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Cultura e volontariato. Scenari attuali e futuri

(Tempo di lettura: 6 minuti)

La solidarietà è l’unico investimento che non fallisce mai

(Henry David Thoreau)

Cultura e volontariato sono concetti che si sposano alla perfezione, se non altro a livello ideale.
La contingenza socio-economica induce tuttavia ad un’attenta riflessione che deve considerare le difficoltà sul fronte economico-progettuale per affrontare meglio le sfide future, in un’ottica partecipata e sostenibile.
La prospettiva da adottare è quella di coinvolgere anzitutto le varie componenti, partendo dalla base: istituzioni, attività economiche, imprese ed associazioni.
Il volontariato culturale in Italia si fonda su solidi principi costituzionali: la solidarietà (art. 2), la promozione sociale (art. 3). Aspetti ribaditi anche in una storica sentenza della Corte di Cassazione (75/1992).
A queste massime garanzie va aggiunta l’ulteriore previsione dell’art. 9, che tutela la cultura e ne promuove lo sviluppo.

Questa è la formula, tenuta insieme dall’ impegno collettivo, per assicurare l’evoluzione del volontariato in ogni distretto culturale (1), e poter cogliere opportunità che potenzialmente sussistono ma che in pochi, soprattutto in ambito imprenditoriale, hanno ancora saputo cogliere. È un processo che nasce e si sviluppa a livello locale, attivando la formazione e una comunicazione seria e condivisa. L’obiettivo principale è sollecitare, partendo dall’analisi dei bisogni culturali del territorio, un progetto per promuovere la ricerca valendosi anche dei volontari, predisponendo un piano strategico di solidarietà rivolto al patrimonio culturale, museale, ambientale/paesaggistico, che consenta agli stakeholder, nella propria autonomia, di operare in maniera coordinata, concreta e non disorganica.

È un’operazione complessa, che richiede determinazione, impegno, passione e volontà. Qualità proprie di un volontario che, in quest’epoca, può essere chiamato a svolgere un ruolo di rilievo nel contesto culturale e turistico del territorio. Il coordinamento e il potenziamento di questo settore del volontariato, deve passare attraverso una promozione a partire dalla sensibilizzazione in ambito giovanile/scolastico sia in quello della terza età, tenuto conto delle asimmetrie e distorsioni sociali che ormai contraddistinguono il nostro paese.

Da tempo si è dimostrata fondamentale l’azione dei volontari in ambito sociale e sanitario, stessa sorte sembra riguardare anche il comparto culturale seppur con qualche criticità. In un’economia come la nostra, la cultura sembra orientarsi verso scenari immateriali in connessione a nuove dinamiche creative connesse alle tecnologie informatiche e alla rete. La cultura, perciò, si configura come asset d’impresa in uno scenario economico dove le risorse saranno centrali in un territorio dove operano istituzioni e imprenditori del settore culturale e turistico. Un distretto economico/culturale evoluto valorizza anzitutto il territorio, esaltandone la componente culturale attraverso un’ attenta tutela del patrimonio culturale in relazione a una domanda/offerta di qualità e sostenibile. L’innovazione assume un ruolo cruciale perché consente lo sviluppo di un’economia ad alto contenuto di conoscenza, con una ricaduta positiva sui luoghi interessati a livello di attrazione culturale e turistica di elevata qualità. In questa prospettiva il volontariato culturale dovrà sposare percorsi più evoluti ed integrati per continuare a svolgere la propria missione di indispensabile supporto.
Questa particolare attività dovrà essere connessa e coerente con una nuova sensibilità che si va affermando, per fortuna, a livello planetario.


Sono significative in questo senso le raccomandazioni delle Convenzione di Faro del 2005, ratificata dall’Italia nel 2013. La Convezione ha tenuto conto delle drammatiche conseguenze scaturite dai conflitti armati, in particolare di quello consumato sul fronte balcanico. Il suo contenuto si fonda sull’idea pluralista, inclusiva e rispettosa delle diversità culturali, prefiggendosi di “salvaguardare e promuovere quegli ideali e principi, fondati sul rispetto dei diritti dell’uomo, della democrazia e dello stato di diritto, che costituiscono il loro patrimonio comune”.
Rimarca nel preambolo “il valore e il potenziale di un patrimonio culturale usato saggiamente come risorsa per lo sviluppo sostenibile e per la qualità della vita, in una società in costante evoluzione” e riconosce a ogni persona “il diritto, nel rispetto dei diritti e delle libertà altrui, a interessarsi al patrimonio culturale di propria scelta, in quanto parte del diritto a partecipare liberamente alla vita culturale”.
Il portato più innovativo della convenzione è la nozione di “comunità di patrimonio”, “un insieme di persone che attribuisce valore ad aspetti specifici del patrimonio culturale, e che desidera, nel quadro di un’azione pubblica, sostenerli e trasmetterli alle generazioni future”. Evidenziando che “chiunque da solo o collettivamente ha diritto di contribuire all’arricchimento del patrimonio culturale”. Viene incentivata la partecipazione attiva dei cittadini, chiamati a svolgere un ruolo individuale e più connesso aderente ai bisogni della collettività, “a trarre beneficio dal patrimonio culturale e a contribuire al suo arricchimento”.

La partecipazione dei cittadini, secondo i principi democratici, è finalizzata al “processo di identificazione, studio, interpretazione, protezione, conservazione e presentazione del patrimonio culturale” e anche “alla riflessione e al dibattito pubblico sulle opportunità e sulle sfide che il patrimonio culturale rappresenta”. Alle comunità locali, ai cittadini, ai fruitori è affidato un ruolo culturale/sociale significativo, in precedenza destinato solo a specialisti e a tecnici. La promozione e la tutela sociale del patrimonio, è la via privilegiata per conoscere, per prendersi cura, valorizzare e gestire un patrimonio ampio e diffuso come quello del nostro paese.

La Convenzione è un riferimento utile per mediare un conflitto pernicioso tra operatori professionali e volontari. è auspicabile esplorare ogni forma di collaborazione tra volontari e professionisti culturali, come già avviene più proficuamente in ambito di assistenza sociale e sanitaria. Il ruolo del volontariato non è sostitutivo, succedaneo, ma rappresenta una risorsa umana preziosa a supporto della conoscenza, della cura della valorizzazione del patrimonio artistico-culturale. È altresì un fattore di sviluppo per migliorare le condizioni di lavoro nel campo della cultura.

È evidente l’allineamento, come accennato in premessa, di questi principi con i dettami costituzionali richiamati nell’articolo 9 della nostra Costituzione. Vi è un legame inscindibile tra tutela e promozione dello “sviluppo della cultura e della ricerca scientifica e tecnica” che passa attraverso la tutela del “paesaggio e patrimonio storico e artistico della Nazione” non solo attraverso l’azione istituzionale centrale e periferica ma anche mediante le comunità. La Convenzione richiama anche il contenuto dell’art. 118 della Costituzione, che sancisce il principio di sussidiarietà, sollecitando le istituzioni pubbliche a supportare gli interventi di soggetti privati, del cosiddetto terzo settore, a porsi al servizio della collettività per il soddisfacimento di interessi collettivi.

Un riconoscimento del ruolo dei volontari e del contesto particolare in cui sono chiamati ad assolvere i loro compiti, è stato indicato da ICOM Italia nel 2019.
L’ente ha da sempre considerato fondamentale il contributo dei volontari e di coloro che, in senso più ampio e a vario titolo contribuiscono alle attività culturali in seno alle istituzioni museali. Il “sostegno disinteressato” è ritenuto una risorsa preziosa per le istituzioni culturali, utile per coniugare volontà partecipativa, responsabilità civica nei confronti del patrimonio comune. Le associazioni di volontariato sono in grado di assicurano con competenza prestazioni di accoglienza e vigilanza, attività promozionali e didattiche, in un contesto organizzato da professionalità del contesto museale.

Queste peculiarità devono essere valutate alla luce della realtà attuale, caratterizzata da una parte da carenze di personale destinabile a svolgere un ruolo nei contesti richiamati, dall’altra da un’offerta di lavoro superiore di giovani laureati e specializzati.
Il Codice etico degli Amici e Volontari dei musei (1996) ribadisce che i volontari, per quanto formati e motivati, debbono avere un ruolo complementare e non sostitutivo dei professionisti.
ICOM Italia, dopo i lavori della Conferenza di Verona del 2007, consigliava ai musei di:
– individuare con chiarezza gli ambiti, i tipi di attività e gli interventi in cui si reputa opportuno il contributo del volontariato; di fissare in un accordo scritto i rispettivi compiti e ruoli;
– affidare a un funzionario la responsabilità dei rapporti con il volontariato e il mandato di dare impulso a tutte le forme di collaborazione possibile.

In sintesi, c’è ancora molta strada da percorrere. Non entreremo nel merito delle problematiche della vasta galassia del volontariato, delle difficoltà applicative della legge quadro 266/1991 e del Codice del Terzo Settore del 2017 e alle pronuncia della magistratura contabile in relazione al principio di diritto, dai rilevanti riflessi verso un orizzonte di “sussidiarietà orizzontale” (Corte dei Conti, Sezione delle autonomie, deliberazione n. 26/SEZAUT/2017/QMIG). In particolare al conflitto nato tra figure professionali, come le guide turistiche-museali, i volontari e figure non proprio disciplinate.

È illuminate il recente fatto di cronaca accaduto Bergamo, dove un’insegnante di educazione artistica in pensione, è stata multata dalla polizia locale, con una sanzione pecuniaria di duemila euro, per esercizio abusivo della professione di guida turistica: stava illustrando i monumenti della città a un gruppo di studenti/soci dell’Università della Terza Età. La vicenda ha suscitato molte polemiche e soprattutto ha fatto emergere le difficoltà attuative, a livello amministrativo, della normativa di riferimento che viene interpretata più o meno estensivamente a secondo delle realtà.

Urge un intervento, una riforma di indirizzo, per evitare situazioni di palese difformità, sgradevoli se non di vero e proprio abusivismo, come quelle che riguardano siti attrattivi ed importanti, come ad esempio il Colosseo, dove la problematica è diventata rilevante perfino sotto il profilo dell’ordine e della sicurezza pubblica.

Il ruolo della prevenzione anche in questi casi è fondamentale. Una prevenzione lungimirante e partecipata che deve conciliarsi con la diversità culturale per una migliore valorizzazione del singolo, del contesto sociale, della cultura e delle attività connesse.
In questo senso è necessario:
– pensare a progetti ampi e di lungo periodo;
– considerare la complessità di ogni identità in funzione del tempo;
– valorizzare i diversi punti di vista rifuggendo da ogni forma di autoreferenzialità e autoritarismo;
– adottare una metodologia interpretativa corretta ed empatica;
– promuovere l’accessibilità e l’accoglienza;
– incentivare l’ascolto, l’apprendimento, la formazione continua;
– privilegiare un approccio scientifico strutturato per la risoluzione dei problemi.

Sono questi i presupposti per conseguire il successo nello specifico settore? Difficile rispondere, ma è doveroso darsi da fare. Di fatto non c’è nulla di veramente definitivo, tanto meno il successo. D’altro canto l’insuccesso non è mai inevitabile. Il coraggio di andare avanti insieme, superando le difficoltà, è ciò che conta davvero.

Note

  1. “I distretti culturali nei paesi avanzati e nelle economie emergenti”, W. Santagata, 2005, Economia, Sociologia.
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