La componente subacquea della Stazione Navale di Civitavecchia, in sinergia con la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la Provincia di Viterbo e per l’Etruria meridionale diretta dall’ Arch. Margherita Eichberg, ha eseguito durante lo scorso mese di luglio importanti operazioni di supporto per la verifica dello stato dei giacimenti archeologici sommersi nel Lago di Bolsena nei pressi della omonima cittadina.
In particolare sono state effettuate attività congiunte presso il sito protostorico del Gran Carro le cui ricerche sono attualmente condotte dal personale afferente al Servizio di Archeologia Subacquea della Soprintendenza, finanziate e finalizzate alla conservazione e salvaguardia di uno dei contesti abitativi della prima età del Ferro maggiormente conservati nell’Italia medio-tirrenica, oggi sommerso a circa cinque metri di profondità. In particolare lo scavo stratigrafico condotto assieme ai restauratori subacquei della C.S.R. Restauro Beni Culturali, con la presenza del Nucleo Sommozzatori delle Fiamme Gialle, e l’ausilio dei volontari del CRAS, sta dando risultati sorprendenti per l’interpretazione dell’intero complesso.
L’insediamento del Gran Carro, noto dal 1959, si contraddistingue per la presenza di un’area abitativa, la cosiddetta “palafitta”, per la presenza di più di 500 pali perfettamente conservati e infissi sul fondale inquadrabile principalmente tra la fine del X e il IX sec. a.C. nell’ambito della cultura villanoviana, e l’area solo recentemente interpretata come luogo di culto della “Aiola”, un immenso tumulo di pietrame che conserva tracce di antichi rituali al di sotto delle pietre, forse già a partire dall’età del Bronzo medio.
Con la nuova campagna di ricerche si stanno finalmente raccogliendo preziose informazioni circa la vita di una comunità di 3000 anni fa, avendo concentrato per la prima volta le operazioni su una area molto estesa nella zona della “palafitta”. Moltissimi gli oggetti in bronzo recuperati tra cui alcuni attrezzi da lavoro come scalpelli, asce e raspe per la lavorazione del legno. Numerosi anche i vasi di impasto rimasti sotto le macerie delle capanne spesso andate a fuoco, alcuni finemente decorati.
L’intervento svolto dai sommozzatori della Stazione Navale a supporto degli archeologi ha dissuaso e evitato la sottrazione di preziosi reperti, spesso depredati da soggetti non autorizzati, che ricavano ingenti profitti dalla vendita illegale a collezionisti senza scrupoli in un momento in cui i reperti erano certamente più a rischio durante le operazioni di scavo. La presenza delle Fiamme Gialle, supportate da un gommone in superficie, è stata fondamentale anche durante le aperture straordinarie al pubblico organizzate in occasione delle giornate per la Valorizzazione del Ministero della Cultura, in cui l’afflusso di persone è stato di grande successo e il controllo sia in superficie, sia sui reperti è stato così garantito in piena sicurezza.
The Journal of Cultural Heritage Crime (JCHC), con sottotitolo L’Informazione per la Tutela del Patrimonio Culturale, è una testata giornalistica culturale, registrata presso il Tribunale di Roma con n. 108/2022 del 21/07/2022, e presso il CNR con ISSN 2785-7182. Si configura sul web come contenitore di approfondimento, il primo in Italia, in cui trovano spazio i fatti che quotidianamente vedono il nostro patrimonio culturale minacciato, violato e oggetto di crimini. I fatti sono riportati, attraverso un linguaggio semplice e accessibile a tutti, da una redazione composta da giornalisti e da professionisti del patrimonio culturale, esperti nella tutela. JCHC è informazione di servizio, promuove le attività di contrasto ai reati e sostiene quanti quotidianamente sono impegnati nella attività di tutela e valorizzazione del nostro patrimonio culturale.