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All’Ara Pacis la mostra “Lex. Giustizia e diritto dall’Etruria a Roma”

(Tempo di lettura: 8 minuti)

Il 27 Maggio 2023 ha aperto al pubblico la mostra temporanea Lex. Giustizia e Diritto dall’Etruria a Roma, allestita nello spazio espositivo del Museo dell’Ara Pacis, visitabile fino al 10 Settembre 2023. Scopo della mostra, come sottolineato dagli stessi organizzatori, è quello di “presentare ai visitatori il concetto di Giustizia nelle società antiche con un focus particolare sull’Italia e sul mondo etrusco e romano”. 

La mostra affronta argomenti complessi che si sono ampliati e modificati nel corso dei secoli ma, attraverso la scelta di precisi reperti significativi (sia originali che copie) accompagnati da pannelli esaustivi, permette di comprenderne l’evoluzione.

L’allestimento si snoda attraverso un percorso ad anello che si apre con l’età antica e si conclude con quella tardo antica. All’ingresso della mostra si viene accolti da una prima grande sala nella quale viene introdotto, attraverso pannelli esplicativi, il concetto di Giustizia e Diritto sottolineandone in maniera chiara la differenza sostanziale. Interessante è la scelta di porre un passo di Silio Italico, vissuto nel I secolo d.C., nel quale l’autore ritiene la città etrusca di Vetulonia colei che ha stabilito quali fossero gli oggetti fondamentali per simboleggiare chi gestiva la giustizia e, non a caso, alcuni di questi oggetti sono presenti nelle sale successive, in particolare la sedia curule, simbolo imprescindibile per l’amministrazione della giustizia.

Il medesimo argomento è trattato anche per il rapporto tra gli Dei e gli uomini, usando come oggetti esemplificativi due opere vascolari, entrambe con scene legate al mito e alla giustizia dettata dal volere divino che si manifesta nelle scelte umane: il Giudizio di Paride (sul lato A dell’anfora attica a figure nere del VI sec. a.C. dalla collezione Castellani del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia) e la richiesta di restituzione del corpo di Ettore fatta da Priamo ad Achille (cratere attico a figure nere del 570/560 a.C. dal Museo di Vetulonia), basata sul diritto da tutti accettato di poter avere una degna sepoltura. In questa fase l’idea di giustizia non è ancora codificata con leggi ed è diversa da quella che si strutturerà nel mondo etrusco e poi, in maniera molto più dettagliata e articolata, nel mondo romano.

Pittore delle Iscrizioni (Gruppo delle Anfore iscritte), Anfora - Psykter con rappresentazione di Giudizio di Paride, ceramica attica a figure nere, VI sec. a.C., Roma, Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, inv. 50410 (Collezione Castellani).

La mostra prosegue poi lungo un corridoio nel quale si sottolinea il concetto di giustizia nelle fasi iniziali della vita romana, con particolare riguardo al fatto che l’autorità pubblica non interveniva nelle questioni private che venivano risolte autonomamente: solo in caso di grave pericolo per la comunità l’autorità sarebbe intervenuta. Non a caso l’esempio più eclatante riportato di giustizia privata è quello della vergine Virginia, uccisa da suo padre Virginio per preservarne la purezza insidiata dal decemviro Appio Claudio. Costui faceva parte del collegio scelto per redigere le prime leggi scritte di Roma che mettessero in chiaro i diritti dei cittadini romani, note come XII Tavole ma pensava di poter approfittare della sua posizione per fare ciò che voleva restando impunito. Per la storia di Roma questo avvenimento fu fondamentale perché permise, dopo una sollevazione popolare e militare, l’abolizione dei decemviri, considerati alla stregua di tiranni.

Si affronta successivamente il concetto di IUS e si delinea il ruolo effettivo di un magistrato, supportato quest’ultimo dall’esposizione di quattro urne cinerarie di ambito etrusco (databili al II sec. a.C. e provenienti dal Museo Etrusco “Guarnacci” di Volterra) con raffigurazioni a rilievo di magistrati locali nell’esercizio delle proprie funzioni.

Si passa quindi ai littori, che avevano il compito di scortare i magistrati e si distinguevano per l’utilizzo di fasci composti da verghe di betulla o di olmo tenute da stringhe di cuoio. A loro si riferiscono i due calchi di lastre con fasci littori a rilievo dopo i quali si arriva alla grande sala dedicata al periodo imperiale con opere che si legano all’imperatore Augusto, vero artefice di un cambiamento epocale.

In particolare l’altare dedicato ai Lares Augusti (dalla Centrale Montemartini) permette di affrontare il tema delle magistrature minori legate al potere centrale come, appunto, quella dei vicomagistri, che venivano scelti ogni anno tra gli abitanti di origine libertina o servile di ciascun vico con il compito di sovrintendere il culto.

Altare dedicato ai Lares Augusti, marmo bianco lunense, II-III sec. d.C., Roma, Musei Capitolini – Centrale Montemartini, inv. MC S 855 NCE 2970.

Ad Augusto e a Traiano è legato il tema dei luoghi della Giustizia a Roma, con i plastici dei due più emblematici. Il primo, realizzato da Italo Gismondi, rappresenta il Foro di Augusto, creato per necessità di avere nuovi spazi per i processi, come riportato dal passo di Svetonio (Aug. 29, 1-2) . Erano i due grandi emicicli ad ospitare probabilmente i tribunali dei pretori ed era quindi lì che si svolgevano i processi, sotto lo sguardo delle grandiose statue di Romolo ed Enea al centro dei due ambienti. Il secondo luogo fondamentale per l’aspetto giudiziario fu la Basilica Ulpia, fatta erigere da Traiano all’interno del suo immenso Foro con accesso dalla piazza, e riprodotta con un plastico esposto accanto a quello del Foro di Augusto. Nella grandiosa basilica vi era ospitato l’archivio dei censori e  vi si svolgevano le operazioni di affrancamento degli schiavi. Quest’ultime fin dall’età repubblicana avevano avuto come sede l’Atrium libertatis, edificio posto accanto al Foro di Cesare, e furono poi fatte nella Basilica Ulpia in quanto il precedente luogo fu distrutto proprio per la sua costruzione.

Nel resto della sala è esposta anche una selezione di oggetti che mostrano quanto era comunemente usato dai magistrati, come stiletti per la scrittura, calamai (da collezione privata) o tavoletta cerata e contenitore per documenti (riproduzioni moderne), nonché copia di un affresco relativo a scene di giustizia, il cui originale proveniente dalla Villa della Farnesina è esposto al Museo Nazionale Romano di Palazzo Massimo.

Le parti successive della mostra si riferiscono ad aspetti specifici della vita quotidiana e alla loro organizzazione in base alle leggi (il matrimonio, il controllo del denaro ad opera dei nummolari, la schiavitù, compresa quella per debito). Si passa poi alla giustizia militare, più rigorosa e severa rispetto a quella applicata ai cittadini perché la gestione dell’esercito, formato da una moltitudine eterogenea di uomini, doveva necessariamente essere ad hoc. Qui vengono esposti oggetti legati alla vita quotidiana militare, come parti di stendardo, un pugio, il tipico coltello militare, e due gladii. In particolare è presente una sella curule castrense, la quale sembra avesse, come elemento diversificato rispetto a quella classica, una parte laterale che permettesse al magistrato di tenere, anche da seduto, la sua spada al fianco.

Continuando verso la parte conclusiva dell’esposizione si affronta anche la gestione legislativa del vincolo di amicizia, che Roma poteva contrarre e concedere a personaggi che si erano particolarmente distinti a suo favore: in merito a questo è esposta la tavola bronzea con il Senatoconsulto del 78 a.C. che concedeva ad Asclepiade di Clazomenio, Polistrato di Caristo e Menisco di Mileto, comandanti di navi greci, lo status di “amici” per il loro aiuto durante la Guerra Sociale.

L’ultima sezione, che si ricollega fisicamente alla prima sala, è dedicata alle immagini della Giustizia nel corso dei secoli: essa sia nel mondo greco che romano (in particolare nelle monete di epoca imperiale) era rappresentata come una figura femminile con in mano una bilancia. Con l’epoca medievale si aggiunge la spada e, successivamente, anche la benda come simbolo di imparzialità. Come esempio è esposta l’opera Allegoria della Giustizia di Luigi Cochetti, in gesso e tempera su tela realizzata tra il 1840 ed il 1850.

Luigi Cochetti (1802-1884), Allegoria della Giustizia, gesso e tempera su tela, 1840-1850, Roma, Museo di Roma, inv. MR 3621.

A completare il percorso è esposta la preziosa edizione a stampa del 1621, realizzata a Venezia, del primo volume del Corpus Iuris Civilis voluto dall’imperatore Giustiniano I (527 – 565 d.C.). Importante figura nel quadro della legislazione, è a lui che va il merito di aver riunito, grazie ad una commissione di 9 giuristi capeggiata da Triboniano, magister officiorum, la tradizione legislativa e giurisprudenziale precedente in un unico Corpus composto dal Codice, dalle Istituzioni (libri dedicati allo studio scolastico dell’argomento), dal Digesto e dalle Novelle (168 normative aggiunte successivamente, delle quali 158 redatte dallo stesso Giustiniano). Grazie a questo immenso lavoro si ebbe un unico testo coerente da poter applicare a qualsiasi tipologia di controversia.  Il Corpus viene considerato come patrimonio della cultura giuridica e gli viene riconosciuto il merito di aver permesso agli scritti dei giuristi dell’antica Roma di non cadere nell’oblio. Ѐ dalla sua riscoperta, portata avanti dalla Scuola di Bologna tra XI e XII secolo, che viene fatto iniziare il cosiddetto “Rinascimento Giuridico” ed è sempre da questo testo fondamentale, adattato alle esigenze del periodo, che nei secoli successivi deriveranno il Codice Napoleonico del 1804 e il nostro Codice Civile.

Una sezione a parte è dedicata, in una sala laterale accessibile dalla sezione dedicata ai luoghi della giustizia, esclusivamente al Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, istituito nel 1969 e dal 2001 Ufficio di diretta collaborazione del Ministro della Cultura. Ad oggi grazie al loro encomiabile lavoro sono state scoperte e sequestrate di più di un milione di opere contraffatte e recuperati più di 3 milioni di beni illecitamente sottratti al nostro patrimonio culturale: sono loro che ogni giorno mettono in atto il concetto di Giustizia legato alla sottrazione illecita del nostro patrimonio culturale. Nella sala a loro dedicata sono esposti 9 vasi di diversa cronologia, una testa di Athena e la parte dell’obelisco di Psammetico II databile al VI secolo a.C. ed utilizzato a Roma da Augusto come gnomone della sua meridiana in Campo Marzio. Il frammento dell’obelisco, ricostruito nel 1792 nella sua posizione attuale in piazza Montecitorio per volere di papa Pio VI, risultava scomparso già dall’epoca medievale e solo grazie alla restituzione spontanea al Comando il 21/4/2021 fatta da Carlo Maria Fallani, la cui famiglia di antiquari romani era entrata in possesso del pezzo agli inizi del 1900, è possibile ammirarlo. Tutte le opere qui presenti hanno trovato, da giugno 2022, la loro sede espositiva nel Museo dell’Arte Salvata, allestito nell’Aula ottagona delle Terme di Diocleziano e facente parte del Museo Nazionale Romano. 


Luogo: Museo dell’Ara Pacis
Orario: Dal 27 maggio al 10 settembre 2023
Tutti i giorni 9.30-19.30
Ultimo ingresso un’ora prima della chiusura 
CONSULTA SEMPRE LA PAGINA AVVISI prima di programmare la visita al museo.
Biglietto d’ingresso: Biglietto di ingresso secondo la tariffazione vigente
Gratuito per i possessori di MIC card
Info: 060608 (tutti i giorni 9.00 – 19.00)

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