La Svizzera restituisce all’Iraq una scultura e due rilievi mesopotamici

La consigliera federale Elisabeth Baume-Schneider ha consegnato tre beni archeologici di grande valore al vice primo ministro e ministro degli esteri della Repubblica dell’Iraq, Fuad Hussein. I tre reperti appartenenti alla civiltà mesopotamica, databili in un’epoca compresa tra i 1700 e i 2800 anni fa, erano stati confiscati nell’ambito di una procedura penale nel Cantone di Ginevra. La restituzione è avvenuta nei locali dell’Ufficio Federale della Cultura (UFC), dove i beni saranno esposti in occasione di una mostra speciale

(Tempo di lettura: 6 minuti)

Berna. Nel corso di una cerimonia ufficiale svoltasi lo scorso 24 maggio presso l’Ufficio Federale della Cultura, la consigliera federale Elisabeth Baume-Schneider, capo del Dipartimento federale dell’interno DFI, ha consegnato i tre beni culturali al vice primo ministro e ministro degli esteri della Repubblica dell’Iraq Fuad Hussein, per il trasferimento nel Paese d’origine. Si tratta della quinta e più importante restituzione di beni culturali all’Iraq da parte della Svizzera dal 2005 a oggi.

Scoperto da Austen Henry Layard tra il 1846 e il 1847 nel Palazzo Centrale di Nimrud-Kalkhu in Iraq, questo rilievo neo-assiro è unico nel suo genere: intitolato Idoli e prigionieri di una nazione conquistata, proviene dal monumentale doppio fregio che narra il regno di Tiglath Pileser III (745–722 a.C.). Da sinistra a destra, i soldati assiri deportano gli dèi di Babilonia e la sua popolazione. Insieme al rilievo vicino, conservato al British Museum, costituisce la più antica scena di deportazione conosciuta.

I tre oggetti in questione sono due grandi rilievi assiri dell’VIII secolo a.C., provenienti dal sito archeologico di Nimrud (l’antica città assira di Kalkhu), e un frammento di un busto reale del II–III secolo d.C. proveniente dall’antica città di Hatra. Entrambi i siti si trovano oggi in territorio iracheno, nella regione di Mosul. I beni culturali restituiti appartenenti al patrimonio mesopotamico e sono tra i più minacciati in Iraq. Ad oggi, l’UNESCO ha iscritto tre siti iracheni nella lista dei Patrimoni dell’umanità in pericolo, tra cui quello di Hatra. I reperti sono stati rinvenuti e catalogati durante gli scavi ufficiali svolti nel biennio 1846–1847, nel 1959 e nel 1976, ma hanno poi lasciato illegalmente l’Iraq in tempi e circostanze sconosciuti.

Rilievo d’angolo dell’VIII secolo a.C., scoperto nel 1976 nel Palazzo Centrale di Nimrud-Kalkhu, in Iraq dalla Missione archeologica polacca. Alto 2,56 metri, presentava un doppio registro con figure di dignitari armati, diviso a metà da un’iscrizione cuneiforme e delimitato a destra da un albero della vita, simbolo di regalità. Sopra l’iscrizione, non ancora decifrata, rimane visibile un dignitario armato di
scudo e lancia, volutamente tagliato per poter essere venduto.

La Svizzera e l’Iraq hanno ratificato la Convenzione UNESCO del 1970 concernente le misure da adottare per interdire e impedire l’illecita importazione, esportazione e trasferimento di proprietà dei beni culturali. Con la legge sul trasferimento dei beni culturali (LTBC), che attua la Convenzione UNESCO in Svizzera, la Confederazione intende fornire un contributo al mantenimento del patrimonio culturale dell’umanità e impedire il furto, il saccheggio e l’importazione ed esportazione illecite dei beni culturali (art. 1 LTBC).

Frammento di busto con tunica plissettata e manto regale bordato di perle e ornato di pendenti, proveniente dalla statua monumentale di un re di Hatra, rappresentato come orante che sorregge la figura di Mārān-Shemesh, il Dio Sole, in posizione eretta e con un manto bordato di perle. Scoperto nel corridoio orientale del Tempio del Sole (inventario 8/Hatra/247) durante gli scavi iracheni effettuati nel 1959 nell’antica città di Hatra, è datato II–III secolo d.C.

I tre beni archeologici sono stati confiscati nell’ambito di una procedura penale condotta nel Cantone di Ginevra nel 2023 e affidati all’UFC per la restituzione al Paese d’origine, come previsto dalla LTBC. Questa restituzione sottolinea l’impegno congiunto di Svizzera e Iraq nella lotta contro il trasferimento illecito di beni culturali.

Trasferimento illecito di beni culturali: una problematica mondiale

Negli ultimi decenni il commercio mondiale di beni culturali è notevolmente aumentato. Oltre al commercio d’arte legale, ascrivibile a uno scambio culturale corretto che contribuisce alla comprensione e al rispetto reciproci, è aumentato anche il traffico illecito di beni culturali, che arreca danni gravi, spesso irreversibili, al patrimonio culturale. La malavita organizzata assume un ruolo sempre più importante in questo genere di traffici, destinati sia ai mercati legali (comprese le vendite online) che a quelli clandestini. Furti, saccheggi e commercio illecito di beni culturali depredano le comunità del loro patrimonio culturale e quindi di parte della loro storia. I saccheggi di beni culturali archeologici distruggono in modo irreversibile il luogo del ritrovamento. Particolarmente toccate da questo fenomeno sono le regioni ricche di beni culturali del Mediterraneo, dell’Asia, dell’Africa, dell’America Latina e del Medio Oriente.

I beni culturali sono peculiari, perché rappresentano testimonianze tangibili della cultura e della storia e sono portatori di identità per gli individui e le società. Essi determinano la consapevolezza e la coesione di una società. Pertanto, la protezione, la promozione della conservazione del patrimonio culturale mobile e la sua mediazione rappresentano uno dei compiti importanti di uno Stato.

Regolamentazione della piazza culturale svizzera

La Svizzera è un’importante piazza culturale per una serie di motivi: vanta una delle più alte densità di musei al mondo, numerose collezioni private, una posizione di spicco a livello internazionale nel commercio d’arte e nell’organizzazione di mostre, nonché una bilancia commerciale positiva. Questa situazione, gli sviluppi internazionali e non da ultimo i casi eclatanti della fine degli anni Novanta e del 2002 che hanno portato al sequestro in Svizzera di migliaia di beni culturali archeologici oggetto di saccheggi, rendono necessaria una regolamentazione che favorisca lo scambio legale di beni culturali e ne contrasti il trasferimento illecito.

Nel 2005 è entrata in vigore in Svizzera la LTBC, in attuazione della Convenzione dell’UNESCO del 14 novembre 1970 concernente le misure da adottare per interdire e impedire l’illecita importazione, esportazione e trasferimento di proprietà dei beni culturali e della Convenzione dell’UNESCO del 2 novembre 2001 sulla protezione del patrimonio culturale subacqueo.
La LTBC costituisce la base legale determinante per l’importazione, il transito, l’esportazione e il rimpatrio di beni culturali. Nella lotta contro il trasferimento illecito di beni culturali svolgono un ruolo centrale gli obblighi di diligenza nell’ambito del commercio d’arte, gli obblighi di dichiarazione nel traffico transfrontaliero delle merci e il divieto generale di qualsiasi tipo di trasferimento (acquisto, vendita, importazione, mediazione ecc.) di beni culturali rubati o saccheggiati.

L’esecuzione della LTBC compete al Servizio specializzato trasferimento internazionale dei beni culturali dell’UFC. Dall’entrata in vigore di questa legge sono stati avviati in Svizzera circa 270 procedimenti penali per violazione della stessa, mentre circa 6800 beni culturali sono stati restituiti dalla Svizzera ai Paesi d’origine.
Dal 2015 la Svizzera ha restituito all’Iraq 39 beni culturali.


Ricerca sul patrimonio archeologico culturale in Iraq

Avviata nel 1845 grazie all’interesse del pubblico occidentale per i luoghi citati nella Bibbia, l’esplorazione archeologica della Mesopotamia divenne teatro di un’accesa competizione tra Francia e Inghilterra, entrambe desiderose di accaparrarsi le opere più importanti per i loro musei, il Louvre e il British Museum. Fu proprio in questo contesto che tra il 1846 e il 1849 ebbero luogo gli scavi di Nimrud-Kalkhu, dove Austen Henry Layard portò alla luce i rilievi del monumentale doppio fregio parietale del regno di Tiglath-Pileser III, da cui provengono i reperti esposti. L’insieme ornava una delle pareti del Palazzo Centrale. Distrutto nell’antichità, questo palazzo dell’VIII secolo a.C. conteneva più di cento rilievi. Per mancanza di risorse, la maggior parte di questi fu riseppellita dopo essere stata parzialmente documentata da Layard nei suoi disegni, e solo una piccola parte fu trasferita al British Museum. Ampiamente pubblicati, gli scavi di Layard suscitarono una vera e propria mania popolare, che diede l’impulso per gli scavi successivi. L’ondata di curiosità generata da queste spettacolari scoperte fu il preludio della colonizzazione del Medio Oriente dopo la caduta dell’Impero ottomano nel 1918.
L’antica città di Hatra Scoperta nel 1906, la città partica di Hatra è stata oggetto di scavi sistematici condotti dallo State Board of Antiquities and Heritage (SBAH) dell’Iraq a partire dal 1951; incentrati sui monumenti religiosi del temenos centrale della città, hanno portato alla scoperta nel 1959 della statua reale da cui proviene il busto esposto. Di grande valore, questi scavi sono di primaria importanza per l’identità nazionale irachena, essendo Hatra l’antica capitale del regno partico, il Rex Arabicus delle fonti antiche, fino alla sua conquista dai Sassanidi nel 240 d.C. Hatra occupa un posto importante nella storia culturale mondiale. Per questo motivo nel 1985 il sito archeologico è stato dichiarato Patrimonio mondiale dell’umanità UNESCO.

La mostra

Per la loro importanza storica e artistica i tre oggetti restituiti all’Iraq saranno eccezionalmente oggetto di una mostra documentata presso la sede dell’UFC, nell’edificio della Biblioteca nazionale svizzera (BN). La mostra si terrà dal 24 maggio al 7 giugno 2024 e sarà aperta al pubblico a ingresso gratuito dal lunedì al venerdì, dalle 9.00 alle 18.00.

[Fonte: Consiglio federale del Governo svizzero].

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