Ceterum censeo Carthaginem esse delendam
Marco Porcio Catone
Dal lontano passato continuano a pervenirci moniti che, nonostante l’inesorabile scorrere dei millenni, sembrano essere stati completamente ignorati, soprattutto da chi ha avuto, ed ha, la pesante responsabilità di governare regni, nazioni, stati. I conflitti armati permangono in ogni parte del mondo. Teatri drammatici, per certi versi inspiegabili, dove vige lo sprezzo della vita umana, della civiltà, dei principi e dei diritti universali sanciti dalle leggi e dai trattati. Dovremmo, ormai, aver raggiunto una colpevolezza tale da farci ripudiare qualsiasi forma di conflitto tra esseri viventi. Purtroppo, la realtà globale smentisce categoricamente questo assunto tetico, relegato a flatus vocis, seppur recepito anche dall’art. 11 della nostra Costituzione. La perdita di vite umane è ancora troppo spesso valutata cinicamente da alcuni stati, utilizzata perfino per fare propaganda e giustificare aggressioni, crimini contro l’umanità; e il patrimonio culturale?
Mentre imperversano le guerre, il patrimonio culturale dei paesi colpiti è fortemente a rischio. Il valore identitario e di civiltà è parte integrante del senso di appartenenza e contribuisce a rafforzare la coesione sociale e la condivisione dei valori fondanti. La distruzione di ciò che è cultura non è più praticata dalle scorrerie degli eserciti e materia degli attuali manuali di strategia politico-militari, tuttavia ha mantenuto una valenza simbolica. Emerge ancora la volontà perversa di impattare deliberatamente sul patrimonio culturale con l’obiettivo di blandire, se non terrorizzare, la popolazione inerme.
Le distruzioni e i saccheggi perpetrati durante la Seconda Guerra Mondiale hanno palesato al mondo e alla nascente comunità internazionale la necessità di creare uno strumento giuridico di protezione su scala planetaria. Questo obiettivo è stato raggiunto con l’adozione, nel 1954, a L’Aia, della Convenzione per la Protezione dei Beni Culturali in Caso di Conflitto Armato. La Convenzione, che rappresenta tuttora il più completo trattato multilaterale dedicato esclusivamente alla protezione del patrimonio culturale in tempo di guerra, ha introdotto, per la prima volta, ad un livello internazionale condiviso, la definizione di “beni culturali” intesi come “beni mobili o immobili di grande importanza per il patrimonio culturale dei popoli” e pertanto rilevanti per l’intera umanità. Il trattato si prefigge di proteggere monumenti, siti archeologici e architettonici, opere d’arte, beni archivistici e gli oggetti di interesse artistico, storico o archeologico, le collezioni scientifiche, a prescindere dalla loro origine o proprietà, per preservarli da distruzione, furto, depredazione. Gli impegni degli Stati aderenti alla Convenzione sono fondamentali per salvaguardare il patrimonio culturale ed attuare azioni concrete:
– curare la predisposizione di inventari e la pianificazione delle risposte all’emergenza per proteggere i beni esposti a rischio, nonché l’eventuale trasferimento dei beni culturali in luoghi deputati;
– sviluppare piani che assicurino la completa integrità dei beni culturali sul territorio nazionale e/o su quello degli Stati membri, vietando qualsiasi utilizzo che possa esporli a deterioramento o distruzione, e scongiurare possibili atti ostili diretti contro di essi;
– inserire i beni di grande importanza nel Registro Internazionale dei Beni Culturali sotto Protezione Speciale;
– contrassegnare edifici e monumenti di interesse culturale con l’emblema distintivo della Convenzione (Blue Shield);
– assicurare ricoveri idonei alla protezione dei beni culturali mobili in caso di emergenza e/o necessità;
– creare unità speciali, nelle forze armate, in grado di attuare responsabilmente la protezione dei beni culturali;
– prevedere sanzioni per chi viola le regole della Convenzione;
– diffondere e promuovere i contenuti della Convenzione a favore del pubblico valendosi di enti ad hoc, dei professionisti della cultura, delle forze militari e di polizia.
La Convenzione è stata integrata da due successivi Protocolli, nel 1954 e nel 1999. Gli Accordi sono parte del Diritto Internazionale Umanitario e si integrano alle normative sui conflitti armati.
Inoltre, essa stabilisce gli indirizzi generali per la messa in sicurezza, anche in tempo di pace, costituendo un riferimento per l’UNESCO e la comunità internazionale finalizzato alla protezione della cultura e alla promozione del pluralismo culturale in situazioni di emergenza, implementando attività idonee a contenere l’impatto dei disastri causati dall’uomo o da eventi naturali sfavorevoli.
Gli attacchi sistematici al patrimonio culturale da parte di gruppi criminali ed estremisti, tra il 2014 e 2015, hanno contribuito a focalizzare l’attenzione dell’UNESCO sulla tutela del patrimonio culturale nelle aree di crisi. Il patrocinio dell’UNESCO in questo settore ha permesso l’adozione delle Risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’ONU n. 2199-2015 contro il commercio illecito di beni culturali dall’Iraq e dalla Siria, e la n. 2347-2017 concernente la protezione del patrimonio culturale durante gli eventi bellici.
Il nostro Paese, che ha ratificato la Convenzione dell’Aia nel 1958, ha aderito e sostenuto con vigore le iniziative promosse dall’UNESCO nel campo della tutela del Patrimonio culturale in casi di conflitto. Nel 2015 ha proposto e ottenuto l’adozione del Consiglio Esecutivo UNESCO la Decisione per istituire un organo di mobilitazione rapida di esperti da mettere a disposizione degli Stati membri in situazioni di crisi ed emergenza: i cosiddetti “Caschi Blu della Cultura”. Nel 2016 il Governo italiano ha sottoscritto un memorandum di intesa con l’UNESCO che contempla l’attivazione della Task Force per le missioni internazionali di protezione del Patrimonio Culturale, nell’ambito della coalizione multilaterale denominata “Unite4Heritage”.
Il comparto dei “Caschi Blu della Cultura” costituisce una selezione di esperti civili del Ministero della Cultura e personale del Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale. Sono donne e uomini in grado di intervenire in aree di emergenza con lo specifico intento di salvaguardare il patrimonio culturale e naturale dei paesi colpiti. Essi si occupano di monitorare e di stimare i danni ad esso inferti, di pianificare le misure e le operazioni necessarie alla sua salvaguardia e di fornire un contributo tecnico di supervisione e di formazione per il personale coinvolto nelle azioni di tutela, prestando anche assistenza per il trasporto e la messa in sicurezza dei beni culturali mobili, nell’intento di prevenire e, all’occorrenza, contrastare il saccheggio e il traffico illecito di beni culturali.
L’UNESCO coopera con le autorità degli Stati aderenti per contrassegnare i siti culturali e i monumenti con l’emblema distintivo “Blue Shield”, istituito dalla Convenzione del 1954, al fine di evitare danni deliberati o accidentali al patrimonio. In collaborazione con l’Istituto delle Nazioni Unite per la Formazione e la Ricerca (UNITAR) l’UNESCO, valendosi delle immagini satellitari dei siti culturali a rischio, osserva e valuta la possibile insorgenza di ulteriori pericoli. Per dare riscontro alle esigenze connesse all’emergenza è operativo un fronte di mobilitazione internazionale, sotto l’egida UNESCO, composto da:
– Centro Internazionale per lo Studio della Conservazione e del Restauro dei Beni Culturali (ICCROM);
– Consiglio Internazionale dei Musei (ICOM);
– Consiglio Internazionale sui Monumenti e Siti (ICOMOS);
– Alleanza Internazionale per la Protezione del Patrimonio in Zone di Conflitto (ALIPH);
– ONG Blue Shield International.
La cultura, in tutte le sue declinazioni, è determinate per il progresso della civiltà. Essa ci permette di comprendere da dove siamo venuti e a che cosa aspiriamo, di educare e formare cittadini responsabili, liberamente pensanti, di convivere in pace, in un’ampia e variegata comunità mondiale, di rispettare e custodire l’ambiente quale anello di congiunzione tra l’uomo, la natura e ogni altro essere vivente. Dovrebbe, ci teniamo a sostenerlo nuovamente, essere l’argomento centrale dell’agenda politica di ogni Paese e dovrebbe anche essere praticata da ognuno di noi partendo da azioni quotidiane. Affrontare questa sfida non può prescindere dal mantenimento della pace, dal rispetto delle regole del diritto, dall’adozione di un modello economico sostenibile: è un dovere morale per ognuno di noi assicurare il benessere dell’umanità e un avvenire migliore alle future generazioni. Bisogna credere davvero nella pace, essere perciò sempre preparati e pronti a difenderla e, all’occorrenza, conseguirla. Bisogna, allo stesso modo, amare la Cultura per tutelarla.
Opinionista