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Gli elementi salienti ci sono tutti: un reperto archeologico di straordinaria bellezza, un unicum assoluto; l’esemplarità della storia, che si sviluppa tra l’entroterra foggiano, la Svizzera e gli Stati Uniti mostrando la catena di illeciti attraverso cui un bene strappato al suo territorio – dunque privato della capacità di raccontarlo – moltiplica esponenzialmente il suo valore di mercato e va inutilmente a dar lustro a uno dei maggiori musei del mondo; un’indagine articolata, il cui successo si deve tanto alla passione dei suoi protagonisti quanto al gioco di squadra tra le istituzioni; l’attenta restituzione del contesto sociologico in cui scaturisce il crimine, e di quello umano che alla fine ne segna il riscatto, sottolineando il ruolo vincente di una presa di coscienza, seppure tardiva, che chiude il cerchio in sintonia con lo scopo della pubblicazione: formare le nuove generazioni (e non solo) alla consapevolezza del valore identitario delle testimonianze del passato, come fondamento di una cultura della legalità da professare e diffondere con convinzione.

La copertina del fumetto

Come spiega bene l’archeologa Manuela Ferrari in uno degli utili ‘apparati’ che accompagnano la storia a fumetti, il cosiddetto Trapezophoros (sostegno di una tavola, di una mensa rituale, nel caso specifico) è una scultura particolarissima: il soggetto – due grifoni che sbranano un cervo – pur non troppo infrequente, ha in quest’opera la sua unica rappresentazione tridimensionale; il materiale (marmo di Afrodisia, nell’attuale Turchia) e la fattura elevatissima, con preziose tracce di policromia, consentono di inquadrarlo nel IV secolo a. C. in area greco-orientale; infine, l’individuazione dell’area di scavo permette di raccontare, quel che davvero conta, il suo contesto di riferimento: un corredo funebre di un’importante famiglia daunia, in un’area della Magna Grecia evidentemente in contatto e commercio con l’area ellenica di produzione. 

La narrazione dell’indagine ha tutta l’immediatezza che le viene dall’esserne l’autore uno dei principali protagonisti, l’ex luogotenente TPC Roberto Lai, cui si deve l’ideazione di tutta la fortunata serie. E nel racconto ogni personaggio ha il giusto risalto, dal collega Salvatore Morando, compagno di moltissime altre investigazioni, al vicebrigadiere Sandro Sciotti, ricordato oggi per il gesto eroico che gli costò la vita, ma già presente in un momento-chiave delle vicende dei Carabinieri dell’arte, l’irruzione del 13 settembre 1995 al Porto Franco di Ginevra; al magistrato Paolo Giorgio Ferri, alla cui memoria l’albo è dedicato, al generale Conforti, all’allora ministro di Giustizia Oliviero Diliberto. Infine, nell’antefatto (lo scavo clandestino e la vendita) sono ben illustrati i passaggi attraverso i vari anelli della catena del traffico illecito, mentre tutta la narrazione tiene nel giusto conto l’incognita da cui spesso molto, se non tutto, dipende: il ‘fattore umano’. Insomma, una storia avvincente, che si avvale di una redazione brillante e affiatata, e conferma ancora una volta le grandi potenzialità di un mezzo di espressione come il fumetto, che ormai da parecchi anni si è conquistato piena dignità tra altri strumenti narrativi, e strati sempre più ampi di pubblico.

Va sottolineato che Caccia al tesoro di Ascoli Satriano ben rappresenta la mission di comunicazione valoriale e divulgazione culturale dell’Associazione Nazionale Carabinieri – Tutela Patrimonio Culturale, e nasce con il sostegno e il patrocinio del Comando Generale dell’Arma.

Caccia al tesoro di Ascoli Satriano
Soggetto, ideazione e coordinamento: Roberto Lai.
Sceneggiatura: Valerio Maria Fiori.
Illustrazioni: Loredana Atzei.
Testi: Roberto Lai, Manuela Ferrari, Serena Epifani.
Redazione: Roberto Lai, Mauro Di Vasta, Serena Epifani, Manuela Ferrari.
Direzione artistica, grafica e impaginazione: Mauro Di Vasta.
Roma, Sezione ANC-TPC Sant’Ignazio di Loyola; Nucleo di Volontariato e Protezione Civile ANC-TPC odv, 2023.

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