I bronzetti nuragici tornano a casa: la riscoperta della collezione Giardini
Oltre cento reperti provenienti da Puglia e Sardegna ma anche da Grecia e Medio Oriente, recuperati dal caveau di una banca dove erano finiti dopo la morte dell’ultimo proprietario: ora sono in mostra a Bellagio e a Erba. I pezzi più pregiati saranno esposti dal prossimo gennaio al Man di Cagliari
L’arte antica compie a volte giri immensi prima di tornare ai luoghi cui appartiene. È questo il destino di alcuni dei principali reperti presenti nella cosiddetta collezione Giardini, manufatti di origine sarda, alcuni bronzetti nuragici e altri pezzi di epoca punica, che dopo un periodo in esposizione al museo civico di Erba, dal prossimo mese di gennaio saranno riaccolti dal museo nazionale di Cagliari.
Augusto Giardini era un elegante signore milanese, imprenditore tessile, appassionato di golf e arte antica. Per praticare il suo sport preferito si era trasferito a Capiago Intimiano, in provincia di Como, a pochi chilometri dal Circolo Villa d’Este, il più antico golf club d’Italia. Aveva acquistato una porzione di cascinale, lo aveva fatto ristrutturare dal grande Luigi Caccia Dominioni, e vi si era insediato con la sua meravigliosa collezione: un centinaio di reperti archeologici riferibili a diverse culture del Mediterraneo, tutti vincolati dalla Soprintendenza fin dal 2000.
Alla sua morte avvenuta nel 2011 ad 80 anni, il suo factotum, Mauro Lai, riceve in eredità il cascinale con tutte le opere e i reperti che essa custodiva. Dopo qualche anno, venduta la casa, Lai si è posto il problema di dare un futuro anche alla collezione Giardini, che nel frattempo era stata messa al sicuro nel caveau di una banca. Con l’aiuto di Vittorio Spinelli ed Emanuele Pitto di ArteLario, viene quindi messa in piedi un’operazione triangolare coordinata dalle archeologhe della Soprintendenza, Alice Sbriglio ed Eliana Sedini. Grazie all’intervento dello scultore Abele Vadacca, i pezzi di archeologia italica, prevalentemente apuli ed etruschi, vengono ospitati dalla Villa Melzi d’Eril di Bellagio, e sono tutt’ora esposti in uno spazio museale all’interno dei lussureggianti giardini affacciati sul lago.
Si tratta di vasi dauni a figure rosse, ispirati alla ben più raffinata ceramica attica. Sarebbero invece proprio ateniesi due coppe da vino, mentre verrebbero da Corinto alcuni piccoli contenitori per olii e profumi. Ci sono poi due vasi etruschi in bucchero e alcuni bronzetti rappresentanti divinità, un’anfora probabilmente rinvenuta in Spagna, fibule tardoantiche in bronzo, e altri oggetti di origine orientale. Completano questa sezione della collezione statuette e teste femminili in terracotta di uso votivo. Come spesso accade, anche in questa collezione sono presenti dei falsi, come il grande cratere a volute che si ispira a originali apuli, ma che è invece opera di qualche artigiano del falso.
Una seconda, forse più significativa sezione della collezione è dedicata all’arte antica di origine sarda: alcuni bronzetti, ovvero uno straordinario arciere, un pugnale con elsa gammata e un bottone con testa di muflone, risalirebbero alla misteriosa civiltà nuragica, quindi a circa quattromila anni fa. Altri manufatti in terracotta sarebbero riconducibili invece alla dominazione punica dell’isola. Vista la loro singolarità, questi reperti approderanno al museo archeologico nazionale di Cagliari, dove saranno in esposizione dalla fine del prossimo gennaio. Fino ad allora, saranno visitabili presso il museo civico di Erba, nell’ambito della mostra “Sardegna itinerante. Un piccolo viaggio tra le civiltà nuragica e punica”, realizzata a cura del Man di Cagliari, della Soprintendenza di Como, Lecco, Monza e Brianza, Pavia, Sondrio e Varese e naturalmente dello stesso museo di villa Ceriani a Erba. Tra i pezzi provenienti da casa Giardini, anche in questo caso sono stati individuati dei falsi, opportunamente segnalati e messi a confronto con analoghi originali forniti dal museo di Cagliari.
Giornalista e comunicatore, per 25 anni al Corriere della Sera si è occupato di cronaca, tecnologia e cultura, ha scrittto il saggio d’inchiesta “Un Paese di Baroni” ed è l’autore e il regista del documentario “Ladro di Libri”.