“Iconolatria (il culto delle immagini) e iconoclastia (la loro distruzione) sono le due invisibili facce di una stessa medaglia […]: la distruzione delle immagini è una caratteristica tipica dell’identità culturale occidentale almeno quanto lo è il culto di quelle stesse immagini” che, inserite nello spazio pubblico, ricordano il passato, accompagnano il presente e indirizzano il futuro. Parte da questo assunto la riflessione di Tomaso Montanari, rettore dell’Università per Stranieri di Siena, storico dell’arte e saggista; una riflessione che si snoda tra i monumenti sbagliati, a memento di figure e rapporti di sopraffazione oggi non più tollerati; e nella la sfida di quelli giusti, per senso e per contesto, o per effetto di un processo, condiviso e partecipato, di risignificazione o di postuma musealizzazione. Perché “una statua racchiude in sé le dinamiche di potere di un particolare momento storico, ma in un determinato contesto può apparire ormai remota” (Antonia Layard): chi si sognerebbe oggi di proporrebbe una statua a esaltazione del colonialismo o dello schiavismo? Prendiamo il monumento a Edward Colston (1636-1721): eretto a Bristol il 13 novembre 1865, in memoria del benefattore della città che si arricchì con la tratta delle popolazioni africane, è stato abbattuto il 7 giugno 2020 e ricontestualizzato in un museo. Dopo trent’anni di petizioni e di proposte ignorate.
E poi la rappresentanza di genere e la rappresentazione pubblica: statue e monumenti, vie e targhe intitolati a donne – realmente esistite o di invenzione – sono un numero sparuto. È un dato desolante e incontrovertibile. E quelle poche, defilate o relegate su crocevia, sono ricordate non tanto per un merito in sé, scientifico, culturale o politico, quanto per il sacrificio e la cura. Celebrate, insomma, per una rinuncia, per la propria mortificazione o in quanto madri o caregiver, meglio se un po’ tutti questi attributi sociali (sic!) insieme. Ma, come se non bastasse, si registra “anche la tendenza a rappresentare la figura femminile in maniera stereotipata: molte statue, infatti, hanno atteggiamenti sensuali o sono connotate da dettagli leziosi, aspetti che vanno inevitabilmente a sminuire il soggetto ritratto” (Mi Riconosci?). “E le ragazze italiane – si chiede, a questo punto, l’autore – non penseranno che lo spazio pubblico è, da sempre e ancora, dominato dai corpi maschili, vestiti e in atto di comando: e che i loro, di corpi, vanno bene invece solo fotografati, sui cartelloni pubblicitari?”.
Montanari è responsabile di quello che scrive (ricontestualizzare), non di ciò che gli altri capiscono (cancellare): la sua cifra è la solida linearità di pensiero che si muove in una nota eleganza di penna. Evita le ambiguità, argomenta, elenca, riformula, non rinuncia allo scontro, ma rilancia sull’uso pubblico della storia e della memoria. “Why Are So Many Fascist Monuments Still Standing in Italy?” (Ruth Ben-Ghiat). Dunque affonda sulla “rifascistizzazione” del murale di Mario Sironi nell’Aula Magna della Sapienza di Roma (e pure su Mattarella), sul mausoleo e sul parco intitolati a Rodolfo Graziani, sulle strade dedicate a Reginaldo Giuliani o a Giorgio Almirante. Sottolinea come all’incompiuto processo (non solo) culturale di defascistizzazione del Paese sopravvivano simboli, riti – si veda alla voce “Acca Larenzia” – e palazzi. “Ma al survival si intreccia ora un florido revival, una reviviscenza, un “ritorno di fiamma” (letteralmente) di intitolazioni, segni e nuovi monumenti più o meno dichiaratamente fascisti” a cui solo lo studio e l’impegno, la scuola e i musei possono fare da argine, a sostegno della Costituzione antifascista.
La storia non si cancella, ma può e deve essere ridiscussa, integrata finanche riscritta quando infondata, come nel caso, citato, del culto di Simonino da Trento soppresso nel 1965, dopo quasi cinque secoli. Non si tratta di “nichilismo filosofico”, come continua a sostenere il ministro Sangiuliano, che pensa di contrastare il bisogno di equità e di inclusione, l’evolvere dei valori e della visione della società, per decreto. Anzi, è in atto un ripensamento di senso che sta cambiando l’atteggiamento dei cittadini verso quei musei le cui collezioni sono il frutto storico di un colonialismo rapace. L’ultimo esempio in ordine di tempo è lo shitstorm che ha investito le pagine social del British Museum: una valanga di commenti e di insulti (cancellati) ha chiesto la restituzione di Hoa Hakananai’a, una statua dell’Isola di Pasqua prelevata dall’equipaggio di una nave britannica nel 1868. Il celebre museo londinese è reduce dallo scandalo dei furti di alcune migliaia di reperti dalle collezioni ed è sempre sotto osservazione per la restituzione alla Grecia dei Marmi di Elgin, tuttavia l’ostinata chiusura verso ogni mediazione di rimpatrio non fa altro che alimentare la cattiva reputazione di cui gode tra i giovani, che sembrano più sensibili e meno disposti a convivere con un patrimonio culturale sporco di sangue.
Ai giovani e all’attivismo ambientale, attraverso atti dimostrativi nei musei, Montanari riserva pagine di spiegazione, forse di assoluzione, e di buonsenso teorico che convincono finché “non scappa il morto”, il danno irreparabile su un’opera inestimabile, finché la protesta non innesca l’emulazione e la performance si trasforma in brutale accanimento fine a sé stesso. È una eventualità che non può essere esclusa, e che preoccupa quanto l’indifferenza sostanziale verso il cambiamento climatico.
In un Paese che nel 2024 ancora si aggrappa alla nostalgia di un “fascista sotto il fascismo, missino e democristiano laddove poteva lucrare posti di responsabilità e di sotto potere” (Valentina Chinnici) anziché affidarsi all’esempio di Peppino Impastato, giornalista ucciso dalla mafia nel 1978, e della madre Felicia Bartolotta, è evidente quanto il processo culturale e politico verso intitolazioni e monumenti più giusti sia ancora molto lontano dal compiersi.
Montanari non teme l’impopolarità, d’altra parte non è stato un problema nemmeno per quei 12 docenti universitari che si rifiutarono di giurare fedeltà al fascismo, per questo ne consigliamo la lettura. Anche quando non condividiamo tutto il ragionamento.
SCHEDA LIBRO
Autore: Tomaso Montanari
Titolo: Le statute giuste
Editore: Editori Laterza
Anno edizione: 2023
Pagine: 133
Prezzo: 16,00 Euro
Dopo la laurea a Trento in Scienze dei Beni Culturali, in ambito storico-artistico, ho “deragliato” conseguendo a Milano un Perfezionamento in Scenari internazionali della criminalità organizzata, un Master in Analisi, Prevenzione e Contrasto della criminalità organizzata e della corruzione a Pisa e un Perfezionamento in Arte e diritto di nuovo a Milano. Ho frequentato un Master in scrittura creativa alla Scuola Holden di Torino. Colleziono e recensisco libri, organizzo scampagnate e viaggi a caccia di bellezza e incuria.