“Il collezionista”, un romanzo da non prendere troppo sul serio
Tradotta e pubblicata da HarperCollins Italia la ventitreesima avventura di Gabriel Allon
Un romanziere del calibro di Daniel Silva, che centra sistematicamente da oltre 20 anni la lista dei bestseller del New York Times, può inserire una fila di sciocchezze e di inesattezze in un solo libro? Basta leggere l’ultima fatica letteraria con protagonista il suo personaggio più riuscito e longevo per toccare con mano la fallibilità di una penna esperta e apprezzata, dalla critica e dai lettori, come quella dell’autore statunitense. Ma andiamo per gradi.
Fingiamo di non saper nulla dell’identità e delle peripezie passate di Gabriel Allon, leggendaria e affascinante spia poliglotta, già a capo dell’intelligence israeliana, che, ritiratosi a Venezia, dopo aver commesso innumerevoli omicidi, ammazza il tempo restaurando opere d’arte. E valutiamo Il collezionista a sé, non come la perla di una fortunata lunga collana.
Le prime cento-centotrenta pagine sono forse le più problematiche, dove l’estro (o l’ego) di Silva si fa prendere la mano e tra le righe infila di tutto: dall’impatto del cambiamento climatico sulla Laguna (p. 18) alla guerra in Ucraina (p. 21), che farà da sfondo a tutta la parte centrale dell’intrigo internazionale, a una ministra della Cultura italiana, “parte di un partito di estrema destra che poteva far risalire la propria genealogia al Partito nazionale fascista di Benito Mussolini” (p. 29), e che corre “a bruciare un rogo di libri” (p. 32). Come se fascismo e nazismo fossero intercambiabili e sinonimi. E ancora i quadri depredati dai nazisti (p. 33 e p. 176), una pala di Tiziano scomparsa durante le scorribande napoleoniche (p. 40), un pacco bomba della ‘ndrangheta (p. 44), la camorra (p. 45), i sostenitori di Fratelli d’Italia (che “si considerano neofascisti”, p. 46), il Vaticano che vuole rubare altri (?) quadri (p.72), il cartello Kinahan (p. 73), la mafia armena (p. 82) e Allon che, recuperata la Natività palermitana di Caravaggio, si assicura che il merito venga attribuito al generale comandante dei Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale (p. 59). Un mappazzone.
Non si comprende poi come un autore navigato, che scrive di crimini d’arte da un po’, ancora non conosca la differenza tra il Comando CC TPC, che ha competenze informative, di analisi e di coordinamento nazionale, e un Nucleo CC TPC, che dipende dal Comando e svolge attività operativa su base territoriale (una o due Regioni): secondo Silva il Nucleo (16 attualmente, sic!) è “Noto formalmente come Comando Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale” (p. 44). Per uno statunitense la gerarchia italiana dei militari dell’Arma dev’essere una questione di lana caprina. Poco più avanti poi si assiste a un rovesciamento dal sapore strano: “I primi due decenni della sua attività (del Comando CC TPC, al tempo TPA, ndr) avevano prodotto migliaia di arresti e una sequela di recuperi di alto profilo, ma, a metà degli anni Novanta, si era fatta strada una paralisi istituzionale. La forza lavoro si era ridotta a pochi agenti in età pensionabile che, per lo più, sapevano poco o nulla di arte. La folta schiera di detrattori del reparto diceva, non senza qualche giustificazione, che si passava più tempo a dibattere su dove pranzare che a cercare dipinti che ogni anno sparivano in Italia” (p. 45). Qual è il confine tra fantasia letteraria, realtà e denigrazione gratuita? Il generale Roberto Conforti era stato nominato, nel 1991, comandante di questa sezione specializzata, e proprio sotto la sua guida l’organico fu incrementato: da poche unità superò le trecento. Ancora oggi, dopo 22 anni dal pensionamento e a quasi 7 dalla scomparsa del generale, si ricorda la “stagione Conforti” come una delle più lungimiranti e prolifiche. Un mondo al contrario, insomma, quello di Silva. E anche impreciso. Senza troppo spoilerare, il romanzo ruota attorno al recupero di un dipinto, Il Concerto a tre di Johannes Vermeer, trafugato all’alba del 18 marzo 1990 insieme ad altre dodici opere dall’Isabella Stewart Gardner Museum di Boston. La ricompensa di 10 milioni di dollari è ancora valida, ma finora non ha contribuito alla restituzione delle tele e il caso è tuttora irrisolto. Secondo l’autore si tratta di un furto da 200 milioni di dollari complessivi (p. 69), considerato “il più grande colpo della storia”: il Vermeer da solo vale quella cifra e per il totale ne andrebbero aggiunti almeno altri 300. E poi quanto è realistico un esperto con competenze solide da Caravaggio a Van Gogh “in grado di entrare in una galleria, diciamo a Parigi, e di individuare dei falsi nel giro di qualche minuto” (p. 48)? Quanto è veritiero che “In questo paese (l’Italia, ndr) ci sono più restauratori d’arte che camerieri” (p. 39)? Quanto è probabile che una ladra, seduta al café di un piccolo e isolato villaggio danese, sfogli Il Mattino di Napoli (p. 75)? Almeno una volta nella vita, chi non ha ricevuto in dono da uno sconosciuto una prima edizione di Belli e dannati di Francis Scott Fitzgerald del valore di 35.000 euro (p. 208)?
L’ipercontemporaneità in cui Silva cuoce la sua storia è senz’altro un elemento interessante che stimola il lettore a pescare nella memoria visiva recente, con gli attivisti che s’incollano a un quadro (p. 181), con le immagini del massacro di Buča (p. 137). Giusto per fare alcuni esempi. Peccato per un’Italia coperta di stereotipi e un po’ di superficialità nel maneggiare l’arte e il suo delicato mondo. Piccole cose, qua e là, dettagli tecnici e narrativi, fanno di questo libro un romanzo da non prendere troppo sul serio, d’altra parte lo ammette persino il suo autore nella nota che segue il romanzo. Il tono è compiaciuto e il ritmo è sufficientemente faticoso nella seconda e terza parte, Il complotto e Il contatto, dove scenari diversi, Israele, Berlino, San Pietroburgo, Mosca, personaggi e descrizioni troppo lunghe s’intrecciano in una matassa di spionaggio, corruzione, controspionaggio, guerra, missili e armi nucleari, che potrebbero scoraggiare prima di un finale (un po’ deludente), che strizza l’occhio alla ventiquattresima avventura.
Si può e si deve inventare, stravolgere e complicare, purché le dosi della ricetta siano pesate, la creatività sia verosimile e la verità sia vera. Anche nella finzione.
SCHEDA LIBRO
Autore: Daniel Silva
Titolo: Il collezionista
Editore: HarperCollins Italia
Anno edizione: 2024
Pagine: 412
Prezzo: 19,00 Euro
Dopo la laurea a Trento in Scienze dei Beni Culturali, in ambito storico-artistico, ho “deragliato” conseguendo a Milano un Perfezionamento in Scenari internazionali della criminalità organizzata, un Master in Analisi, Prevenzione e Contrasto della criminalità organizzata e della corruzione a Pisa e un Perfezionamento in Arte e diritto di nuovo a Milano. Ho frequentato un Master in scrittura creativa alla Scuola Holden di Torino. Colleziono e recensisco libri, organizzo scampagnate e viaggi a caccia di bellezza e incuria.