Comunicato Stampa del Nucleo TPC di Venezia
Nell’anno 2023 i Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale di Venezia, in diretta collaborazione con le Soprintendenze A.B.A.P. di Padova, Venezia e Verona, con l’U.M.S.T. Soprintendenza per i beni e le attività culturali di Trento, con la Soprintendenza Provinciale ai BB.CC. di Bolzano, con la Direzione Regionale Musei e con gli altri organi periferici del Mi.C., hanno recuperato 5.075 beni d’interesse culturale, per un valore complessivo stimato in euro 2.450.600. Questo è il dato complessivo dell’Attività Operativa 2023 del Nucleo CC TPC di Venezia, istituito nel 1995 per garantire un’azione diretta dell’Arma sul patrimonio culturale del Veneto, del Trentino – Alto Adige e del Friuli – Venezia Giulia.
L’attività operativa del Nucleo CC TPC di Venezia, che attualmente ha competenza sul Veneto e le province autonome di Trento e Bolzano, evidenzia nel 2023 una significativa diminuzione dei reati contro il patrimonio culturale, nonché la denuncia di 81 persone per reati di settore. In particolare, a distanza di poco più di un anno dall’entrata in vigore della Legge n. 22 del 22 marzo 2022 – con modifiche alle disposizioni penali in materia di tutela del patrimonio culturale attualmente contenute prevalentemente nel Codice dei Beni Culturali (D.Lgs. 42/2004) e integrando il Codice Penale con 17 nuovi articoli (da 518 bis a 518 undevicies) – si registrano importanti segnali positivi, come si evince dall’analisi comparativa dei dati rispetto al 2022:
– significativa riduzione dei furti (da 30 a 16) e degli oggetti trafugati (da 2253 a 82);
– incremento dei beni recuperati (da 300 a 5.075) di cui:
• reperti archeologici (da 253 a 5.038);
• librari/archivistici (da 2 a 7);
– intensificazione dell’attività di controlli di aree e siti archeologici (da 95 a 109);
– incremento dei risultati dell’attività repressiva:
• denunciati per reati in danno del patrimonio monumentale, architettonico e paesaggistico (da 36 a 41);
• denunciati per illecita esportazione (da 3 a 4).
Andando nel dettaglio, l’attività di contrasto condotta nel 2023 ha permesso di recuperare, nei rispettivi settori di specialità, oltre ai citati 5.038 reperti archeologici, 20 reperti paleontologici. Nel settore dell’antiquariato si registra un sensibile calo dei furti, soprattutto in abitazioni private (da 12 a 5) e luoghi di culto (da 9 a 6). Nel periodo in esame, sono stati altresì effettuati 60 controlli ad esercizi antiquariali, 16controlli a mercati e fiere, con il recupero di 17 beni, di cui 7 documenti archivistici e bibliografici, 5 dipinti e 2 sculture. L’attività repressiva ha consentito di deferire 34 soggetti per ricettazione. Nell’ambito del contrasto alla contraffazione, sono stati deferiti 2 soggetti, sequestrate 18 opere contraffatte (+ 200% rispetto al 2022), di cui 7 del settore antiquariale, archivistico e librario, 10 del settore archeologico e paleontologico e 1 di arte contemporanea.
Nel corso del 2023, per le attività di tutela del paesaggio e monumenti, il Nucleo CC TPC di Venezia ha predisposto 354 servizi di controllo alle aree paesaggistiche terresti e marine, deferendo 9 soggetti per danneggiamento e 41 per reati in danno del paesaggio.
Durante l’anno in questione, infine, sono stati oggetto di rilievi fotografici 434 beni d’interesse culturale.
La conclusione di alcune indagini ha permesso la consegna di beni d’interesse culturale ad enti pubblici, ecclesiastici e privati, che ne erano stati privati da azioni delittuose, di cui si enumerano, di seguito, le più rilevanti.
Il 16 febbraio 2023, a Mantova veniva consegnata alla locale Diocesi un tabernacolo in legno argentato, cesellato, di fine ‘800, di grandissimo valore devozionale. Il bene è stato recuperato dai Nucleo CC TPC di Venezia, con il coordinamento della Procura della Repubblica di Verona. I militari operanti, in collaborazione con il Reparto Operativo Carabinieri di Verona, nell’ambito delle operazioni di perquisizione svolte a carico di un ex antiquario, procedevano al controllo di varie opere d’arte. Successivamente, avvalendosi della Banca Dati dei beni illecitamente sottratti, individuavano il bene rubato dalla Chiesa di Santa Lucia di Quistello (MN) il 24 aprile 2001. Il tabernacolo ligneo si configura come un esempio di arte popolare lombarda di fine Ottocento. Presenta una decorazione ad intaglio e cesellatura su lamina argentata che ripropone un repertorio esornativo di stampo neo barocco e che imita i modelli in metallo.
Il bene era inserito all’interno della parete absidale, costituendo parte integrante e decorativa del sottostante altare, all’interno della piccola Chiesa di Santa Lucia di Quistello (MN). Le indagini condotte hanno consentito di ricostruire la storia del tabernacolo: dopo il furto e la ricettazione, il bene ecclesiastico è stato oggetto di vari passaggi di proprietà, che hanno interessato diverse persone, sino a giungere nelle mani di un soggetto che ha tentato di mascherarne la provenienza, dichiarando di averla acquistata da una persona deceduta anni prima, con l’intento di vanificare le indagini.
Il 9 marzo 2023, a Massa veniva consegnata una lettera scritta dal duca Alfonso I d’Este e indirizzata a Ludovico Ariosto al locale Archivio di Stato, oggetto di furto, ricettazione, illecita esportazione. La missiva trafugata da quell’archivio, fu inviata il 13 febbraio 1524 dal duca a Ludovico Ariosto, che all’epoca era il Commissario Generale in Garfagnana. La lettera tratta il tema dell’amministrazione della giustizia in quel territorio ostile e difficile da gestire, terra di briganti al servizio dei signorotti locali. La risposta ducale riprende le osservazioni del suo commissario e mostra l’intenzione di voler reagire alle provocazioni e al contempo conforta l’Ariosto ampliando i suoi poteri d’azione e confermandogli la piena fiducia. Di questo periodo, ben 117 lettere di Alfonso I d’Este a Ludovico Ariosto si conservano nell’Archivio della Garfagnana, che alla fine dell’Ottocento è stato riversato nell’Archivio di Stato di Massa. Le indagini svolte hanno accertato l’autenticità del manoscritto e l’appartenenza all’archivio di Stato di Massa, confermata dalla presenza della numerazione presente sulle predette lettere e realizzata da Giovanni Sforza, primo direttore dell’Archivio di Stato di Massa (1887 -1903). I Carabinieri TPC di Venezia, coordinati dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Verona, con l’ausilio dei funzionari della Direzione Generale Archivi e i relativi uffici periferici del Ministero della Cultura, nel mese di luglio hanno intercettato il bene in una trattativa privata e quindi proceduto al suo sequestro, quale “bene culturale” inalienabile.
Il 19 aprile 2023, a Quarto d’Altino (VE) venivano consegnati un monumento funerario e la base di un’urna recante un’iscrizione al Museo nazionale e Area Archeologica di Altino. L’individuazione dei beni, provenienti da contesti funerari dell’antica Altinum, è avvenuta grazie alla strutturale collaborazione con la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per l’Area metropolitana di Venezia e le province di Belluno, Padova e Treviso. Il primo reperto, un monumento funerario lapideo, è composto da due leoncini accovacciati, collocati con funzione apotropaica a guardia di un cippo anepigrafe, dotato al centro del lato superiore di un foro con tracce di metallo per il fissaggio di un ulteriore elemento di coronamento. Segue una base in pietra di un’urna funeraria, con cavità quadrata a bordi rilevati per le ceneri del defunto sulla parte superiore, due fori simmetrici con tracce di metallo per il fissaggio del coperchio o del coronamento e iscrizione dedicatoria: SIPPIAI P(ubli) L(iberta) CLARAI P(ublius) SIPPIUS P(ubli) L(ibertus) SECVNDVS. Si tratta della dedica alla defunta Sippia Clara da parte del dedicante Sippio Secondo, entrambi liberti di un ‘Publio’. Dalle indagini è emerso che i due preziosi reperti siano stati verosimilmente rinvenuti ad Altino nel corso di lavori agricoli, ai primi del ‘900. Al ritrovamento, mai denunciato alle competenti autorità, sono seguiti alcuni ‘passaggi di mano’ anche familiari, sino ad arrivare all’attuale detentore in provincia di Treviso. Quest’ultimo, individuato casualmente il bene presso locali ricevuti in eredità, ha segnalato immediatamente il rinvenimento alla competente Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per l’Area metropolitana di Venezia e le province di Belluno, Padova e Treviso. La SABAP come previsto, ha informato il Nucleo CC TPC di Venezia, che ha avviato le indagini del caso. In particolare, gli accertamenti condotti dai Carabinieri hanno permesso di appurare che la pregressa detenzione dei reperti archeologici in questione era sprovvista dalla necessaria documentazione attestante la legittima proprietà. L’azione prettamente investigativa, in cui è stata di fondamentale importanza la Banca dati dei beni culturali illecitamente sottratti, si è avvalsa di esami tecnici e storico-artistici effettuati dai funzionari archeologi della predetta Soprintendenza A.B.A.P. Nonostante sia rimasto ignoto lo specifico luogo di rinvenimento, con ogni probabilità questo deve individuarsi in una delle necropoli che si addensavano all’esterno della città di Altino lungo le strade extraurbane (principalmente la via Annia, ma anche la Claudia Augusta), che complessivamente hanno restituito circa 2.000 sepolture, in larghissima parte datate alla prima età imperiale (I secolo d.C.).
Il 20 aprile 2023, a Venezia venivano consegnati un’anfora e un askos apuli alla Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per il Comune di Venezia e Laguna. L’individuazione dei beni, provenienti da contesti archeologici italiani, è avvenuta a seguito di specifici servizi di controllo del mercato dell’arte, finalizzati a prevenire e contrastare il commercio di beni culturali di provenienza illecita. Un primo reperto è costituito da un askos apulo a figure rosse, che si data tra la fine del IV e l’inizio del III sec. a.C. La forma della ceramica richiama un’anatra stilizzata, cui la testa è costituita dal bocchello del recipiente, e la coda da una testina decorativa suddipinta in ocra. Il ‘lato A’ è decorato da una coppia di cavalieri su cavalli rampanti e affrontati. Giustapposti sono altresì 2 cani in basso. Il ‘lato B’ presenta la classica decorazione fitomorfa. Segue un’anfora apula a figure rosse con anse a nastro, databile alla metà del IV sec. a.C. La decorazione del ‘lato A’ è costituita da 2 figure umane giustapposte, ai lati di un plinto sormontato da un’anfora. A sinistra un giovane nudo regge una coppa e una corona; a destra una giovane donna stringe una fascia decorata e un ramo. Sul ‘lato B’ vi è una scena di conversazione tra 2 uomini affrontati e ammantati, di cui uno regge un bastone. Entrambi i manufatti per classe ceramica, tipologia, produzione e dimensioni sono risultati essere, agli esami tecnico-scientifici effettuati, provenienti da contesti archeologici ubicati in territorio italiano. L’ottimo stato di conservazione degli oggetti suggerisce una verosimile provenienza da contesti funerari, come parti di corredo.
Le indagini sono state avviate nell’agosto 2021, su segnalazione di uno studioso veneziano, mentre i beni venivano posti in vendita all’incanto da una casa d’aste romana. I beni individuati, sono stati sequestrati a seguito di perquisizioni presso private abitazioni, nelle province di Crotone e Firenze: attività effettuate con l’ausilio dei Nuclei CC TPC competenti per territorio. L’azione prettamente investigativa, in cui è stata di fondamentale importanza la Banca dati dei beni culturali illecitamente sottratti, si è avvalsa di esami tecnici e storico-artistici effettuati dai funzionari archeologi della predetta Soprintendenza A.B.A.P. In particolare, gli accertamenti condotti dai Carabinieri TPC di Venezia hanno permesso di appurare che i reperti archeologici in questione, oggetto di varie alienazioni che hanno interessato anche l’estero, non erano all’origine accompagnati dalla necessaria documentazione attestante la legittima proprietà. Oltre al recupero dei beni descritti, le indagini hanno portato al deferimento all’Autorità Giudiziaria romana di 8 persone per ricettazione di beni culturali.
Il 28 aprile 2023, a Roma veniva consegnata una stele funeraria d’importanza archeologica all’Ambasciata di Turchia. Il bene, oggetto di scavi archeologici clandestini presso l’antica città di Zeugma, in Turchia, è stata recuperata dai Carabinieri del Nucleo TPC di Venezia con il coordinamento della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Firenze. Si tratta di una stele in pietra calcarea, ovvero in un materiale noto come ‘Formazione Gaziantep’ nella letteratura geologica e che era ampiamente utilizzato per statue e steli della necropoli di Zeugma in epoca romana. Il bene è stato sequestrato dai Carabinieri TPC di Venezia in provincia di Firenze nel marzo 2022, a seguito di perquisizione domiciliare a carico di una persona già oggetto d’indagini. Questi l’aveva introdotta nel territorio nazionale acquistandola precedentemente in Francia. Per tale bene, aveva chiesto all’Ufficio Esportazione di Firenze, ovvero a un ufficio del Mi.C. che si occupa della circolazione dei beni culturali, il rilascio di un ‘certificato d’ingresso temporaneo’, presentando il bene come proveniente da contesti archeologici italiani. Il predetto certificato ha una finalità commerciale, in quanto per 5 anni il bene importato non è soggetto alla disciplina nazionale di tutela: può essere ad esempio esportato all’estero, a prescindere da qualsiasi valutazione d’interesse culturale per la nazione. Considerate le conseguenze che il rilascio di tale atto comporta, preliminarmente gli Uffici Esportazione effettuano, sui beni oggetto della richiesta, i medesimi accertamenti previsti per l’uscita definitiva dal territorio nazionale dei beni d’interesse culturale. Pertanto, poiché la stele era stata presentata come bene archeologico proveniente da contesti archeologici italiani, l’Ufficio Esportazione di Firenze chiedeva al detentore di presentare documenti che attestassero un possesso proprio, o altrui, del bene in un tempo antecedente al 1909 (anno dal quale inizia la tutela italiana per i beni archeologici), nonché documenti attestanti la liceità dell’originaria uscita della stele dall’Italia. A fronte di tali richieste, il detentore ritirava la domanda per il rilascio del certificato. Nelle indagini finalizzate alla ricostruzione della circolazione internazionale della Stele è stata di fondamentale importanza la Banca dati dei beni culturali illecitamente sottratti, nonché il coinvolgimento del Servizio di Cooperazione Internazionale di polizia. L’azione prettamente investigativa si è inoltre avvalsa dell’opera di diversi enti di tutela e ricerca nel campo dei beni culturali, in particolar modo per la qualificazione del bene. Oltre al già citato Ufficio Esportazione di Firenze, hanno offerto la loro collaborazione le Università di Bologna, Harvard e Lyon, le Soprintendenze A.B.A.P. di Venezia e di Padova, il Centre National de la Recherche Scientifique. Una volta accertata la provenienza del bene, di fondamentale importanza sono stati poi i contributi del Combating Illicit Trafficking Department – Unit of International Affairs del Ministero della Cultura e del Turismo turco, nonché dell’Università di Ankara. Nell’ambito della medesima indagine, sono stati altresì individuate 4 riproduzioni moderne di reperti archeologici, già in circolazione nel mercato internazionale come beni autentici. A tali beni sono state apposte le previste indicazioni di non autenticità.
Il 14 giugno 2023, a Roma, dopo 28 anni dal furto, sono stati restituiti, al Padre Generale dei Gesuiti, 2 dipinti raffiguranti i santi Pietro e Paolo, rubati nella notte tra il 25 e il 26 maggio 1995 dalla cappella della Curia Generalizia. I due dipinti a olio su tavola misurano 65 cm di diametro e sono racchiusi entro una cornice dorata modanata in legno. Rappresentano i ritratti dei 2 apostoli in primo piano e a mezzobusto, con in evidenza gli attributi dei due santi, le chiavi e l’elsa della spada. Le tavole sono databili ai decenni centrali del XVII secolo. La compatibilità delle dimensioni, le affinità stilistiche e i soggetti fanno ritenere che si tratti fin dall’origine di due pendant. Per i beni d’interesse artistico di proprietà di enti ecclesiastici, opera di autore non più vivente e la cui esecuzione risalga ad oltre 70 anni, come nel caso dei dipinti in questione, il ‘Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio’ prevede che gli stessi siano inalienabili, e che gli eventuali acquisti e vendite, anche in buona fede, risultino nulli. L’individuazione delle opere da parte del Nucleo CC TPC di Venezia è avvenuta nell’ambito di un’indagine più ampia relativa alla sottrazione di beni ecclesiastici in Veneto, da cui è poi scaturita l’azione investigativa in questione, coordinata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma. In particolare, le opere erano comparse sul mercato dell’arte nell’autunno del 2021, all’incanto presso una casa d’aste romana, come ‘coppia di dipinti a olio’, di scuola lombarda della prima metà del XVII secolo. Per la loro identificazione è stata di fondamentale importanza il censimento del furto presso la Banca dati dei beni culturali illecitamente sottratti: le immagini della vendita in asta sono subito apparse ai Militari dell’Arma sovrapponibili a quelle del furto ai danni dei Gesuiti, censito in Banca Dati. Tale dato è stato poi riscontrato sui luoghi del fatto, anche mediante l’escussione dei soggetti che avevano denunciato il furto. L’azione investigativa è poi proseguita nella ricostruzione a ritroso dei ‘passaggi di mano’ delle opere, che ha permesso di ricostruire la storia più recente delle stesse: dopo il furto e la ricettazione, i dipinti erano stati oggetto di una ‘peregrinazione’ in varie regioni dell’Italia centrale sino alla loro messa in vendita a Roma. Ulteriore e qualificata identificazione, mediante analisi storico-artistica e strumenti scientifici di settore, è stata effettuata dai funzionari storici dell’arte della Soprintendenza A.B.A.P. per il Comune di Venezia e Laguna.
Il 21 giugno 2023 a Venezia venivano consegnati due dipinti di Bonifacio Veronese e di Francesco Fontebasso alle Gallerie dell’Accademia di Venezia, che facevano parte di una collezione di ventiquattro dipinti, dispersi a causa di una bancarotta e di una conseguente ricettazione fallimentare, sequestrati dai Carabinieri del Nucleo per la Tutela del Patrimonio Culturale di Venezia, coordinati dalla Procura della Repubblica di Padova. I dipinti, di rilevantissimo valore storico ed economico (Canaletto, Tiepolo, Guardi, Giampietrino, Padovanino, Diziani, Zais, Fontebasso, Bonifacio de’ Pitati) venivano rinvenuti a seguito di perquisizioni, effettuate tra giugno e novembre del 2021, dai Carabinieri del Nucleo TPC a Venezia, Padova, Firenze, Genova e Treviso. Tra le opere sequestrate, alcune sono state rinvenute all’interno di veri e propri caveau, realizzati nelle abitazioni perquisite, altre celate in apposite intercapedini, create in un sottotetto, altre ancora sono state recuperate a seguito di specifici controlli del mercato dell’arte. Un prezioso dipinto di Giampietrino, raffigurante la “Maddalena Penitente”, è stato recuperato presso una galleria d’arte di New York, dove stava per essere venduto ad un’importante istituzione museale cinese. In particolare, due dei dipinti in argomento, dopo essere stati presentati all’Ufficio Esportazione di Milano e valutati di interesse sia da parte della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per il Comune di Venezia e Laguna, che dalle Gallerie dell’Accademia, nel giugno 2022 venivano acquistati dallo Stato proprio per arricchire le collezioni di quest’ultimo Museo. Si tratta di un dipinto di Francesco Fontebasso, intitolato “Matrimonio mistico di Santa Caterina d’Alessandria ed Estasi di Santa Teresa” e di un dipinto di Bonifacio de’ Pitati, detto “Bonifacio Veronese”, intitolato “La dichiarazione”.
Il 12 luglio 2023, a Venezia veniva consegnato il dipinto raffigurante una natura morta di G. Jasper al Museo di Palazzo Grimani, bene oggetto d’illecita esportazione in Germania. Il dipinto “Natura morta con nautilus, limoni, prosciutto e calice”, olio su tavola, cm 59×74, rappresenta su un piano di appoggio un florilegio di prodotti della terra e dell’uomo, tra i quali spicca una grande conchiglia nautilus, che si riflette su una guantiera. L’opera è firmata sul bordo del tavolo ‘JG fecit’. Il pittore (1620 forse Anversa – 1654 Amsterdam) è uno degli artisti più rappresentativi nel campo della natura morta durante il periodo della c.d. età dell’oro della pittura olandese, specializzato sugli ornamenti, composizioni su tavolo, drappi. La storia giudiziaria del dipinto, e con essa le indagini del Nucleo TPC di Venezia, iniziano nel giugno del 1999 presso un palazzo nobiliare veneziano. Un antiquario olandese, proprietario del bene, è vittima di una truffa nella quale gli viene sottratto il dipinto: egli, come altri antiquari italiani e stranieri, aveva consegnato nelle mani di alcuni soggetti importanti opere d’arte affinché fossero vendute. Presto, tuttavia, si accorse di essere stato privato dell’opera e che i titoli di pagamento ricevuti erano scoperti. Le prime indagini individuarono i responsabili della truffa e le loror esponsabilità penali. Furono recuperate diverse opere, ma non il prezioso dipinto di Geerards Jasper. L’antiquario, tuttavia, ottenne un indennizzo dalla polizza assicurativa stipulata dallo stesso. Grazie alla Banca dati dei beni culturali illecitamente sottratti, nel giugno del 2018 i Carabinieri dell’Arte individuavano il dipinto in vendita presso una casa d’aste in Germania. Per i beni d’interesse artistico, opera di autore non più vivente e la cui esecuzione risalga ad oltre 70 anni, il cui valore sia superiore a euro 13.500, come nel caso del dipinto in questione, il “Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio” prevede che gli stessi possano lasciare il territorio nazionale solo con apposita autorizzazione, rilasciata dagli Uffici Esportazione. I responsabili dell’esportazione di tali beni, avvenuta senza autorizzazione, commettono il reato di “Uscita o esportazione illecite di beni culturali”, dal marzo 2022 compreso nel novello Titolo VIII bis del Codice Penale “Dei Delitti contro il patrimonio culturale”. Individuato il bene in asta in Germania, il Nucleo CC TPC di Venezia ha avviato così nuove indagini, che hanno accertato che il dipinto di Geraard Jasper aveva lasciato il territorio italiano senza la prevista autorizzazione. Inoltre, la Rogatoria Internazionale, disposta dalla Procura della Repubblica di Venezia su richiesta del Nucleo TPC, permetteva di individuare il soggetto responsabile dell’illecita esportazione del dipinto in Germania, il quale aveva dato il mandato a vendere alla casa d’aste tedesca. Presso quest’ultima il dipinto rimase invenduto, e mentre erano ancora in corso le indagini, l’opera rientrava in Italia e veniva posta in vendita da una casa d’aste lombarda. Così nel dicembre del 2021 i Carabinieri TPC di Venezia recuperarono finalmente il dipinto, sequestrandolo e avviando un’ulteriore fase delle indagini coordinate dalla Procura della Repubblica di Brescia. L’azione investigativa è proseguita nella ricostruzione a ritroso dei passaggi di mano dell’opera: dopo la truffa a Venezia, il dipinto fu oggetto di ricettazione e di una notevole ‘peregrinazione’ in varie regioni italiane e poi all’estero. Ulteriore e qualificata identificazione del bene, mediante analisi storico-artistiche e strumenti scientifici di settore, è stata effettuata dai funzionari storici dell’arte della Soprintendenza A.B.A.P. per il Comune di Venezia e Laguna. A conclusione indagini, nel febbraio 2023 il Tribunale di Brescia disponeva così la confisca del dipinto e la sua destinazione al Ministero della Cultura.
Il 27 luglio 2023, a Venezia veniva consegnata al Museo Archeologico un’anfora attica del ‘Gruppo di Leagros”, oggetto di scavi clandestini, furto di bb.cc., ricettazione. Trattasi di un’anfora a figure nere, databile attorno al 500 a.C. Con la denominazione ‘Gruppo di Leagros’ si fa convenzionalmente riferimento, nelle Scienze Archeologiche, a un insieme di ceramografi attivi ad Atene, tra il 525 e il 500 a.C. A parte un unicum in Turchia, tutti i ritrovamenti delle anfore del ‘Gruppo d Leagros’ ricadono in primis in Italia, soprattutto in Etruria (luogo di destinazione commerciale), poi in Grecia, in particolar modo in Attica. L’anfora recuperata presenta sul lato principale la raffigurazione di Apollo citaredo stante, tra due Muse. Il lato opposto ritrae al centro un guerriero stante, munito di elmo e scudo rotondo, fiancheggiato da due arcieri. Sul fondo esterno è presente un segno alfabetico (Σ) graffito post-cottura. Si tratta di un dettaglio raro, verosimilmente connesso alla fase di commercializzazione del prodotto. L’anfora è stata sequestrata nel settembre 2022 dai Carabinieri TPC di Venezia, nell’ambito dell’operazione internazionale di polizia ‘Pandora VII’, e a seguito di una richiesta per il rilascio dell’Attestato di Libera Circolazione, presentata dal detentore all’Ufficio Esportazione di Venezia. Nella ricostruzione a ritroso della storia del bene, è emerso che l’anfora era stata acquistata dall’ultimo detentore nel 2016 in un’asta londinese. Precedentemente apparteneva a una collezione privata belga, che nel 1935 fu data in deposito al Museo Reale di Arte e Storia di Bruxelles. Non sono invece stati individuati informazioni certe più antiche. Per tali accertamenti è stato di fondamentale importanza il coinvolgimento del Servizio di Cooperazione Internazionale di polizia e del Ministero della Cultura e dello Sport greco. L’azione prettamente investigativa si è avvalsa necessariamente di esami tecnici e storico-artistici sul bene, anche in relazione alla sua provenienza, effettuati dai funzionari archeologi della Soprintendenza A.B.A.P. per il Comune di Venezia e Laguna; nonché della collaborazione strutturale del predetto Ufficio Esportazione di Venezia.
L’8 settembre 2023, a Venezia presso lo storico ‘Salone Del Piovego’ di Palazzo Ducale, è stata presentata dal Soprintendente A.B.A.P. Fabrizio Magani, e dal Comandante del Nucleo CC TPC di Venezia, un’importante collezione archeologica formata da 226 reperti. La collezione, già ‘dichiarata di notevole interesse storico, artistico e archeologico’, è rappresentativa di varie classi ceramiche e manufatti bronzei riferibili a corredi funerari di necropoli dell’Etruria antica dal IX al V sec. a.C.; di materiali italici dal VI al III sec. a.C.; di materiali vitrei di età imperiale romana. I beni sono stati verificati, e successivamente sequestrati, nel novembre 2022 dal Nucleo CC TPC di Venezia, nell’ambito di un’attività ispettiva della Soprintendenza A.B.A.P. per il Comune di Venezia e Laguna. Gli accertamenti effettuati hanno permesso di verificare che la collezione si era formata a partire dagli anni 70’ del secolo scorso, con un primo nucleo di 39 reperti, per poi giungere a complessivi 239 elementi, di cui la stragrande maggioranza era priva di qualsiasi attestazione di provenienza. Dirimente è stata la completa collaborazione alle indagini da parte dell’ultimo detentore, una volta comprese lacune e criticità, relativamente alla provenienza dei beni e alla proprietà degli stessi. A termine delle attività, la Procura di Venezia ha decretato il dissequestro della collezione e la sua consegna alla Soprintendenza A.B.A.P. per il Comune di Venezia e Laguna. L’azione di polizia giudiziaria si è avvalsa necessariamente di esami tecnici sui beni, effettuati dai funzionari archeologi della Soprintendenza A.B.A.P. per il Comune di Venezia e Laguna, che hanno lavorato insieme ai CC TPC anche nella ricostruzione della storia della collezione.
Il 21 settembre 2023, a Venezia veniva consegnato un dipinto di Giandomenico Tiepolo (1721–1780 circa), raffigurante la “Sacra Famiglia”, disperso a causa di una bancarotta fraudolenta e di una successiva ricettazione fallimentare, sequestrato a Padova dai Carabinieri TPC di Venezia, nell’ambito di un’attività investigativa svolta in seno ad una più articolata indagine coordinata dalla locale Procura della Repubblica. Il dipinto, di piccole dimensioni, ma di rilevante valore artistico, è stato rinvenuto a seguito di una perquisizione. Una volta restituito al curatore del fallimento, veniva subito presentato all’Ufficio Esportazione di Milano per essere successivamente venduto all’estero. L’opera, però, veniva valutata di notevole interesse culturale da parte della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per il Comune di Venezia e Laguna, incaricata per quanto di competenza dalla Direzione Generale Archeologia Belle Arti e Paesaggio. Il dipinto, olio su tela di cm 38 x 45, è databile tra il settimo e l’ottavo decennio del XVIII secolo. Per l’alta qualità artistica e il notevole valore storico e culturale, l’opera è apparsa sin da subito meritevole di tutela, in quanto rappresenta, senza ombra di dubbio, l’esempio più riuscito della felice e prolifica produzione del Tiepolo destinata alla devozione privata. Il prezzo dichiarato in sede di esportazione, quasi duecentomila euro, non ha fatto esitare il Ministero della Cultura, che ha proceduto ad acquisirlo a favore della Direzione Regionale Musei del Veneto destinandolo alle collezioni della Galleria Giorgio Franchetti alla Ca’ D’Oro di Venezia.
Il 10 ottobre 2023, a Milano veniva consegnata una tavoletta teriomorfa archeologica al Consolato d’Egitto, bene oggetto di scavo clandestino, ricettazione, illecita esportazione dall’Egitto, illecita importazione in Italia. Il bene presentato proviene da un contesto archeologico egiziano e risale alla seconda fase dell’epoca ‘Naqada II’ (circa 3700-3400 a.C.). Le tavolozze da cosmesi teriomorfe, ovvero a forma di uccello, come quella consegnata, rappresentano una classe di manufatti archeologici ben attestata nelle collezioni museali egiziane, e sono tra le testimonianze più rappresentative ed iconiche delle culture pre-faraoniche. La tavolozza è stata sequestrata nel settembre 2022 dai Carabinieri del Nucleo TPC di Venezia, nell’ambito dell’operazione internazionale di polizia ‘Pandora VII’, in collaborazione con l’Ufficio delle Dogane di Vicenza: si tratta di uno dei primi casi di applicazione del nuovo reato d’Importazione illecita di Beni Culturali (art. 518 decies c.p.), introdotto nell’ordinamento italiano dalla Legge n. 22 del 9 marzo 2022, ovvero in ottemperanza al Regolamento Europeo 880/2019 e alla Convenzione di Nicosia. Il bene, importato a Vicenza dal Regno Unito, non era accompagnato da alcun documento che attestasse l’originaria provenienza, la legittimità della proprietà privata, la liceità della circolazione, stante la normale appartenenza dei beni archeologici egiziani allo Stato d’Egitto, nonché a fronte del divieto di esportazione degli stessi. L’azione investigativa si è avvalsa del Servizio di Cooperazione Internazionale di polizia e del Ministero del Turismo e delle Antichità egiziano; nonché di esami tecnici e storico-artistici sul bene, anche in relazione alla sua provenienza, effettuati dai funzionari archeologi della Soprintendenza A.B.A.P. per il Comune di Venezia e Laguna e studiosi del Museo Egizio di Torino.
Il Nucleo Carabinieri TPC di Venezia ha fornito direttamente il proprio contribuito per la realizzazione di una mostra temporanea, in cui sono stati esposti dei beni recuperati, con la presenza di numerosi visitatori.
19 dicembre 2023 – 25 febbraio 2024, a Venezia, presso il Museo di Palazzo Grimani, si è tenuta la mostra“Arte Ritrovata. Ritorni in Laguna”, organizzata dal Segretariato Regionale del Ministero della Cultura per il Veneto con la Direzione Regionale Musei Veneto, in collaborazione con la Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per il Comune di Venezia e Laguna, il Comando Carabinieri per la TPC e l’Istituto Italiano di Tecnologia, la mostra è stata ospitata in alcuni ambienti del piano nobile del palazzo ed è stata aperta al pubblico dal 19 dicembre 2023 al 25 febbraio 2024.
Arte Ritrovata. Ritorni in Laguna ha permesso al pubblico l’incontro con alcune vicende di recupero e restituzione di beni culturali, al fine di sottolineare la virtuosa collaborazione tra il Comando Carabinieri TPC e i vari istituti del Ministero della Cultura che si adoperano per identificare, salvaguardare e valorizzare le opere sottratte al patrimonio culturale nazionale, in particolare nel territorio della città metropolitana di Venezia.
L’anno 2023 ha visto, non per ultimo, l’intervento della componente veneziana dei Caschi Blu della Cultura nell’attività emergenziale svolta a seguito delle alluvioni in Emilia Romagna e in Toscana.
[Fonte: Nucleo Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale di Venezia].
The Journal of Cultural Heritage Crime (JCHC), con sottotitolo L’Informazione per la Tutela del Patrimonio Culturale, è una testata giornalistica culturale, registrata presso il Tribunale di Roma con n. 108/2022 del 21/07/2022, e presso il CNR con ISSN 2785-7182. Si configura sul web come contenitore di approfondimento, il primo in Italia, in cui trovano spazio i fatti che quotidianamente vedono il nostro patrimonio culturale minacciato, violato e oggetto di crimini. I fatti sono riportati, attraverso un linguaggio semplice e accessibile a tutti, da una redazione composta da giornalisti e da professionisti del patrimonio culturale, esperti nella tutela. JCHC è informazione di servizio, promuove le attività di contrasto ai reati e sostiene quanti quotidianamente sono impegnati nella attività di tutela e valorizzazione del nostro patrimonio culturale.