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Le pietre di David

(Tempo di lettura: 4 minuti)

La nostra pedagogia consiste nel riversare sui fanciulli risposte senza che essi abbiano posto domande, e alle domande che pongono non si dà ascolto.

K. Popper

La polemica, nata oltreoceano, a Tallahassee, Florida, U.S.A., ha fatto il giro del mondo. La preside della locale Classical School, dopo la protesta di alcuni genitori, è stata dapprima allontanata e poi costretta a dimettersi dall’istituto. La donna è stata accusata di aver diffuso materiale pornografico durante una lezione di storia dell’arte.

Di questi tempi viene subito da pensare: cosa avrà combinato la scellerata? Avrà fatto vedere fotografie, filmati, contenuti provenienti da siti on-line per adulti, si sarà lanciata lei stessa in un’esibizione oscena sulla cattedra: niente di tutto ciò. Ha parlato e mostrato – semplicemente – ai suoi alunni, senza autorizzazione (sic!), una delle opere d’arte più famose al mondo: il David di Michelangelo.
Un affronto di tal fatta va punito “dall’ordine costituito”!
La vicenda si è prestata, ça va sans dire, al pecoreccio, alla derisione, al doppio senso e a tutta una serie di considerazioni volgari, estremiste, perfino ultranazionaliste, che hanno infestato vari contesti, soprattutto i social, banalizzando alcuni aspetti che invece meritano una seria riflessione.

David, Michelangelo (foto Wikimedia Commons)

Se da un lato non stupisce l’esito impietoso del caso, alla luce della storia degli Stati Uniti, soprattutto quella degli stati del Sud, ancora intrisi di puritanesimo; dall’altro sorprende, perché, paradossalmente, non è stato reso noto il punto di vista degli studenti di quella scuola e del resto del mondo.

Cosa pensiamo di insegnare ai nostri giovani? Possiamo ancora valerci dell’Arte, quella con la “A” maiuscola, a fini pedagogici?
Probabilmente qualcuno teme l’affermazione della coscienza critica, che di fatto sta morendo sotto i colpi di certe ideologie e del politicamente corretto. Cosa ne è dei principi universali, gli stessi che l’UNESCO ha ribadito a chiare lettere in sede di Conferenza Generale, riunitasi a Parigi dal 21 ottobre al 12 novembre 1997, nella sua ventinovesima sessione, riferendosi al ruolo centrale della responsabilità delle presenti generazioni verso le future generazioni? Questo richiamo alla responsabilità è basato su tre pilastri: educazione, cultura e istruzione. A riguardo, sono fondamentali i contenuti espressi nei seguenti articoli.

Art. 7. Diversità del patrimonio culturale
Nel rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, le generazioni presenti dovranno assicurare la preservazione della diversità culturale dell’umanità. Le generazioni presenti hanno la responsabilità d’identificare, di proteggere e di conservare il patrimonio culturale, materiale e immateriale e di trasmettere tale patrimonio comune alle generazioni future.

Art. 8. Patrimonio comune dell’umanità
Le generazioni presenti dovrebbero utilizzare il patrimonio comune dell’umanità come è definito nel diritto internazionale, senza comprometterlo in modo irreversibile.

Definire perciò un capolavoro assoluto dell’Arte pornografico è un’assurdità.
Il David di Michelangelo, per chi ha avuto la fortuna di vederlo dal vivo, non richiama affatto a situazioni pruriginose, salvo che lo spettatore sia in mala fede, affetto da devianze mentali o di altra natura. La statua in questione rappresenta, in maniera mirabile, il canone classico con riferimento alla figura umana. Un percorso di conoscenza che ha attraversato i millenni e varie civiltà. Celebrato nell’antica Grecia, sublimato in tanti capolavori del Rinascimento che a quel periodo si sono ispirati. Oltre a tutto ciò, la statua palesa una maestria esecutiva insuperabile, eccelsa, unita all’impiego di un materiale prezioso come il marmo tratto dalle cave di Carrara. Un blocco unico, enorme. Una pietra candida da cui è stata scolpita una figura maschile di oltre cinque metri di altezza.
Un monumento talmente celebre per la sua bellezza estetica che fu necessario, nel 1910, farne una copia che trovasse posto in piazza della Signoria, onde preservare l’originale, conservato tuttora nella Galleria dell’Accademia di Firenze.

Sarà riuscita l’insegnante statunitense, prima di venire ingiustamente silurata, a spiegare almeno queste cose ai suoi studenti? A suscitare la loro curiosità?
Dobbiamo augurarcelo. Ci scandalizziamo, giustamente, di fronte a chi danneggia le opere d’arte, insozzandole in varia maniera.
Trovo la scelta della dirigenza della scuola di Tallahassee della stessa bassezza, se non peggiore. Non si vorrebbe che la soluzione caldeggiata da queste schiere di benpensanti sia quella di cancellare dipinti e sculture, raffiguranti donne e uomini nudi, relegandole alla damnatio memoriae, per non turbare la sensibilità sessuale di non si sa bene chi. Potremmo forse rispolverare, rimanendo nel contesto artisitico, l’afflato controriformistico di Daniele da Volterra (1509-1566) e mettere le braghe a tutti gli affreschi, i dipinti, le statue e chi più ne ha più ne metta. Un marcia indietro di cinquecento anni.
Il fenomeno a cui stiamo assistendo, appare come una forma subdola e perversa di censura, che è passata anche sui social: ricordate i dipinti di Rubens vietati da Facebook perché ritenuti pornografici? Sconvolgente fu la giustificazione addotta dai fustigatori di costumi 2.0. per difendere la loro scelta: la colpa è dell’algoritmo!

Risuonano allo stesso modo, non meno imbarazzanti, le motivazioni addotte a difesa dell’iniziativa intrapresa contro l’insegnante e le correlate scuse verso chi si è risentito per l’accaduto, città di Firenze in primis. Sono state diffuse, qualche giorno fa, le dichiarazioni del portavoce del Department of Education della Florida (fonte ANSA), con cui si informa, urbe ot orbi, che la scandalosa statua è da considerarsi un’opera d’arte di valore storico-artistico…

Dalla California, passando di nuovo per la Florida, ritorniamo al “bel paese ch’Appennin parte, e ‘l mar circonda e l’Alpe”. Siamo pur sempre un popolo di poeti, di artisti, di eroi, mi fermo qui, se non per riproporre la figura di Giovanni Caboto (vissuto tra la seconda metà del 1400 quasi 1500). Navigatore di ignote origini, cresciuto nella Serenissima Repubblica di Venezia, in seguito messosi al servizio delle corone inglese e spagnola, ha continuato l’impresa del genovese Colombo esplorando anche l’America (settentrionale): forse l’ha scoperta in modo impudente. Magari scaturisce proprio da quell’impresa il peccato originale per cui stiamo incappando, nostro malgrado, in uno speciale ed asincrono contrappasso.
Celie a parte. Quanto è accaduto dimostra, per l’ennesima volta, una deriva insidiosa, che va contrastata coralmente, con determinazione e intelligenza.
Dobbiamo confidare anzitutto in giovani, forti, puri come il David e pronti, più degli adulti, a scagliare le “pietre” giuste dell’apertura mentale e del dialogo costruttivo.

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