati presso il museo etrusco di Villa Giulia, dove sono rimasti fino al 2017. Oggi i 20 piatti non sono più insieme: 5 sono rimasti al museo di Villa Giulia in esposizione, museo che la riforma Franceschini ha reso autonomo, altri 5 sono stati esposti a Cerveteri, in una mostra sui traffici illeciti inaugurata a luglio 2017 e divenuta esposizione permanente. I 5 piatti poi hanno cominciato a viaggiare in mostre itineranti prima a S. Severa, poi alla Centrale Montemartini di Roma insieme ad un sesto piatto; gli altri 9 si trovano, sicuramente, nella necropoli Cerveteri, oggi divenuta insieme a Tarquinia un Parco archeologico autonomo, in un deposito di materiale che però è nella disponibilità della Soprintendenza. E mentre prima della riforma tutti i musei periferici, comprese le necropoli di Cerveteri e di Tarquinia, dipendevano dalla Soprintendenza per l’Etruria meridionale, che aveva sede presso il museo di Villa Giulia, ora invece l’attuale Soprintendenza non ha più musei e questi, eccetto Villa Giulia, sono passati per competenza al Polo museale del Lazio. Uffici diversi, dirigenti diversi, diverse realtà e mentalità.
Il servizio di 20 piatti fu offerto in vendita nel 1987 al Jean Paul Getty museum di Los Angeles per una cifra da capogiro, 2 milioni di dollari, ma il museo americano li rifiutò, ritenendo “non conveniente” l’acquisto di 20 piatti tutti dello stesso artista, e il trafficante questa volta, pur di non dividere il complesso unitario del servizio, rifiutò di venderli separatamente rinunciando così a un guadagno certamente maggiore. È doloroso prendere atto che, se invece fossero stati acquistati dal museo americano, oggi sarebbero esposti tutti insieme in una vetrina di quel museo, adeguatamente valorizzati, come meriterebbero.
Il timore di un’altra sconsiderata separazione di un gruppo unitario, sicuramente proveniente da uno scavo clandestino, e che ha subito una separazione decisa dai trafficanti per un più lauto guadagno, mi impone di scrivere di nuovo nella speranza di evitare un’eventuale ulteriore offesa a capolavori irripetibili.
Ritorniamo al lungo e complesso lavoro che dal 2017 il County District Attorney di New York sta svolgendo per l’individuazione e il recupero di tutti quei reperti archeologici che, dopo lo scavo clandestino e l’esportazione illecita dai loro paesi di origine, come l’Italia, la Grecia, la Turchia, sono arrivati negli Stati Uniti e si trovano nei più importanti musei o presso le abitazioni di grandi collezionisti.
Qualche anno fa l’assistente procuratore distrettuale Matthew Bogdanos, un colonnello in pensione del Corpo dei Marines degli Stati Uniti, si era messo in contatto con il magistrato Paolo Ferri, apprezzandone la grande esperienza e la puntuale conoscenza delle leggi nazionali e internazionali sulla tutela del patrimonio archeologico. In occasione poi di una grande operazione avviata da Bogdanos nei confronti di un noto collezionista di New York, Michael Steinhardt, conclusasi con un importante sequestro di numerosissimi reperti nella sua abitazione con vista di Central Park a Manhattan, Bogdanos e il suo staff si sono rivolti ai consulenti che per tanti anni hanno affiancato l’indimenticabile Procuratore Ferri nelle tante indagini compiute in Italia e all’estero per il contrasto al traffico internazionale di opere d’arte.
Bogdanos aveva avuto a disposizione tutte le consulenze svolte da Christos Tsirogiannis, Daniela Rizzo e il sottoscritto nell’arco di oltre 20 anni su incarico di Paolo Ferri e, proprio su sua indicazione, si era rivolto a noi per avviare una collaborazione che, ovviamente, siamo stati lieti di fornire.
L’inaspettata scomparsa di Paolo Ferri nel giugno del 2020 ha inevitabilmente rafforzato questa collaborazione e da allora abbiamo contribuito all’individuazione e al recupero di un discreto numero di reperti, già rientrati o che stanno per tornare in Italia.
Lavorando sulle immagini a nostra disposizione abbiamo riconosciuto e segnalato molti reperti che sono stati poi confiscati: bronzi, marmi, pregevoli ceramiche, un elmo villanoviano e un calderone con protomi di grifo in bronzo su sostegno sono tra i reperti che abbiamo riconosciuto tra le decine e decine di oggetti entrati a far parte della collezione americana. Tra questi una statuetta in bronzo raffigurante un togato ha attirato la nostra attenzione perché sembrava proprio un oggetto a noi noto. Di tutti materiali da noi individuati, abbiamo fornito al County District Attorney copia delle polaroid e dei negativi fotografici tratti dagli archivi sequestrati nel tempo ai diversi trafficanti internazionali, immagini che sono state poi pubblicate da Cyrus Vance Jr. nello “Statement of Facts – In the Matter of a grand Jury investigation into a private New York antiquities collector” – del 6 dicembre 2021 firmato da M. Bogdanos e A. Iyer.
Durante il nostro lavoro come consulenti della Procura di Roma, nell’archivio sequestrato al Porto Franco di Ginevra, avevamo individuato numerosissimi negativi fotografici che avevamo fatto stampare per esaminarli; tra questi apparivano due statuette in bronzo raffiguranti uomini togati che, per le due iscrizioni etrusche incise sulle toghe di entrambi, erano senz’altro da ritenere un unico gruppo di importanza eccezionale.
Le due statue in bronzo apparivano molto frammentate, con incrostazioni terrose ed appoggiate su giornali italiani, che sicuramente erano stati l’imballaggio per il loro trasporto dallo scavo clandestino in territorio italiano ad un luogo sicuro e poi, forse, li avevano accompagnati anche nel trasferimento in Svizzera.
Dapprima il Procuratore Ferri decise di pubblicare queste foto, insieme ad una scelta dei reperti di maggiore importanza, sul sito del Comando dei Carabinieri affinché qualche studioso fornisse informazioni sulla loro presenza nel mercato estero o in qualche museo. Dopo qualche tempo i Carabinieri furono avvisati che uno dei due bronzi era in possesso di un collezionista francese e, dopo intensi e proficui contatti, la statuetta di togato è finalmente tornata e consegnata, forse per comodità, al museo etrusco più vicino, il Museo Nazionale etrusco di Villa Giulia dove è stata esposta nel 2009, nella sala dedicata ai materiali restituiti dai musei americani. Oggi il togato non è più lì ma si trova chiuso in un deposito nella necropoli della Banditaccia di Cerveteri, insieme, forse, ai 9 piatti attici.
Il reperto proveniente dalla collezione newyorkese, invece, era stato acquistato dal collezionista nel 1993 dalla nota Società Phoenix Ancient Art dei fratelli Aboutaam per 80.000 dollari, e dalla stessa rimesso in vendita prima del sequestro, come risulta dal già citato documento del 6 dicembre 2021:
The Togate Figure (a robed male figure) appears in multiple Polaroid photographs recovered from the Medici Archive, depicting the object broken and dirt-encrusted next to a second togate statue atop of an Italian newspaper. See Exhibit 4A. Because antiquities are cleaned during scientific and legally authorized investigations, the presence of dirt on an antiquity is an indicator of its illicit origin. Further, the crumpled Italian newspaper is equally probative of the recent illicit excavation of the object. Featuring an Etruscan inscription along its base, the Togate Figure was crafted between 300 to 100 B.C.E. in Perugia, a city whose archaeological sites suffered extensive looting by Medici’s tombaroli during the 1990s. Indeed, when Phoenix Ancient Art sold the object to Steinhardt for $800,000 on June 16, 1993, the invoice to Steinhardt noted that the Togate Figure was from “Perusia [sic], Umbria, Italy.” Following Steinhardt’s consignment of the object back to Phoenix Ancient Art for sale, this Office applied for and received a warrant to seize the Togate Figure. See Exhibit 4B for the 17 most recent photograph of the Togate Figure. No verifiable provenance for the Togate Figure prior to the 1993 sale by Phoenix Ancient Art to Steinhardt has ever been identified.
La presenza di incrostazioni e residui terrosi sui due bronzi, ben visibili nei negativi sequestrati a Ginevra nel 1995, ne denunciavano la provenienza da uno scavo clandestino e l’iscrizione etrusca ci hanno permesso di attestare, senza ombra di dubbio, che la statua della collezione di Steinhardt e quella restituita all’Italia dal collezionista francese corrispondono esattamente alla coppia di togati in bronzo presenti nell’archivio sequestrato e, pertanto, entrambi illecitamente esportati e venduti all’estero.
Dal documento del County District Attorney di New York e dalle interviste e articoli presenti nel web si ricava anche che la scultura in bronzo proveniva da Perugia, dato questo fornito dallo stesso venditore, avvalorato anche dall’iscrizione etrusca che colloca il reperto in questa ristretta area di quel territorio in età repubblicana, durante la fase di romanizzazione.
I dati certi raccolti terminano qui, non sappiamo se e quando riuscirà a rientrare in Italia per riunirsi con il suo gemello, dopo essere stato presentato in una conferenza stampa come quella di alcuni giorni fa presso il Ministero della Cultura. Quando accadrà, la speranza sarebbe proprio quella di vedere le due sculture di un unico gruppo riunite definitivamente, studiate insieme e collocate in un museo nell’area ai confini tra Lazio, Toscana ed Umbria, considerando che ci potrebbero essere, forse, collegamenti con le statue in bronzo iscritte rinvenute recentemente a San Casciano dei Bagni e in particolare con una di queste, una scultura di togato in bronzo molto simile alle nostre. Ma questa è un’altra storia!
Ovunque sarà destinato il gruppo scultoreo sarebbe utile che al posto delle indicazioni esatte del luogo di ritrovamento e del suo contesto, informazioni ormai definitivamente perdute, fosse ricostruita la sua storia più recente, fatta di scavi clandestini, esportazioni illecite, vendite e compravendite, in modo da dare un diverso ma altresì importante contributo scientifico. Probabilmente è questa l’unica via percorribile per mantenere vivo il significato di tutti i materiali restituiti allo Stato italiano, sia per sentenza che per accordo extra giudiziale: se è vero che si tratta di oggetti privati del loro contesto di appartenenza e, dunque, oggi testimoni muti di un passato che si potrà solo in parte ricostruire, è pur vero che renderli fruibili in musei collocati nei territori di provenienza, grandi o piccoli che siano, come esempio del danno arrecato al nostro Patrimonio storico, potrebbe essere uno stimolo al contrasto degli scavi clandestini e della conseguente illecita circolazione. È altrettanto certo che nessun risultato in tal senso potrà essere raggiunto se i capolavori rientrati in Italia continueranno a essere esposti come oggetti d’arte o tenuti nei depositi come giacimento dal quale attingere per eventi, anche straordinari, ma che sono destinati dopo un po’ a essere inesorabilmente dimenticati.
Bibliografia
J.FELCH-R.FRAMMOLINO, Chasing Aphrodite, Boston New York 2011.
F.ISMAN, I predatori dell’arte perduta. Il saccheggio dell’archeologia in Italia, Milano 2009.
P.WATSON-C.TODESCHINI, The Medici Conspiracy, New York 2006.
On Line
Investigations into New York Financier Michael Steinhardt Reveal Delicate Politics Waged in the Cultural Sphere, Art News, 25 ottobre 2022.
Reporter fotografo negli anni ’70/’80. Già Funzionario del Ministero per i Beni e le Attività Culturali presso varie Soprintendenze Archeologiche e Musei, e Direttore archeologo presso la Soprintendenza dell’Etruria Meridionale e nel Museo Etrusco di Villa Giulia. Ha ideato e organizzato progetti didattici, prodotto video e opere multimediali. Ha tenuto corsi di archeologia forense, tecniche di documentazione audiovisiva e comunicazione archeologica. Consulente della Procura della Repubblica di Roma per indagini volte al contrasto del traffico illecito e al recupero del materiale esportato illecitamente. Ha fatto parte del Comitato per il Recupero delle Opere d’Arte all’Estero, partecipando alle trattative con i musei americani.