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Prima i quadri, ora i Palazzi

(Tempo di lettura: 5 minuti)


Dopo Palazzo Madama a Roma, i protagonisti dell’ennesimo “imbratto ambientalista” hanno agito a Firenze durante un sopralluogo ad alcuni restauri a Piazza della Signoria. Stavolta la vittima è stata Palazzo Vecchio, uno degli edifici storici più conosciuti nel mondo. 
Due ragazzi di 23 e 32 anni si sono posizionati davanti all’edificio, tirando fuori (non si è capito da dove) due estintori usati per gettare vernice arancione sulla facciata. In breve tempo, purtroppo ormai a danno fatto, lo stesso sindaco, che si trovava nelle immediate vicinanze, e due agenti della Polizia Municipale hanno fermato i ragazzi, e con i restauratori presenti hanno iniziato a ripulire la vernice dalle pietre porose per evitare che la situazione si aggravasse.

Video del Corriere della Sera (Fonte: YouTube)

I ragazzi protagonisti di questi episodi fanno parte dell’associazione ambientalista “Ultima Generazione”. Sul loro sito potete leggere il loro slogan “Disobbedienza civile nonviolenta contro il collasso ecoclimatico.”

Per capire il senso di tutto ciò, torniamo a qualche mese fa e proviamo ad andare oltre l’imbratto.

Anna e Phoebe, due attiviste, erano entrate alla National Gallery di Londra, con lo scopo preciso di gettare della zuppa di pomodoro su un quadro iconico e facilmente riconoscibile dal resto del mondo, uno dei Girasoli di Van Gogh: già si era compreso che il quadro, per via della sua fama, non era stato nient’altro che un mezzo per mandare un messaggio, e che qui l’arte non c’entrava proprio niente.

Le due attiviste in azione alla National Gallery appartengono ad un movimento ambientalista che si chiama “Just Stop Oil” che si batte nel Regno Unito per la cessazione dell’utilizzo di combustibili fossili, e poiché considera il problema un crimine contro l’umanità, porta avanti un’idea di protesta molto forte, una “Resistenza Civile Nonviolenta” come spiegano anche loro sul sito web, che si svolge “ritirando la cooperazione dallo Stato”.
Ora, premesso questo chiarimento, riporto le parole di Phoebe in un video pubblicato sul social network Instagram nel quale spiega quali erano le intenzioni, e come tra queste assolutamente non rientrasse il danneggiamento del dipinto.

“Non abbiamo arrecato alcun danno al dipinto. Era dietro un vetro e non l’avremmo mai fatto se non avessimo saputo che era impossibile da danneggiare.”

Arrivata a questo punto devo ammettere che anche io, appena sentita la notizia, ho pensato: “Ma perché gettare della zuppa su un dipinto coperto da un vetro?”, perché creare questo disagio?
Ecco quel disagio, racchiude perfettamente la definizione della loro resistenza “nonviolenta”. E da altri ho sentito dire lo stesso, perché attaccare un dipinto se questo era, palesemente, inattaccabile?

“Riconosco che sembra un’azione un po’ ridicola. […] Ma quello che stiamo facendo è (cercare di) far partire una conversazione in modo da poter porre le domande che contano.”

In effetti, le ragazze hanno detto qualcosa al museo, dopo essersi incollate con le mani vicino alla parete dove si trovava il dipinto, qualcosa che però non è arrivato a tutti nello stesso modo in cui è arrivato il messaggio “due ambientaliste hanno imbrattato i girasoli di Van Gogh!”, e allora qui la Plummer ci dice le domande che contano.

“Ѐ giusto che Liz Truss conceda più di cento nuove licenze per i combustili fossili? Ѐ giusto che i combustibili fossili siano sovvenzionati trenta volte di più delle energie rinnovabili quando l’eolico in mare è attualmente nove volte più economico?”

Ecco il punto.

Liz Truss, premier britannica il cui mandato più breve di sempre è durato solo 45 giorni.
Liz, non Vincent.

A questo punto possiamo dire che il messaggio sicuramente conta e che vale il disagio, ma che purtroppo, almeno all’inizio, non verrà visto in tutta la sua interezza, specialmente se si considera che non tutti partiranno dallo stesso punto. Banalmente, non tutti sapevano che dinanzi al quadro vi era un vetro, per cui lo shock della sua rovina ha prevalso su qualsiasi possibile messaggio da comprendere. Alcune persone sono rimaste lì, ai Girasoli persi per sempre.

Purtroppo questa è l’immagine di come l’episodio sia arrivato alle persone, di cosa sia arrivato prima e di cosa ci abbia messo tempo ad essere notato, del significato che ha avuto per molti e di quello che voleva avere su chi fosse stato disposto ad ascoltare.

Se l’inglese ha provato a spiegare, ma comunque accusando l’umanità di provare più interesse per un quadro che per la fine del mondo per via dovuta dal cambiamento climatico, l’attivista italiano ha forse osato troppa presunzione (o fanatismo?) nell’annunciare fiero “Oggi abbiamo deciso di sanzionare un palazzo che è simbolo di potere”.

Sanzionare Palazzo Vecchio. 

E poi davvero ci stupiamo che il messaggio non passi?

Ѐ giusto compiere un gesto così forte nell’ambito di un’istituzione che, per i più, non c’entra nulla? 
Ha senso rischiare di confondere gli spettatori medi, che all’inizio vedono colpire un quadro e che solo alla fine si domandano cosa abbia a che fare con le licenze concesse dalla Truss?

Gli stessi attivisti sembrano voler far valere il gesto alla parola: anche se non tutti sanno quante versioni del quadro siano state fatte da Van Gogh, e non a tutti interessa sapere dove esse si trovino, tutti sanno che un vaso di girasoli da qualche parte esiste, ed oggi quasi tutti sanno che quel famoso vaso che hanno in mente è stato sporcato da due tipe che hanno agito con (non)violenza.

Non violenza, non violenza, continuiamo a sentirlo, ma è buffo che proprio il sindaco di Firenze, commentando l’accaduto abbia detto:

“Sono dei barbari, non è cosi che si manifestano le proprie idee, non è violentando il patrimonio culturale e la bellezza, loro dovrebbero proteggere la civiltà e la bellezza, non insultarla e violentarla”.

La rabbia di Nardella ha toccato il punto, forse perché invece di un quadro stavolta è stato toccato un Palazzo, ma non uno qualsiasi, una sede civile, punto di riferimento attuale della città.

E allora non possiamo non domandarci, cosa intendono gli attivisti quando parlano di nonviolenza?

L’articolo 518- novies del Codice penale prevede che chiunque distrugge, disperde, deteriora e rende in tutto o in parte inservibili o non fruibili dei beni culturali o paesaggistici propri o altrui è puntio con la reclusione da 2 a 5 anni, con una multa da 2500 a 15000 euro.
Pensare che la gente dica “non ci importa di andare in galera” è avvilente. Un’osservazione di questo tipo è offensiva nei confronti di tutte le persone che lavorano nel nostro Paese, che lottano anche per apportare un cambiamento. Giustificarsi perché vittime di una massa silente, venire meno come cittadino, evitare di apportare un contributo alla crescita collettiva, rifiutarsi di investire meglio il proprio tempo e trovare una soluzione per fare la differenza, è imbarazzante.

Ancora più imbarazzante è pensare alla confusione che è stata creata intorno alle figure che compiono attivismo, che ormai molti definiscono persone/attivisti/barbari/vandali, un po’ tutto insieme.

Sembra che questi gesti difficilmente potranno essere apprezzati da qualcuno se non dagli attivisti stessi. 

Infatti, proprio al trentaduenne sanzionatore, un ragazzo ha urlato con ironia “pensi di cambiare il mondo con questo?”.

Potrebbe non avere tutti i torti, visto che l’ennesimo gesto forte/imbratto non violento ha visto come risultato indignazione, rabbia, tempo perso per i restauratori e, la beffa oltre il danno, migliaia di litri di acqua sprecati per ripulire.

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