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La vuelta

(Tempo di lettura: 3 minuti)

Conviene estar de vuelta de todo – ¿Sin haber ido a ninguna parte? – ésa es la gracia, amigo mio.
(È comodo tornare da tutto. Senza andare da nessuna parte? Questo è il divertimento, amico mio).

Antonio Machado

La buona novella è passata su diversi quotidiani spagnoli, ma riguarda anche il nostro paese. Dopo più di quaranta anni tornerà definitivamente nella disponibilità del Comune di Valencia, il dipinto attribuito a Juan De Ribalta (1597-1628), raffigurante San Dimas (San Disma, noto anche come il ladrone pentito, crocifisso insieme a Gesù Cristo sul Golgota), sottratto nel 1979 dalla cappella del Monastero di Los Reyes di Valencia. È viva la soddisfazione delle autorità spagnole coinvolte nel procedimento di valorizzazione del bene, che sarà ricollocato, dopo il restauro, al museo civico della provincia, affinché ne sia possibile, finalmente, la pubblica fruizione.

Nell’aprile del 2000, l’opera era stata sequestrata in Italia dalla Polizia, su segnalazione di INTERPOL. A seguito di ciò, una lunga trafila legale ha stabilito la sua appartenenza. Essendo stato mantenuto il sequestro penale, coerentemente alla previsione del codice di procedura penale nazionale (art. 263 c.3 cpp), è stato possibile per gli organi inquirenti svolgere tutti gli accertamenti necessari a ricostruire le vicende possessorie del bene culturale. Il Tribunale di La Spezia ha emesso l’ordinanza esecutiva di restituzione del dipinto, a seguito della sentenza definitiva della Corte di Appello di Genova, che ne ha stabilito la proprietà esclusiva a favore del Comune di Valencia.

L’esito positivo del lungo iter giudiziario deriva essenzialmente dall’aver dimostrato l’uscita illecita del bene culturale dal territorio estero (la Spagna) verso un paese terzo (l’Italia). L’evento in questione è altresì collegato alla commissione di un reato precedente: il furto dell’opera pittorica in un contesto religioso.

La cooperazione di polizia e quella giudiziaria fondano la loro azione sulle procedure condivise e sulle norme internazionali di circolazione dei beni culturali (ecclesiastici come in questo caso) che godono di una particolare tutela. I riferimenti normativi cui si è accennato, unitamente alle disposizioni penali e di tutela nazionali, sono gli strumenti imprescindibili per dipanare vicende complesse, anche a distanza di anni dalla consumazione del reato che, nel frattempo, potrebbe essere perfino prescritto sotto il profilo penale. Infatti, anche a fronte di quest’ultima eventualità, non è esclusa la possibilità di rivendicare la restituzione del bene culturale ricorrendone i presupposti.

Esulando brevemente dal caso in esame, la circostanza è utile tuttavia per presentare una sintetica rassegna delle possibili strategie di contrasto, attivabili anche per gli illeciti contro il patrimonio culturale.
È bene ricordare la possibilità, per le autorità e le polizie giudiziarie degli stati membri dell’UE, di valersi dell’Ordine Europeo di Indagine (OEI). L’OEI è basato sul riconoscimento reciproco, ossia sul fatto che l’autorità di esecuzione sia tenuta a riconoscere e a garantire l’esecuzione della richiesta proveniente dall’altro Stato.

San Dimas, Juan De Ribalta (© Legalcommunity.it)

La direttiva specifica propone un quadro di riferimento – sovranazionale europeo – per ottenere prove mediante l’esecuzione di atti d’indagine (escussione di testimoni, intercettazioni telefoniche, operazioni d’infiltrazione). L’autorità emittente può utilizzare un unico OEI nel caso in cui l’atto d’indagine comprenda i seguenti presupposti:

In ambito civilistico, in tema di restituzione di beni culturali esportati illecitamente, vi è la Direttiva 93/7/CE . Il presupposto fondamentale per la sua applicazione è dato dall’appartenenza del bene al patrimonio culturale della nazione interessata, come tassativamente previsto dalle categorie contemplate dal testo normativo.

Fuori dall’area UE, in base alle normative sovranazionali e alle procedure giudiziarie bilaterali, è da valutare, con l’adozione di un’apposita procedura, il ricorso all’istituto della rogatoria (art. 727 cpp) che riguarda le autorità giudiziarie degli stati coinvolti (per l’Italia deve esservi il placet del Ministero della Giustizia).

Ma torniamo all’opera recuperata dopo prolungate traversie. L’autore, Juan De Ribalta, è un pittore barocco, figlio di Francisco, anch’egli noto artista che, dopo aver lavorato a Madrid, si stabilì definitivamente a Valencia, dove per anni ha tenuto la propria bottega, realizzando tele devozionali per le chiese più importanti della città. Juan ha seguito la stessa vocazione artistica del padre, sviluppando una produzione di tutto rispetto, con opere presenti nei più importanti musei iberici, tra cui il celebre Prado di Madrid.

[JCHC ringrazia sentitamente l’avv. Luigi Cascone che, avendo seguito personalmente il caso giudiziario, ha potuto fornire informazioni puntuali sulla vicenda].

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