Site icon The Journal of Cultural Heritage Crime

Ancora sul rientro in Italia della lettera di Cristoforo Colombo

(Tempo di lettura: 4 minuti)

Gli incunaboli, testi, atti o libri che, prima del 1500, venivano stampati con caratteri mobili, possono essere molto preziosi. E fanno gola a ladri, trafficanti e collezionisti, benché spesso ne esistano diverse copie. È il caso degli incunaboli della lettera del 1493 “De insulis Indiae supra Gangem nuper Inventis” con la quale Cristoforo Colombo, al ritorno dal suo viaggio verso “le Indie”, informava i sovrani di Spagna, re Ferdinando e la regina Isabella, della scoperta del Nuovo Mondo. Una sorta di “rapporto preliminare”, in otto pagine, sulla spedizione atlantica. Elaborato dal navigatore genovese mentre era ancora sulla via del ritorno. Scritta in prima stesura in spagnolo (di questa versione ne esisterebbero due copie, una a Milano e l’altra New York), quindi tradotto e dato alle stampe in latino, a Roma, dal tipografo Stephan Plannck, la lettera di Colombo fu stampata in diverse copie. 

Una versione con illustrazioni è stata poi riprodotta anche a Basilea, in Svizzera, nel 1494. Una copia “svizzera”, messa all’asta dal dipartimento libri e manoscritti di Bonhams, è stata venduta a New York nel settembre del 2017.  L’attenzione per la lettera di Colombo è stata risvegliata un paio di settimane fa dal ritorno “a casa”, in Italia, di uno degli incunaboli di Colombo che furono stampati da Plannck. 

Una copia che, come altre, ha curiosamente fatto lo stesso percorso del navigatore genovese: dall’Europa all’America, e da lì nuovamente in Europa. Rubata alla Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia in un periodo antecedente al 1988 la copia dell’epistola era finita nelle mani di un ricco collezionista di Dallas che, stando alle indagini, aveva acquistato il documento in buonafede. Carabinieri e investigatori statunitensi gli hanno spiegato che si trattava di un importante reperto antico, rubato in Italia ed esportato illegalmente, e il collezionista texano ha deciso di non avviare un contenzioso legale, di non opporsi alla confisca disposta dalla Procura di Philadelphia e alla definitiva restituzione al nostro Paese.  Così ora i carabinieri – che al rientro in Italia hanno presentato l’epistola di Colombo in una conferenza stampa con il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano- si occuperanno di restituire il libro alla Biblioteca Marciana.                                                                                      

Le indagini e le verifiche compiute dai Carabinieri dell’arte e dagli investigatori dell’Agenzia americana Homeland Security Investigation (H.S.I.) poggiano su elementi inoppugnabili, e sui risultati degli studi compiuti del Prof. Paul Swope Needham, curatore della sezione libri antichi della Biblioteca dell’università statunitense di Princeton. Il professor Needham, tra l’altro, si sta occupando di un’operazione non facile: mettere ordine anche tra i documenti del navigatore genovese sparsi per il mondo.  

L’inchiesta, coordinata dalla Procura della Repubblica di Roma, era stata avviata in seguito alle attività svolte nel 2016, che avevano permesso di recuperare un altro esemplare della lettera di Colombo trafugata dalla Biblioteca Riccardiana di Firenze, acquistata da un privato nel 1990, venduta all’asta a New York nel 1992 e poi donata alla Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti. Quella stessa inchiesta aveva consentito di individuare le tracce di un nutrito traffico di preziosi documenti rubati in diverse biblioteche e collezioni italiane.

In epoche diverse i furti delle varie copie della lettera di Colombo ai sovrani spagnoli, hanno colpito, oltre alla Biblioteca Marciana, la Biblioteca Civica “Romolo Spezioli” di Fermo, la Riccardiana di Firenze, quella Vaticana e la biblioteca di Catalunya a Barcellona. Le preziose copie del documento, vendute per somme che oscillavano tra i quattrocentocinquantamila e il milione e mezzo di dollari, fino ad ora sempre recuperate, sono tutte immancabilmente arrivate negli Stati Uniti. Ci si deve chiedere se l’epistola De insulis Indiae supra Gangem nuper Inventis sia al centro di una attenzione che forse nasconde qualcosa in più degli interessi di trafficanti di antichi testi. Peraltro, in due occasioni le lettere rubate erano state sostituite con dei falsi. È il caso dei furti degli incunaboli della Biblioteca Riccardiana e della biblioteca Vaticana. 

Non è improbabile che di falsi ne circolino altri. D’altra parte, il documento del navigatore genovese ha sempre esercitato un’attrazione fatale. E, negli ultimi 500 anni, in tanti hanno provato a riprodurlo o addirittura a “reinterpretarlo”. Nel 1981 i dipendenti del museo di Kargopol – nel nord della Russia – trovarono in un deposito un vecchio manoscritto, ricoperto di alghe marine e conchiglie: a prima vista si trattava di una sorta di diario autografo di Cristoforo Colombo, il racconto del suo viaggio corredato di disegni e mappe. Pensarono di aver scoperto un reperto di enorme valore, ma poi, ad un esame attento scoprirono che si trattava solo di un’abile falsificazione, realizzata “solo” cento anni prima.


Si veda anche: Lynda Albertson, Harlan Crow, the recently restituted Plannck I Columbus letter incunabulum, su ARCA Blog, 1 agosto 2023.

Exit mobile version