Con Parti con noi alla scoperta dei tesori dell’arte nel marzo 2019 il progetto Artonauti è nelle edicole. Qual è stata l’accoglienza del primo album di figurine interamente dedicato alla storia dell’arte?
«Strepitosa. Non ci aspettavamo davvero il clamore che c’è stato: la notizia non solo è stata molto raccontata dai giornali, ma tante tante persone ci hanno cercato, hanno comprato in edicola l’album, hanno fatto la collezione. Quindi è stata una bella sorpresa. Un po’ ci speravo e un po’ credevo nel fatto che l’arte potesse piacere anche attraverso un album di figurine, che è un mezzo, se vogliamo, un po’ più semplice rispetto magari ad altri canali tradizionali».
La seconda avventura è ambientata nel 1943 e i protagonisti Ale, Morgana e 00 Setter vanno alla ricerca dei tesori rubati dai nazisti accanto alla sezione Monumenti, belle arti e archivi, per mettere in salvo le opere d’arte dalle razzie, dal conflitto e dai bombardamenti aerei. Com’è nata la collaborazione con la Monuments Men and Women Foundation?
«È una storia un po’ particolare. Con il primo album ci eravamo fermati alla fine dell’Ottocento, inizio Novecento, e volevamo spiegare perché l’uomo ha bisogno dell’arte, perché ha bisogno di lasciare un segno di sé. Nel secondo mi piaceva raccontare un pochino ai bambini che l’arte è patrimonio di tutti e perché dobbiamo considerarla un bene comune: avevo bisogno di una storia, che veicolasse questo messaggio, e quella dei Monuments Men mi è sembrata perfetta. Ho raccolto un po’ di documentazione e ho incominciato a scrivere l’album. Poi ho contattato la Fondazione in Texas e ho inviato l’album spiegando l’intenzione di pubblicare la storia. Sono persone straordinarie che continuano a tenere la memoria del momento storico in cui si è pensato per la prima volta alle opere d’arte come patrimonio di tutti. La Fondazione si è riconosciuta nel nostro progetto e ci ha offerto una partnership per cui siamo ancora in collaborazione. Quindi il tutto è nato proprio così, con una email alla dottoressa Anna Bottinelli, la Presidente, che tra l’altro è di nazionalità italiana: ci conosceva perché, nonostante vivesse negli Stati Uniti, aveva letto un articolo su di noi, le era piaciuto il progetto e aveva collezionato il primo Artonauti con i suoi due bambini. Negli album c’è sempre una parte di racconto fantasioso e una parte di realtà. I bambini vanno indietro nel tempo, gli Artonauti sono due ragazzini, e questo è l’aspetto fantastico, poi però le notizie che inseriamo sono vere e documentate. Questo elemento è stato apprezzato e abbiamo ricevuto il patrocinio di cui siamo molto orgogliosi».
Le prime pagine di quell’album accolgono due concetti che non sempre entrano nelle aule scolastiche tra i più piccoli: le opere d’arte sono patrimonio dell’umanità e, in certi momenti della storia, proteggerle è stato un vero e proprio atto eroico. Che tipo di iniziative avete attivato per gli insegnanti e per le scuole in questi anni?
«Il progetto Artonauti si basa tantissimo sulla collaborazione con le scuole. Abbiamo una comunità di 13mila insegnanti che ci segue e che nel tempo partecipa alle nostre iniziative. Ogni anno la tematica cambia, ma la lente con cui guardiamo la realtà resta sempre l’arte. Abbiamo messo a disposizione degli insegnanti i laboratori, che studiamo apposta insieme all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, con docenti come la dottoressa Simona Ruggi, che ci aiuta a creare dei percorsi d’arte per bambini declinabili nelle varie fasce di età. Ci sono dei webinar destinati proprio agli insegnanti affinché diventino mediatori: tante volte non si pensa che l’arte possa essere una materia, un modo interdisciplinare di proporre altre cose. Nella scuola primaria non è inclusa la storia dell’arte eppure, se avviciniamo i bambini all’arte, può essere coniugata in moltissimi modi. Noi cerchiamo di offrire suggerimenti e spunti che possano andare bene dalla primaria alla secondaria, ovviamente l’insegnante dovrà un pochino differenziarla, a seconda del suo gruppo classe. In più ogni anno destiniamo delle copie per un migliaio di classi affinché possano affrontare la tematica dell’album attraverso un percorso dedicato: nel caso dei Monuments Men, di cui parlavamo prima, sull’idea di opera d’arte come patrimonio dell’umanità, su cosa significa patrimonio. Poi c’è stato il percorso sull’arte interculturale di Tutto Mondo fino ad arrivare a quest’anno con quello su Arte & Scienza. Diciamo che ogni anno nascono collaborazioni proprio con tante scuole. C’è un grande interesse, però, a volte, non si ha idea di come utilizzare un’opera d’arte, che non sia quella di presentarla in maniera tradizionale. Noi invece cerchiamo di scardinare questa visione nella convinzione che l’arte passa anche attraverso un laboratorio di italiano, di scrittura creativa o di poesia. Si possono fare tante cose con un’opera d’arte, si può proprio guardare il mondo».
Poco dopo la seconda uscita, l’Italia si è dovuta fermare a causa della pandemia. Che impatto ha avuto questo evento sul progetto e la sua diffusione?
«Siamo stati, come tutti, colpiti dalla pandemia: l’album è uscito e la settimana dopo eravamo in lockdown, quindi è stato abbastanza impattante. Anche perché dietro Artonauti c’è un’idea di socialità: si impara stando con gli altri. Si può fare l’album di figurine come se fosse uno sticker book da completare, e lì finisce il divertimento. Però l’idea per cui è nato Artonauti era che i bambini scambiassero le figurine e che, attraverso il gioco, imparassero e socializzassero. Crediamo fortemente nella socialità, accogliamo il digitale e ne facciamo nostre le cose positive, però troviamo che soprattutto i bambini debbano stare con gli altri bambini, giocando e toccando con le mani. Se stare con gli altri è un nostro cavallo di battaglia, il Covid, per antitesi, diciamo che non ci ha aiutato. I collezionisti e le famiglie hanno continuato a comprare l’album, però sicuramente è stato più faticoso, molto più faticoso».
Nell’aprile 2021 è arrivato Tutto Mondo, a dicembre 2022 L’anello di Re Salomone e ora è nelle edicole la quinta avventura che mescola arte e scienza, due ambiti percepiti come specialistici, talvolta ostili, e che chiama in causa anche l’intelligenza artificiale. Questa missione che messaggio educativo contiene?
«Ogni album è un seme che lanciamo. Poi, a seconda della lettura che se ne dà, più superficiale o più approfondita, uno coglie quello che riesce e quello che vuole. Si parlava tanto di intelligenza artificiale, soprattutto in ambito creativo – può l’intelligenza artificiale può sostituire la creatività? -, ed è un tema che riguarda anche i ragazzi a scuola perché, con i vari software e applicazioni, possono scrivere un testo già preconfezionato. Così mi è venuta l’idea di raccontare la storia di Eureka, appunto una intelligenza artificiale creata per inventare qualsiasi cosa avesse bisogno l’uomo ma, per far questo, deve nutrirsi di opere di ingegno, che è un po’ quello che succede con i database di questi software che si nutrono veramente di tutti i dati immessi. In maniera un po’ fantasiosa questa intelligenza artificiale assembla cose già create dall’uomo, già inventate. Gli Artonauti tornano indietro nel tempo e viaggiano dai Sumeri in poi, andando alla ricerca di tutto quello che è stato espressione dell’ingegno umano, dal punto di vista architettonico, tecnologico o artistico. Inseguono Eureka, una bizzarra creatura che non sanno bene com’è fatta, noi l’abbiamo rappresentata come una sorta di lucciola, alla fine la trovano e le chiedono: Ma tu sei capace di inventare o di immaginare? E lei risponde: “Io so fare tantissime cose. Posso contare in modo velocissimo, posso assemblare le cose che voi avete creato, ma non posso immaginare. L’immaginazione spetta all’uomo, insieme possiamo fare grandi cose”. Il concetto, secondo me e secondo noi di Artonauti, è quello di non negare al bambino la speranza dell’unicità dell’ingegno umano. Altrimenti si perde un po’ il senso con cui si fanno le cose: lasciare che la creatività resti a noi e che la parte tecnologica invece sia – poi magari verrò smentita nel tempo – della macchina. “Il mio ingegno e la mia fantasia non possono essere sostituiti”, mi sembrava una cosa bella da dire a un bambino».
Gli Artonauti non sono solo figurine, ma anche giochi, un concorso e contenuti extra. Cosa ci riserva questa uscita?
«Artonauti è stato descritto come “il museo che viene a casa tua”, e noi abbiamo voluto fare in modo che le famiglie e i collezionisti andassero al museo. In ogni raccolta, e in questa in particolare, ci sono due opportunità: con i golden ticket, i biglietti d’oro che si possono trovare nei pacchetti di figurine, si può vincere un viaggio, oppure registrando il codice univoco della seconda di copertina si ha la possibilità di partecipare all’estrazione di esperienze Artonauti, insieme a una guida che accompagnerà i vincitori, alla scoperta di una città d’arte italiana. Ci piaceva la collaborazione con i musei, che diventano la nostra meta. Tanti ci hanno scritto che diversi bambini hanno chiesto di andare al museo, magari proprio per vedere l’opera d’arte preferita: Riccardo di 6 anni, lo cito sempre, per il compleanno ha chiesto di andare a vedere Blu di cielo di Kandinskij a Parigi. Oppure un altro bambino di 10 anni, per Natale, me l’hanno scritto via email questo gennaio, ha chiesto la riproduzione della Lampada ad arco di Balla. Pensando alle emozioni che hanno suscitato nei giovani collezionisti, volevamo fare un passetto in più: ovviamente siamo una realtà piccola e non possiamo regalare moltissimi viaggi però, offrire a qualcuno l’esperienza di andare un week-end in una città d’arte, quello sì. Anche perché le persone che raccolgono Artonauti non sempre sono quelle che vanno nei musei, non sempre sono abituate a frequentare questi luoghi».
Il decreto del Ministro della Cultura n. 161 dell’11 aprile 2023, contente le Linee guida per la determinazione degli importi minimi dei canoni e dei corrispettivi per la concessione d’uso dei beni in consegna agli istituti e luoghi della cultura statali, già emendato lo scorso maggio e ulteriormente modificato con il D.M. n. 108 del 21 marzo 2024, ha influito sui costi di produzione? Penso al Cenacolo Vinciano o al Tondo Doni di Michelangelo conservato alle Gallerie degli Uffizi, giusto per fare due esempi riprodotti in Arte & Scienza – Le invenzioni che hanno cambiato il mondo.
«Questa è una vicenda un po’ tutta italiana. È un costo che effettivamente Artonauti affronta ogni anno e che le persone, se non sono addette ai lavori, non conoscono. Sono i diritti che assolviamo per tutte le immagini pubblicate, una questione di cui si occupa mio marito perché ogni ente e ogni museo funziona un po’ a sé e quindi ha tempi diversi e costi differenti. Con una pazienza certosina, perché queste cose devono essere fatte ad arte, cerchiamo di essere molto precisi. Nel corso dei mesi chiediamo le autorizzazioni, paghiamo i diritti, ma è sempre tutto un po’ più complicato. Ci sono delle situazioni in cui il costo è rimasto invariato, altre più costoso e l’iter più complesso, dipende proprio dall’interlocutore. Era costoso anche prima, intendiamoci, ma alcuni si sono adeguati in una misura ragionevole, con altri è il discorso è diventato molto meno ragionevole. Le immagini che pubblichiamo sono quelle che riusciamo a ottenere, altre non le abbiamo per costi o per disponibilità: il risultato che vedete è sempre il frutto di un lavoro di matching tra quello che vorremmo e quello che poi possiamo pubblicare».
Tutti gli album e le figurine del progetto posso essere acquistati anche sul vostro sito e su Amazon. Qual è quello che finora ha riscosso maggiore successo?
«Sicuramente il primo perché ha avuto una risonanza mediatica importante ed è stato quello più conosciuto. E poi direi, tra gli altri, Il Novecento, quello legato proprio alla storia dei Monuments Men, che è piaciuto e ha riscosso più entusiasmo nella raccolta di tutta la collezione».
Avete ottenuto dei riconoscimenti, catturato l’attenzione dei piccoli e l’apprezzamento degli adulti. Qualche critica?
«Le critiche ci sono sempre. C’è qualcuno che vorrebbe un prodotto più preciso, con una carta più bella dal punto di vista tecnico. Noi rispondiamo che cerchiamo sempre di fare del nostro meglio e che rimane un prodotto che costa 3,90 euro in edicola: proviamo a creare la cosa migliore che si può ottenere con una qualità, che cerchiamo di mantenere, a un prezzo così accessibile. Noi dobbiamo fare il match tra la figurina, che è uno sticker, e l’album, che ha una carta differente. A volte il dettaglio del colore non è esattamente preciso, purtroppo è un fattore tecnico che non possiamo migliorare. Questa è la critica che ci è arrivata, magari da un collezionista che ama avere l’album perfetto. Certo, facendolo pagare molto di più riusciremo a toccare la perfezione, ma verremmo meno all’accessibilità del prodotto per tutti».
È già in cantiere la prossima avventura?
«È in cantiere perché ogni album è come un figlio: uno sta lì, ci pensa e noi ci pensiamo tanto. Io mi occupo della parte creativa, ho sempre delle idee che cerco di sviluppare con la redazione e già ne stiamo parlando, stiamo raccogliendo il materiale. Anche perché quello che all’apparenza è, magari, solo un album di figurine, in realtà ha dietro un lavoro di mesi, di studio, di ricerca delle informazioni e delle immagini, per creare un prodotto semplice ma non banale. È un po’ come un bambino: ci vuole quasi un anno, un po’ di pazienza, un po’ di cura del dettaglio. Comunque, sì, è in cantiere».
Dopo la laurea a Trento in Scienze dei Beni Culturali, in ambito storico-artistico, ho “deragliato” conseguendo a Milano un Perfezionamento in Scenari internazionali della criminalità organizzata, un Master in Analisi, Prevenzione e Contrasto della criminalità organizzata e della corruzione a Pisa e un Perfezionamento in Arte e diritto di nuovo a Milano. Ho frequentato un Master in scrittura creativa alla Scuola Holden di Torino. Colleziono e recensisco libri, organizzo scampagnate e viaggi a caccia di bellezza e incuria.