Castelli di sabbia
Le disgrazie hanno un loro lato positivo: ci fanno conoscere i veri amici
H. de Balzac
È difficile trattare di argomenti che si intrecciano purtroppo ad una serie di eventi drammatici, luttuosi, che sconvolgono l’esistenza di migliaia di persone, di nazioni, dell’intero mondo.
Il sisma devastante che ha colpito la Turchia e la Siria è uno dei più violenti degli ultimi decenni.
Le prime informazioni ufficiali riferiscono che il numero delle persone coinvolte ammonta a circa 13,5 milioni e che l’impatto è stato avvertito in un’area che si estende per circa 135.000 kmq. Il numero delle vittime, purtroppo, è in continuo aggiornamento, si parla di migliaia e migliaia.
La concomitanza è ancora più dolorosa se si pensa che lungo il confine siriano è in atto una guerra che dura da dodici anni in spregio completo dei diritti umani. Il regime di governo è sostenuto dalla Corea del Nord, dall’Iran, dall’Iraq dalla Russia; i cosiddetti ribelli, organizzati in una coalizione interna, sono appoggiati da USA, Francia, Regno Unito e Turchia. A questi coinvolgimenti esterni, si aggiungono poi i contrasti delle varie fazioni, soprattutto quelle che fanno capo ai leaders religiosi: insomma una vera polveriera. Basti pensare che questa situazione di conflitto ha generato più di cinque milioni di rifugiati, che sopravvivono grazie all’aiuto delle organizzazioni internazionali. È stata indicata come la più grande emergenza umanitaria mondiale.
Fatte queste premesse, è evidente come sia complesso l’approccio verso quei territori martoriati dal conflitto, dalla fame e da privazioni di ogni tipo: affrontare l’argomento della tutela del patrimonio culturale, in queste situazioni, potrebbe apparire quasi una subdola provocazione. Eppure rimane di fondamentale importanza per queste popolazioni la propria identità e ritrovare una comunità di valore per l’avvenire delle future generazioni.
Il terremoto ha distrutto diversi siti importanti, alcuni dei quali tutelati dall’UNESCO: la città antica di Aleppo, la fortezza di Diyarbakır, i giardini di Hevsel e altri contesti limitrofi all’epicentro del sisma.
Gli interventi a tutela del patrimonio culturale, fatto salvo quelli prestati durante la prima risposta di emergenza focalizzati sul soccorso delle vite umane, sono di difficile attuazione in queste aree non stabilizzate. Fermo restando la disponibilità di organizzazioni come l’UNESCO, ICOMOS ed ICCROM, ovvero di altre agenzie nazionali, se non vi è la piena disponibilità da parte del paese interessato ad accoglierle per favorire le attività di verifica, tramite anche le dovute garanzie di sicurezza a favore delle task force, non è possibile fare nulla di concreto. É una guerra contro il tempo e tra le priorità perché c’è il rischio concreto che una mancata o una errata valutazione dell’entità dei danni ai siti culturali li possa pregiudicare definitivamente.
In questo senso non si può evitare di ricorrere alle previsioni di diritto, strumenti fondamantali per muoversi in una cornice di garanzie e legalità per tutti i soggetti coinvolti, in primis alla Convenzione dell’Aja per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato del 1954 e dei due successivi protocolli. La Convenzione impone ai paesi membri di astenersi dall’utilizzazione dei beni culturali, per scopi che potrebbero esporli a distruzione o a deterioramento in casi di conflitto armato e da ogni atto di ostilità, vandalismo o rappresaglia a loro riguardo. Nello specifico:
• disciplina la materia in caso di occupazione totale o parziale del territorio di altri Stati membri, imponendo l’appoggio dell’azione delle autorità nazionali competenti e l’adozione dei provvedimenti conservativi necessari, in stretta collaborazione con tali autorità;
• predispone, nell’ambito delle Forze Armate, personale specializzato per la vigilanza dei beni culturali;
• istituisce un regime di ‘protezione speciale’ per un numero limitato di rifugi destinati a proteggere beni culturali mobili in caso di confitto armato, centri monumentali ed altri beni culturali a determinate condizioni chiarite dagli articoli da 2 a 6. I beni sotto protezione, specificamente contrassegnati, sono considerati immuni da ogni atto di ostilità e uso per fini militari. La Convenzione prevede altresì la possibilità di sospensione dell’immunità in caso di violazione degli impegni da parte del paese membro e ne disciplina le modalità.
A livello globale, al fine di rispondere meglio alle situazioni di emergenza, l’UNESCO ha istituito nel 2014 un’unità per la preparazione e la risposta alle emergenze (CLT/EPR). Questa unità coordina a livello generale la strategia per la protezione della cultura e la promozione del pluralismo culturale durante il conflitto. Opera in stretto coordinamento con i Segretariati UNESCO, in aderenza alle Convenzioni 1954, 1970, 1972 e 2003, comprendendo tutti gli aspetti di tutela della cultura e della promozione culturale.
L’obiettivo principale dell’Unità EPR è quello di migliorare la risposta alle emergenze del settore così da garantire che venga prestata adeguata attenzione alle strategie di preparazione e prevenzione a lungo termine.
L’attenzione deve essere massima perché in concomitanza di questi eventi le emergenze sono pluirime. Sono purtroppo frequenti anche i casi di sciacallaggio a discapito dei siti culturali. Queste attività illecite purtroppo potrebbero alimentare il traffico internazionale di beni culturali. È fondamentale in questo ambito l’azione delle polizie locali e della cooperazione internazionale di polizia assicurata da Interpol.
La tutela del patrimonio culturale, a maggior ragione in caso di crisi, dovrebbe essere al centro del programma politico di ogni paese, praticata con convinzione da ognuno di noi, a partire da gesti quotidiani. Affrontare queste sfide così complesse non può prescindere anzitutto dal rispetto delle regole del diritto in previsione di realizzare concretamente, mediante un modello economico sostenibile su scala mondiale, una società più equa.
È un dovere morale per ognuno di noi agire per il benessere dell’umanità e soccorrere con tutte le risorse possibile chi si trova in uno stato di necessità.
Opinionista