Il decalogo dei Carabinieri dell’Arte. Consigli contro i falsi

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Consigliate non forzate

(San Bernardo di Chiaravalle)

Il fenomeno dei falsi d’arte si perde nella notte dei tempi, ma la sua componente deviante, criminale, è riconducibile sostanzialmente alle pratiche commerciali: salviamo perciò l’arte, la natura e Aristotele.
Provocazioni a parte, quanto di anzi richiamato è stato considerato storicamente dalle istituzioni statali, a livello legislativo, per contenere l’insorgenza di condotte truffaldine nell’ottica di tutela dell’opera originale dell’artista, dei conseguenti diritti d’autore e, anche, dei potenziali acquirenti del bene in base al valore di mercato.

In nuce, volgendo uno sguardo verso il passato per comprendere meglio il presente, possiamo riscontrare che questo paradigma giuridico è, mutatis mutandis, ancora operante, come spiegheremo più avanti. Ne sono prova – nel tempo – le norme sul diritto d’autore introdotte da Giorgio II di Inghilterra (1735); quelle degli stati preunitari nazionali, in primis il Granducato di Toscana e il Regno di Napoli, fino all’editto del Cardinale Pacca del 1820 (Stato della Chiesa) che compendiano una serie di disposizioni di più ampia tutela, risalenti al 1425. Non è probabilmente un caso che le citate regolamentazioni siano state adottate in seguito a fatti eclatanti, ben noti agli storici dell’arte. Si pensi, ad esempio, alle false pitture pompeiane realizzate da Giuseppe Guerra (1697-1761) che, alla metà del XVIII secolo, lo stesso ha venduto ai reali inglesi, ai Borbone e al Cardinale Albani.

L’ultima frontiera nel contrasto di questo fenomeno criminale, in notevole e costante aumento sul versante nazionale ed estero, come documentato anche dai Carabinieri dell’Arte, è data dall’adozione del Trattato di Nicosia.

Per inciso, nel Bel Paese, dopo le leggi del 1909 (c.d. Legge Rava-Rosadi) e del 1939 (c.d. Legge Bottai), norme penali puntuali per il contrasto alla contraffazione di opere d’arte furono già inserite nella Legge n. 1062/1971, i cui articoli da 3 a 7 furono poi ripresi nell’art. 127 del T.U. del 1999. In seguito, lo stesso impianto normativo fu pienamente recepito dall’art. 178 del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio che considera le contraffazioni di opere d’arte, comprese quelle di autore vivente ed aventi meno di cinquant’anni e che prevede anche le aggravanti per gli operatori del settore, le sanzioni accessorie, la confisca obbligatoria e la distruzione degli esemplari riconosciuti come falsi.

Probabilmente la norma penalistica del Codice dei Beni Culturali non è stata abbastanza incisiva in termini di lineare applicazione e di efficacia. A riguardo le voci dei “controllori” hanno spesso evidenziato come le pene edittali fossero risibili e non consentissero di strutturare attività di indagine pregnanti, soprattutto quelle tese alla disarticolazione di sodalizi criminali dediti alla produzione e al commercio di opere d’arte false. D’altro canto i “controllati” si sono sempre lagnati, tramite i propri legali, della scarsa chiarezza delle regole di riferimento, soprattutto quelle concernenti le procedure di autenticazione delle opere. Ciò ha talvolta ingenerato lunghe diatribe, nelle sedi giudiziarie civili e penali, per stabilire l’autenticità e la destinazione finale delle opere, al netto della responsabilità penale (accertamento del dolo). In questo senso sono illuminanti le vicende che hanno riguardato Modigliani: prima le teste nel canale di Livorno (1984), poi la vicenda dei dipinti esposti in mostra temporanea al Palazzo Ducale di Genova (2017).

L’attuale normativa penalistica, che ha abrogato la precedente, contempla il delitto di “Contraffazione di opere d’arte” (art. 518-quaterdecies c.p.) stabilendo la reclusione da uno a cinque anni e il pagamento di una sanzione da euro 3.000 a euro 10.000 nei confronti di:
1) chiunque, al fine di trarne profitto, contraffà, altera o riproduce un’opera di pittura, scultura o grafica ovvero un oggetto di antichità o di interesse storico o archeologico;
2) chiunque, anche senza aver concorso nella contraffazione, alterazione o riproduzione, pone in commercio, detiene per farne commercio, introduce a questo fine nel territorio dello Stato o comunque pone in circolazione, come autentici, esemplari contraffatti, alterati o riprodotti di opere di pittura, scultura o grafica, di oggetti di antichità o di oggetti di interesse storico o archeologico;
3) chiunque, conoscendone la falsità, autentica opere od oggetti indicati ai numeri 1) e 2) contraffatti, alterati o riprodotti;
4) chiunque, mediante altre dichiarazioni, perizie, pubblicazioni, apposizione di timbri o etichette o con qualsiasi altro mezzo, accredita o contribuisce ad accreditare, conoscendone la falsità, come autentici opere od oggetti indicati ai numeri 1) e 2) contraffatti, alterati o riprodotti.
L’articolo determina infine che sia sempre ordinata la confisca degli esemplari contraffatti, alterati o riprodotti delle opere o degli oggetti indicati nel primo comma, salvo che si tratti di cose appartenenti a persone estranee al reato. Delle cose confiscate è vietata, senza limiti di tempo, la vendita nelle aste dei corpi di reato.

È indubbio che l’innovato combinato disposto, formalmente, è più afflittivo del precedente. Rafforza in effetti la possibilità di arginare la circolazione di esemplari contraffatti. La pratica in esame nuoce pesantemente alla reputazione del nostro patrimonio culturale, come sentenziato dalla Corte di Cassazione (Sezione III Penale, 09/07/2007, Sentenza n. 26072) in merito al diritto patrimoniale sull’utilizzazione dell’opera, che non coincide col diritto morale del riconoscimento della paternità dell’opera.

Oltre la deterrenza e la repressione, è stimolante e utile prevenire possibili condotte illecite in tema di falsi, nella consapevolezza che è fondamentale tutelare, sotto ogni aspetto e con il coinvolgimento di tutti, il patrimonio culturale. Non da ultimo, è importante salvaguardare gli acquirenti e rendere trasparente il mercato. In quest’ottica sono tuttora utili i consigli formulati dai Carabinieri del TPC, pubblicati anche sul sito TPC-web, diffusi sin dal 2008. Sono cautele condivise con gli esperti della GNAM di Roma e avallate anche dalla commissione italiana UNESCO, per evitare problemi connessi all’acquisto di opere d’arte:
– Verificate sempre che l’opera sia corredata da certificati di autenticità o provenienza.
– Acquistate con fattura o scontrino con descrizione dell’opera.
– Prima dell’acquisto, verificate l’autenticità del certificato presso l’artista, l’archivio o il soggetto autorizzato ad archiviare le opere.
– Controllate la corrispondenza tra foto autenticata e opera originale.
– Rivolgetevi a venditori inseriti da anni sul mercato, preferibilmente che abbiano avuto rapporti stretti con l’artista.
– Diffidate di expertise fornite da persone che non abbiano titolo a farlo e rivolgetevi pertanto a Fondazioni, Archivi ed Esperti con titoli accademici.
– Diffidate dell’ ”affare”.
– Informatevi sull’opera dell’artista e sui riferimenti accreditati di quell’artista.
– Seguite il mercato e le quotazioni.
– Evitate intermediari non facenti parte del settore ufficiale.

È quanto mai opportuno tenere conto dei punti del decalogo, anche alla luce della diffusione del mercato dell’arte sui canali telematici. Le precauzioni su questo versante non sono mai troppe. Il commercio online, ben lungi dall’essere disciplinato e trasparente, nasconde purtroppo insidie dietro perverse fascinazioni, amplificando di fatto la probabilità di incappare in opere false, corredate di documentazioni completamente inventate, a discapito di una potenziale clientela tanto smisurata quanto poco avveduta. È fondamentale perciò potenziare la rete di controllo attraverso la sensibilizzazione e l’implementazione di innovazioni tecnologiche. L’utilizzo mirato dell’Intelligenza Artificiale potrebbe, ad esempio, agevolare l’individuazione dei falsi d’arte, con procedure raffinate, più rapide e trasparenti e con costi competitivi in relazione alle metodologie utilizzate. Si dovrebbero prevedere corrette e puntuali campagne di schedatura di provenienza per le opere certificate e censimenti sistematici di opere false riconosciute e, in tal modo, oggetto di studi di dettaglio.

È quanto mai opportuno rafforzare le collaborazioni tra enti e organizzazioni, coinvolgendo il mondo accademico e della ricerca. In questo senso ne è un esempio positivo il progetto di schedatura dei falsi epigrafici, storici e non, promosso dall’Università Ca’ Foscari di Venezia, avviato dal 2017 che coinvolge studiosi nel campo dell’epigrafia, della storia antica, della paleografia e della numismatica appartenenti a 12 università pubbliche italiane (Epigraphic Database Falsae).

Parafrasando lo Stagirita, se quanto sopra scritto è vero, meglio dire verificabile, non può che scaturire da una premessa vera e a questo ci dovremmo attenere, rifuggendo da qualsiasi forma di falsità, se amiamo davvero l’arte, la cultura e soprattutto la verità.

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