Le regole
Sull’Abbazia di Montecassino a quasi 80 anni dalla distruzione sotto le bombe dell’esercito alleato
Prima di tutto chiedi a Dio con costante e intensa preghiera di portare a termine quanto di buono ti proponi di compiere, affinché, dopo averci misericordiosamente accolto tra i suoi figli, egli non debba un giorno adirarsi per la nostra indegna condotta.
San Benedetto da Norcia
Nei primi mesi del 1944, le truppe degli Alleati e dei Tedeschi si fronteggiarono nei pressi di Cassino, in un durissimo e sanguinoso scontro noto ai posteri come “Battaglia di Montecassino”. Nel contesto, a rendere ancora più drammatico l’evento, fu distrutta la celebre e millenaria Abbazia, bersaglio di migliaia di proiettili e tonnellate di bombe sganciate dall’esercito anglo-americano.
Com’è stato possibile che un monumento di tale importanza, già all’epoca unanimemente riconosciuto come un riferimento culturale e di civiltà a livello mondiale, sia stato devastato con queste brutali modalità?
Non ci dilungheremo più del necessario sulle questioni strategico-tattiche che hanno portato purtroppo al tragico esito. Certo è che all’epoca gli eventi bellici precipitarono e il monumento si trovò di fatto in mezzo a due fuochi. Vi è da dire che le truppe tedesche, dopo aver dichiarato in precedenza l’Abbazia e l’area circostante zona neutrale, tra la fine del ’43 e gli inizi del ’44, vi organizzarono una linea per le artiglierie pesanti. Tutto ciò all’oscuro della popolazione che, viceversa, riteneva il luogo e le sue adiacenze sicuri per un possibile rifugio, rispetto alle zone più prossime alla linea Gustav.
Sul fronte alleato l’avanzata delle truppe anglo-americane, guidate dal Field Marshal Harold Alexander, avevano rallentato la marcia lungo le direttive della Valle del Liri e sul versante di Anzio-Nettuno.
Insomma, il terreno di scontro sembrava proprio avere il suo epicentro sulla collina dove insisteva la struttura religiosa.
La linea di comando anglo-americana prese una decisione che coinvolse i più alti vertici militari di quella compagine, arrivando fino al comandante in capo delle forze, il Generale Dwight D. Eisenhower. L’alto ufficiale statunitense, basandosi sulle notizie dei suoi sottoposti, giustificando l’esigenza strategica di fermare l’avanzata nemica, fece riferimento alla “necessità militare” adducendo di non dover sacrificare oltremodo le truppe seppur a fronte della protezione di un bene culturale italiano così rilevante. A seguito di questa decisone, fu ordinato il bombardamento dell’Abbazia con l’impiego delle imponenti fortezze volanti che sganciarono 253 tonnellate di bombe. A questo massiccio attacco seguirono ulteriori raid aerei, accompagnati dal fuoco incessante delle artiglierie.
Dopo questo episodio, il teatro fu terreno di aspri conflitti per oltre un mese con le truppe di terra e i mezzi corazzati, che di fatto distrussero gran parte del comune di Cassino e le frazioni limitrofe. I Tedeschi, per decisione del capo delle operazioni, Generale Frido von Senger und Etterlin, fecero di ciò che rimaneva dell’Abbazia un caposaldo difensivo, il che comportò perdite pesanti in ambo gli schieramenti, oltre che fra i civili inermi.
La distruzione dell’Abbazia è certamente un fatto esecrabile, vieppiù se si tiene conto (su questo punto vi sono tuttavia alcuni pareri discordanti degli storici militari) che le azioni messe in atto dalle forze anglo-americane non hanno certo tratto un reale vantaggio dall’aver annientato l’obiettivo, evidenziando invece incapacità nel gestire le manovre del concomitante assedio di terra.
Detto ciò, il tragico evento ha costituito se non altro un inizio nel far maturare la sensibilità delle forze armate nei confronti dei beni culturali nei territori interessati dai conflitti bellici. Eventi di questa portata hanno implicato l’adozione, nel 1954, della Convenzione dell’Aja per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato. La consapevolezza del valore del patrimonio culturale è richiamata già nei primi articoli del documento. In particolare, l’art. 7 evidenzia il dovere delle forze armate di ogni Paese di diffondere la cultura del rispetto dei beni culturali tra le fila militari.
La Convenzione prevede due modalità di protezione del patrimonio. La prima, più generale, comprende i beni definiti dall’art. 1, identificabili durante il conflitto da un apposito segno distintivo. La seconda è data dall’apposizione del distintivo speciale, previsto sui beni inseriti in un’apposita lista internazionale curata dalla direzione generale dell’UNESCO.
La protezione generale si basa su due aspetti fondamentali: la salvaguardia e il rispetto dei beni culturali. Il principio di salvaguardia risiede nell’obbligo degli Stati membri di predisporre la tutela dei beni culturali già in tempo di pace, attraverso l’adozione di idonee misure. Il rispetto vincola le parti in conflitto a rispettare i beni sul proprio territorio ma anche su quello delle parti contraenti, evitando di impiegarli per finalità che potrebbero esporli a distruzione, deterioramento, furti e saccheggi. Questa particolare previsione estende la sfera di applicazione della Convenzione comprendendo sia il contesto bellico che il periodo di pace, ispirandosi ai principi della prevenzione. Il testo della Convenzione è altresì vincolante in caso di illecito trasferimento dei beni mobili in tempo di guerra. I protocolli successivi stabiliscono che lo Stato occupante sia obbligato a impedire l’esportazione di beni culturali dal territorio occupato e, in caso di violazione, lo Stato nel cui territorio siano stati trasferiti i beni importati abbia l’obbligo di sequestrarli e restituirli cessate le operazioni di guerra.
L’art. 15 del Secondo Protocollo del 1999 (protezione rafforzata) ha sancito che sussiste la responsabilità penale individuale su quelle condotte configurabili come reato, commesse in pregiudizio dei beni culturali. Tra tutte vi è la condotta di considerare obiettivo di un attacco un bene culturale sotto protezione, ovvero utilizzare tale bene o la zona circostante per predisporre un’azione militare. Allo stesso modo sono perseguibili la distruzione, il danneggiamento e l’appropriazione dei beni culturali protetti dalla Convenzione e dal Secondo Protocollo.
Non sempre, purtroppo, queste regole sono state rispettate, anche dopo il dramma di Montecassino.
Si pensi agli eventi tragici di questi giorni riguardanti aree come la Siria che, seppur oltre i confini nazionali, non ci esonerano dal sentirci coinvolti e preoccupati.
Il prossimo anno saranno celebrati ottanta anni dal bombardamento di Montecassino. Una serie di eventi a tema è stata programmata, con la presenza del Presidente della Repubblica a testimonianza della solennità della ricorrenza: la memoria è essa stessa un patrimonio prezioso. Questo anche per ribadire i valori fondanti di una società ed educare le future generazioni al rispetto delle regole. Non si vorrebbe che proprio in nome delle regole si affermasse, viceversa, una logica perversa e prevaricatrice, generando eventi ancora peggiori.
Opinionista