Il disegno di legge sul danneggiamento dei beni culturali: cui prodest?

(Tempo di lettura: 5 minuti)

Il disegno è la sincerità nell’arte. Non ci sono possibilità di imbrogliare. O è bello o è brutto

Salvador Dalì

Dopo l’iter ordinario e la votazione positiva del Senato dell’11 luglio 2023, la Camera dei Deputati ha approvato a maggioranza il disegno di legge presentato dall’attuale esecutivo, riguardante la distruzione, la dispersione, il deterioramento, il deturpamento, l’imbrattamento e l’uso illecito di beni culturali o paesaggistici. Il provvedimento, fortemente voluto dal Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, nasce in seguito all’escalation, sul fronte nazionale ed estero, dei numerosi episodi che hanno visto il patrimonio culturale custodito all’interno dei musei, le architetture e i monumenti delle città d’arte, bersaglio di atti deplorevoli.

È stata anche sottolineata la necessità di fare fronte, come conseguenza di tali fenomeni, al ripristino dei beni aggrediti che, fino ad ora, hanno visto stanziamenti di fondi ingenti invece del risarcimento diretto da parte dei responsabili dell’atto illecito. In particolare vengono introdotte le seguenti sanzioni amministrative:
– da un minimo di euro 20.000 fino a euro 60.000, per chiunque distrugge, disperde, deteriora o rende in tutto o in parte inservibili o, ove previsto, non fruibili beni culturali o paesaggistici propri o altrui;
– da un minimo di euro 10.000 a euro 40.000, per chiunque deturpa o imbratta beni culturali o paesaggistici propri o altrui, ovvero destina i beni culturali a un uso pregiudizievole per la loro conservazione o integrità ovvero a un uso incompatibile con il loro carattere storico o artistico.

L’autorità competente alla ricezione dei verbali di contestazione e alla riscossione delle sanzioni pecuniarie è la Prefettura competente per il territorio dove è avvenuto il fatto. Le somme incamerate saranno impiegate, in via prioritaria, alla riparazione dei danni cagionati ai beni oggetto di tali atti. Rimane valida, salvo quanto specificamente introdotto e modificato, la procedura amministrativa stabilita dalla Legge 689/1981 (Modifiche al sistema penale).

Inoltre sono stati modificati gli articoli nn. 518 – duodecies, 635 e 639 del Codice penale, in particolare:
– l’articolo 518-duodecies, primo comma, del codice penale, dopo le parole: “o in parte inservibili o” è stata inserita la dicitura “ove previsto”;
– l’articolo 635, terzo comma, del codice penale, è stato modificato con “Chiunque distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili cose mobili o immobili altrui in occasione di manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o aperto al pubblico è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa fino a 10.000 euro”;
– l’articolo 639, commi primo, secondo e terzo, del codice penale rispettivamente con: “multa fino a euro 103” sostituita da “multa fino a euro 309”; l’aggiunta della circostanza “Se il fatto è commesso su teche, custodie e altre strutture adibite all’esposizione, protezione e conservazione di beni culturali esposti in musei, pinacoteche, gallerie e altri luoghi espositivi dello Stato, delle regioni, degli altri enti pubblici territoriali, nonché di ogni altro ente e istituto pubblico, si applica la pena della reclusione da uno a sei mesi o della multa da 300 a 1.000 euro”; infine è stata aggiunta l’ipotesi “Chiunque, fuori dei casi preveduti dall’articolo 635, deturpa o imbratta cose mobili o immobili altrui in occasione di manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o aperto al pubblico è punito con le pene di cui ai commi precedenti, raddoppiate”.

Il commento su X del sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro,
dopo l’imbrattamento di uno dei muri esterni della Basilica di San Marco.

Alla base di tali modifiche, come risulta evidente, si colloca la volontà del legislatore di perseguire le condotte illecite su un doppio binario: amministrativo e penale. Bisognerà pertanto attendere, al netto dell’effetto di deterrenza prodotto dalle norme introdotte, l’esito dei procedimenti per verificare se la scelta intrapresa sia effettivamente funzionale alla riparazione dei danni inferti al patrimonio culturale e paesaggistico, al netto delle eventuali condanne e alla corretta riscossione dei proventi connessi. Sappiamo bene come vi sia un gap tra le sanzioni elevate e quelle di fatto riscosse. La normativa prevede infatti che possano intervenire la prescrizione, la decadenza del procedimento e i termini di notifica delle contestazioni, per non parlare delle responsabilità erariali derivanti dall’inefficienza degli organi delle pubblica amministrazione.

Sarà perciò determinante, in prima battuta, l’intervento tempestivo degli apparati di controllo. Per le contestazioni amministrative è fondamentale la notifica immediata degli addebiti, affinché sia correttamente avviato l’iter successivo. In buona sostanza sarà compito delle forze di polizia operanti sul territorio. Le prefetture sono gli enti incaricati a gestire la destinazione dei proventi derivanti dalle sanzioni, atteso che non è chiaro a quanto ammonti la quota parte da destinare al MiC o all’ente proprietario del bene culturale funzionale alla riparazione del danno. Le stesse prefetture dovranno occuparsi di trattare possibili ricorsi e contenziosi che, promossi dagli interessati, sono definibili:
– con l’accoglimento, se la contestazione venisse considerata infondata. In questo caso l’autorità dispone l’archiviazione degli atti, che comporta l’immediata cessazione degli effetti delle eventuali sanzioni accessorie;
– con il rigetto, accertata la fondatezza del verbale. In questo caso l’autorità emette ordinanza-ingiunzione della sanzione non inferiore al doppio di quella irrogata in fase di accertamento, alla quale devono essere sommate le spese del ricorso.

Sarà possibile, contro l’ordinanza del Prefetto, presentare opposizione al Giudice di Pace. È apodittico, sul versante penale, attendere la definizione del procedimento penale attraverso i tre gradi di giudizio, in conformità all’art. 27 della Costituzione.

Alla luce di tutto ciò queste norme saranno davvero utili a contrastare il fenomeno? Sono l’ennesimo rimedio improvvisato, orientato al consenso, per non dire al populismo, a fronte di una supposta emergenza? Qualche dubbio emerge e non è fine a sé stesso o posto per mero spirito di contraddizione.
Questo governo, dopotutto, è lo stesso che ha varato la cosiddetta “tregua fiscale” e la “rottamazione delle cartelle” (comprese quelle delle sanzioni amministrative).

Le procedure amministrative previste dalla L. 689/81, sono state più volte oggetto di decisioni della Corte di Cassazione in materia di illegittimità costituzionale, in particolare dell’art. 27 (1), con riguardo alla maggiorazione delle sanzioni edittali e degli interessi previsti dalla stessa legge che, peraltro, risale a un’epoca precedente all’entrata in vigore del vigente Codice di Procedura Penale e dei reati contro il patrimonio culturale, introdotti dal 2022 nel Codice Penale dopo la ratifica del Trattato di Nicosia. Sarà interessante valutare questo aspetto, anche alla luce degli incrementi delle sanzioni contenute nella nuova normativa già in concomitanza del primo accertamento dell’infrazione.

Come enunciato su queste pagine sarebbe fondamentale riprendere in mano il tema dell’educazione alla legalità in connessione alla cultura, soprattutto con riguardo alle future generazioni, tenendo conto che parecchi di questi atti sono messi in atto proprio da giovani.

Probabilmente si dovrebbero destinare più risorse pubbliche in questo ambito, rendere la politica e la pubblica amministrazione più credibile e autorevole, come recentemente ribadito dal Presidente Mattarella: “La pubblica amministrazione sia una casa di vetro trasparente, accessibile a tutti i cittadini”. In termini più puntuali, per tornare all’argomento in disamina, non si comprende fino in fondo l’utilità economica di riparare danni annunciati a fronte di risorse quanto mai incerte.

Gli atti inconsulti, probabilmente, non si compirebbero se si comprendessero davvero la bellezza e il concetto di bene pubblico, ovvero qualcosa che appartiene a tutti noi e di cui dobbiamo prenderci cura, andando oltre gli interessi di parte.

Note

  1. Salvo quanto disposto nell’ultimo comma dell’articolo 22, decorso inutilmente il termine fissato per il pagamento, l’autorità che ha emesso l’ordinanza-ingiunzione procede alla riscossione delle somme dovute in base alle norme previste per l’esazione delle imposte dirette, trasmettendo il ruolo all’intendenza di finanza che lo dà in carico all’esattore per la riscossione in unica soluzione, senza l’obbligo del non riscosso come riscosso.
    È competente l’intendenza di finanza del luogo ove ha sede l’autorità che ha emesso l’ordinanza-ingiunzione.
    Gli esattori, dopo aver trattenuto l’aggio nella misura ridotta del 50 per cento rispetto a quella ordinaria, e comunque non superiore al 2 per cento delle somme riscosse, effettuano il versamento delle somme medesime ai destinatari dei proventi.
    Le regioni possono avvalersi anche delle procedure previste per la riscossione delle proprie entrate.
    Se la somma è dovuta in virtù di una sentenza o di un decreto penale di condanna ai sensi dell’articolo 24, si procede alla riscossione con l’osservanza delle norme sul recupero delle spese processuali.
    Salvo quanto previsto nell’articolo 26, in caso di ritardo nel pagamento la somma dovuta è maggiorata di un decimo per ogni semestre a decorrere da quello in cui la sanzione è divenuta esigibile e fino a quello in cui il ruolo è trasmesso all’esattore.
    La maggiorazione assorbe gli interessi eventualmente previsti dalle disposizioni vigenti.
    Le disposizioni relative alla competenza dell’esattore si applicano fino alla riforma del sistema di riscossione delle imposte dirette.

Ultimi articoli

error: Copiare è un reato!