Gli spiriti e i musei in divenire
A Torino, in vendita l’appartamento appartenuto a Gustavo Adolfo Rol
Ci sono personaggi, al di là delle antipatie e simpatie, del consenso e del dissenso, dell’evidenza e del mistero, della luce e dell’ombra, che fanno da sempre discutere, anche se hanno lasciato la loro dimensione terrena. Gustavo Adolfo Rol è uno di questi. Un “conosciutissimo sconosciuto”. Ufficiale degli Alpini durante la II Guerra Mondiale, bancario di successo, benestante di famiglia, pittore, colto e raffinato, dal gusto estetico filo francese, insomma un uomo poliedrico, fuori dagli schemi consueti, legato indissolubilmente all’aurea magica della sua città natale: Torino. Una fama cresciuta e divulgata, a partite dagli anni ‘70-‘80, anche grazie alle pubblicazioni di Giuditta Dembech, recentemente scomparsa: giornalista, scrittrice, esponente di spicco della corrente New Age, si è occupata per lungo tempo del mondo dell’occulto, è stata amica di Rol per oltre venti anni.
Rol viene ricordato per la polemica sui fenomeni paranormali con Piero Angela. Il più celebre divulgatore scientifico italiano, lungo tutta la sua vita professionale, anche attraverso organizzazioni come il CICAP (Comitato italiano per il controllo delle affermazioni sulle pseudoscienze), si è convintamente battuto per l’affermazione della scienza, contrastando, con stile e competenza, i fenomeni pseudoscientifici, soprattutto perché minano la sfera della credulità popolare. Una querelle proseguita per anni, a distanza, in modalità soft. Dopotutto si sta parlando di due gentiluomini torinesi assai discreti, contraddistinti ambedue da “aplomb sabaudo”, seppur con visioni e opinioni diametralmente opposte.
Chissà cosa avrebbero scritto Giuditta Dembech e lo stesso Piero Angela, nell’apprendere la notizia della vendita del grande appartamento abitato da Rol per lunghissimo tempo, posizionato nei pressi del fiume Po, a poca distanza dal Parco del Valentino. Un’abitazione sita all’indirizzo di via Silvio Pellico civico tre, frequentata in passato da personaggi importanti: Rol riceveva i suoi ospiti illustri con stile e ricercatezza, assoluta privacy, mostrava loro i propri dipinti, confidava le sue premonizioni, presentava i suoi “esperimenti”, esibiva doti di sensitivo mentalista, suscitando meraviglia. Non erano risparmiate critiche, in particolare provenienti da chi non varcava la soglia di quella sorta di salotto esclusivo. Alcuni nomi sono altisonanti, di caratura mondiale; si spazia dai grandi capitani di industria, a imprenditori di successo, registi, attori, religiosi, esponenti politici italiani e esteri di primo piano, nobili coronati, rampanti e decaduti. Qualcuno di costoro, connesso alle sorti del capoluogo subalpino, era di casa, ma andiamo oltre: il gossip su queste pagine non licet.
L’aspetto di interesse però, risiede nell’approfondire un tema controverso, ovvero se un contesto del genere possa divenire una casa-museo, come più di qualcuno ha suggerito, sollecitando anzitutto l’interessamento del comune di Torino. Esistono già realtà di questo tipo. Si pensi, con le debite differenze, agli Harry Potter Studios di Londra, giusto per sottolineare come la tematica del mistero, con varie sfaccettature, sia di rilevante interesse per il vasto pubblico. Qui però si tratta di un ambiente completamente diverso, del tutto particolare: un alloggio di lusso di quasi 400 mq, numerose stanze, con soffitti riccamente stuccati e affrescati, pareti con svariati dipinti e locali ammobiliati con gusto ricercato, frutto di acquisti e scambi che Rol fece col noto antiquario-collezionista Pietro Accorsi, soprannominato il “mercante delle meraviglie”. Il valore della “grotta del mago”, passatemi la provocazione, è stato stimato in tre milioni di euro (trattabili?). La proposta è pubblicizzata su un noto sito di vendite immobiliari. Poca magia ma pragmatismo, come si addice alle questioni economiche, anche se è stato ribadito che le trattative sono strettamente riservate.
Verrà inaugurato dunque l’ennesimo museo? Sarà l’iniziativa privata a prevalere e a perseguire il legittimo profitto? Subentrerà l’intervento pubblico, dello Stato, oppure non se ne farà nulla?
Sarebbe un caso da studiare a fondo, perché l’interesse probabilmente c’è. Andrebbe conciliato con gli aspetti della musealizzazione, ma soprattutto della valorizzazione che, in caso di intervento pubblico, dovrà rispettare rigidamente le regole imposte dall’art. 111 del Codice dei Beni Culturali, in termini di gestione di risorse finanziarie utili all’assolvimento della funzione culturale e al perseguimento delle finalità. Sarà necessario perciò valutare, se il contesto in esame sia in grado di esprimere una capacità attrattiva all’interno di modelli di sviluppo fondati sulle peculiarità locali e sulla valorizzazione territoriale.
L’identità culturale, declinata nella diversità, ha maturato specificità e valori grazie anche ai processi culturali cosiddetti immateriali – come quelli legati alle tradizioni, ai saperi e alle creatività – che di fatto hanno ampliato la definizione di patrimonio culturale. In pratica il processo di conservazione e valorizzazione del patrimonio, sostenuto da strategie strutturate comprendenti oltre i beni culturali anche le altre risorse legate alla storia di in un territorio, possono essere utili alla preservazione dei beni, alla loro promozione e ad un significativo sostegno allo sviluppo economico delle comunità locali. La condivisione e la connessione dei principali stakeholder eleva la sensibilizzazione verso il patrimonio culturale e promuove di conseguenza le attività di cooperazione per la sua conservazione. Si tratta, in definitiva, di focalizzare l’offerta in maniera integrata, per ottenere ricadute positive anche sul settore turistico.
Ci vorrà un pizzico di magia?
Può darsi, magari sarebbe un’occasione utile per conciliare l’inconciliabile. In termini di contenuti e di core business potrebbe essere produttivo. Torino, come noto, è la città delle grandi contraddizioni, dei demoni e dei santi, ma anche centro di sperimentazione su vari livelli. Si potrebbe raccogliere questa sfida intellettuale, che dovrebbe ispirarsi a quei principi, recentemente sanciti anche da ICOM, con riguardo il ruolo dei musei. Le parole chiave sono: servizio, ricerca, collezione, conservazione, interpretazione ed esposizione. Queste sono le aree che dovrebbe coordinare un’istituzione museale per valorizzare proficuamente il patrimonio culturale materiale e immateriale e perché no, come in questa circostanza, mantenere vivo un dibattito aperto, su cui esperti e non, potrebbero confrontarsi con pacatezza.
Intanto su Rol, ricorrendo i 120 anni dalla nascita, Anselma Dell’Olio sta girando un documentario ambientato prevalentemente a Torino: fuoriusciranno altri enigmi? Non bisogna perdere l’opportunità di realizzare qualcosa di “nobile e onesto”, di socialmente utile e funzionale a custodire la memoria collettiva, nondimeno essere troppo convinti, peggio presuntuosi nel perseguire obiettivi ammalianti ma inutili. Parafrasando, infine, il compianto Piero Angela, in attesa di stimolanti e concrete iniziative, non dimentichiamo che «La creatività è soprattutto la capacità di porsi continuamente delle domande».
Opinionista