Nel 2003 Mauro Giancaspro, bibliotecario di professione e bibliofilo per passione, dà alle stampe Il morbo di Gutenberg, un pamphlet esteso sulle molteplici varianti di una sindrome virale ed ereditaria che ha a che fare con la carta e si connette «al possesso, alla conservazione e alla gestione di tutto ciò che è stampato». Dall’edizione rarissima al più piccolo ritaglio di giornale, un’accumulazione che «può raggiungere effetti maniacali da vero e proprio horror vacui domestico», passando per una disamina della perversione, molto frequente, di tenere un diario.
Un volume gustosissimo, uno dei tanti che ci ha lasciato in eredità, esempio del genio di ironia che è stato Giancaspro e della sua vastissima conoscenza degli autori e del loro pensiero sui libri e sulle biblalgie, sul come collezionarli, sulle infinite ragioni per non prestarli, e su tutto quel ventaglio di manie e ossessioni, narcisismo e ostentazione che, poco o tantissimo, hanno accompagnato gli uomini fin dall’invenzione di questo oggetto di meraviglia e seduzione. Nel 2021 Il morbo di Gutenberg torna in tipografia in una edizione aggiornata e ampliata, corredata di illustrazioni, ritratti e caricature a opera dell’autore stesso, per restituire “in presa diretta” il racconto delle mutilazioni e degli scaffali vuoti della Biblioteca dei Girolamini: Giancaspro nella notte tra il 18 e il 19 aprile 2012 è infatti uno tra i primi, insieme ai Carabinieri del Nucleo per la Tutela del Patrimonio Culturale, a entrare in quel tempio profanato nel cuore della Napoli greco-romana. Nominato dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli suo curatore giudiziario, assume l’incarico fino al 2014, quando i sopraggiunti limiti di età lo “costringono” al riposo della pensione.
In più parti l’autore ci consegna la memoria del suo piccolo mondo antico, offrendo una dettagliata retrospettiva sul modello educativo dell’Italia negli anni Cinquanta in cui irrequietezza e indifferenza verso il libro la fanno da padrone: «La lettura, della quale i miei inutilmente decantavano la bellezza e la piacevolezza, era il temuto strumento di tortura scolastico, inflitta prima con il sillabario, poi con il libro di lettura, sempre sotto minaccia di una bacchettata sul palmo della mano, assai praticata in classe». E se il terrore dei primi anni porta il nome della tremenda suor Florinda, l’atmosfera casalinga non sempre è distesa perché «la scarsissima predisposizione alla lettura era considerata preoccupante, soprattutto perché si manifestava in una casa dove si compravano tre quotidiani, un paio di settimanali e un discreto numero di mensili, e naturalmente libri». Nell’estate 1965 l’epifania degli Oscar Mondadori: Giancaspro, che poi dedicherà l’intera sua esistenza ai libri e alla scrittura, si avvicina alla lettura come antidoto alla noia «dell’organizzatissimo e disciplinatissimo stabilimento balneare militare» e scopre un mondo e una malattia alla quale, di fatto, era predestinato: Il morbo di Gutenberg, appunto. L’autobiografia si connota di oggetti, metodi e abitudini novecenteschi, dal valore storico più che nostalgico, e si mischia al saggio, alle citazioni e alle note perché nella bella scrittura di Giancaspro tutto si tiene, persino la pornografia, scambiata e consumata durante il servizio militare, con il bucherzeichen.
Sviscerare in cosa consista e quali siano i sintomi più comuni della malattia è uno sgarbo che non vogliamo fare ai nostri lettori né ai prossimi – speriamo molti – che si rivolgeranno alle pagine di geniale comicità dell’autore che esplorano la catena del libro, l’esercizio della lamentatio e molto altro dei vizi e delle virtù dei frequentatori di luoghi di diffusione del morbo. Ma un passo lo vogliamo anticipare, affinché ognuno possa prendere confidenza con quel che gli aspetta e possa – come abbiamo fatto noi, poco o tantissimo – riconoscersi: «Il bibliomane è pavido; vede nel prossimo sempre un possibile ladro dei suoi tesori; tiene allora le camere stipate di libri fuori dalla porta e della vista di estranei, e separate dai circuiti domestici in cui possono transitare il garzone del supermercato, il lettore del contatore dell’acqua, l’elettricista, l’idraulico, il tecnico della lavatrice.
Il bibliofilo, al contrario, è vanitoso ed esibizionista; gode nel mostrare la sua collezione, nel lasciare che dai suoi libri possa trasparire il suo carattere e affronta anche il rischio di domande imbarazzanti di chi ha letto un libro che lui si limita solo a possedere e a sfogliare». Il primo non prende libri in prestito perché – come scrive Rainer Maria Rilke – «Con i libri in prestito non si stabilisce nessun rapporto, si rimane sempre al lei»; il secondo invece «ama anche andare in una biblioteca pubblica a sfogliare e a consultare i grandi cimeli della storia del libro».
Chi non sfogliò né prese in prestito, ma incise tavole e saccheggiò volumi a piene mani fu invece l’allora direttore della Biblioteca dei Girolamini di Napoli che, di tutte le patologie elencate in questo volume, avocò a sé gli eccessi più efferati. A Giancaspro, che nella sua carriera ebbe modo di far esperienza con «una biblioteca di antica formazione e di medie dimensioni; di una biblioteca piccola di recentissima nascita, tutta da costruire dal nulla; di un’immensa biblioteca di antichissima origine, da ridestare da un profondo sonno all’ombra delle sue prestigiosissime collezioni; di una grande biblioteca da traslocare da una sede diventata troppo stretta a una nuova tutta tecnologia e modernità, ma in periferia», mancava all’appello quella «antica e ricchissima», violentata dal suo stesso guardiano, da medicare. La vicenda che si consumò tra il 2 giugno 2011 e il 18 aprile 2012 «è davvero assai più surreale che qualunque racconto di fantascienza in cui sono protagonisti i libri», eppure «anche quello che è accaduto dal 2012 a oggi ha del paradossale o del tragico o del ridicolo». Inizia con questa premessa la minuziosa cronaca della lunga tragica notte, la prima del sequestro giudiziario in un caos babelico di pile, di scatole e di vuoti: «Molte scaffalature sono completamente svuotate e quelle nelle quali lo svuotamento è stato selettivo appaiono come dentature devastate dalla carie: grottesco sorriso sfinestrato di donne che sono state in passato bellissime e seducenti». Nemmeno la «solennità che toglie il respiro» della Sala Vico, un ambiente monumentale in cui tra Sei e Settecento vi lavorarono i migliori artisti napoletani, è risparmiata: «fa pensare a un grande tempio rupestre orientale che qualche fanatico iconoclasta integralista e nemico del sapere ha già minato». Entra in azione un piccola task force che si dà «molto da fare anche senza straordinario, e con entusiasmo» ma la proposta di inventariare e catalogare l’intero patrimonio da capo viene bocciata «Per effetto delle divergenze che dividono anche i posti dove si prendono le decisioni importanti».
Giancaspro che «praticava l’ironia, ma amava la serietà. Anche in letteratura», come ha ricordato Raffaele Messina sulla sua bacheca Facebook alla notizia della scomparsa terrena, è stato un «Uomo di una cultura gigantesca e di una umanità rara», ha sottolineato Gianfranco Donadio, e lo dimostra questo libro che racconta molto di sé: vi «si rivede la persona» e la missione professionale che ha esercitato con ostinata pragmatica generosità.
Mauro Giancaspro mancherà molto, senz’altro a noi, ai contagiati dal morbo.
Mauro Giancaspro, Il morbo di Guntenberg, Homo Scrivens, 2021, 292 pp., 18 euro.
Dopo la laurea a Trento in Scienze dei Beni Culturali, in ambito storico-artistico, ho “deragliato” conseguendo a Milano un Perfezionamento in Scenari internazionali della criminalità organizzata, un Master in Analisi, Prevenzione e Contrasto della criminalità organizzata e della corruzione a Pisa e un Perfezionamento in Arte e diritto di nuovo a Milano. Ho frequentato un Master in scrittura creativa alla Scuola Holden di Torino. Colleziono e recensisco libri, organizzo scampagnate e viaggi a caccia di bellezza e incuria.