I retroscena di Feriarte 2021 e gli esiti dell’operazione condotta dalla Brigata de Patrimonio Histórico
Settantuno pezzi sequestrati e sei persone arrestate, ma l’assetto criminale risulta molto più complesso
Abstract: a police operation, initiated by the Spanish Brigata de Patrimonio I retroscena di Feriarte 2021 e gli esiti dell’operazione condotta dalla Brigata de Patrimonio Histórico during a famous antiquities fair held in Madrid in November 2021, has led to the seizure of 71 archeological pieces belonging to the Visigothic, Nazarite, Caliphate, and Renaissance periods. Six people were arrested as alleged perpetrators of crimes against cultural heritage, criminal association and money laundering. Nevertheless, the crime chain results even more complex.
Feriarte è una manifestazione che ogni anno attrae a Madrid appassionati di antiquariato e collezionismo da tutto il mondo. Nelle ultime edizioni, la sua proposta si è, inoltre, arricchita in maniera consistente con opere contemporanee di artisti di fama internazionale. Eppure, simili occasioni ben si prestano ad agevolare dinamiche illecite relative alle antichità e alle opere d’arte che vi transitano, come accaduto a Madrid durante la suddetta Feriarte 2021, o a Parma nel corso di Mercanteinfiera Autunno 2022. A quest’ultima vicenda The Journal of Cultural Heritage Crime ha già dedicato un articolo nel maggio 2023.
Il caso di seguito trattato, invece, si apre a novembre 2021 in uno dei padiglioni espositivi della fiera madrilena, quando alcuni agenti della Brigata de Patrimonio Histórico della Policía Nacional spagnola hanno individuato un capitello in stile islamico del quale si sospettava la provenienza illecita, poiché simile ad alcuni reperti apparsi poco prima sul mercato clandestino e a loro noti.
La fattura di acquisto del capitello richiesta dalla Polizia all’espositore, oltre a contenere evidenti irregolarità, registrava che il pezzo era stato acquistato presso un negozio di antiquariato di Granada insieme ad altri due capitelli. Oltre alla fattura, erano state prodotte per ciascun oggetto copie dei verbali delle dichiarazioni rese a nome del medesimo individuo a un notaio di Granada. Stando al contenuto dei documenti, i capitelli sarebbero entrati a far parte del patrimonio della famiglia del dichiarante da ormai diverse generazioni, in quanto ereditati in seguito al decesso di un ascendente. Questi, nel lontano XIX secolo, avrebbe svolto la professione di restauratore presso l’Alhambra.
Gli altri due capitelli in stile islamico ritrovati.
Viste le circostanze, la Polizia spagnola ha ritenuto di approfondire le indagini su colui che aveva rilasciato tali dichiarazioni. Così facendo, è stato possibile risalire ad altri uffici notarili situati a Valencia, Madrid e Barcellona dove erano state depositate attestazioni simili o registrati passaggi di proprietà ambigui aventi per oggetto numerosi reperti archeologici. La maggior parte di questi beni insieme a un commerciante incaricato di venderli si trovava a Barcellona. L’intento era quello di permettere la regolare introduzione dei manufatti nel mercato, dimostrando che la loro rimozione era antecedente all’adozione della Legge n.16 del 25 giugno 1885, la quale attribuisce allo Stato spagnolo la proprietà degli oggetti di interesse archeologico, sancendone il contestuale divieto di detenzione da parte dei privati, salvo provando l’anteriorità dell’acquisto o del ritrovamento rispetto al 1885.
L’operazione si è conclusa con l’arresto di sei persone – cinque a Granada e una a Barcellona – incriminate per reati contro il patrimonio storico, associazione per delinquere e riciclaggio di denaro.
I settantuno pezzi sequestrati si trovano oggi presso il Museo Archeologico Nazionale di Madrid, il Museo Archeologico di Granada e il Museo della Preistoria di Valencia. Secondo i tecnici specialisti che hanno analizzato i beni, tutti databili tra il X e l’inizio dell’XI secolo e risalenti, dunque, alle epoche visigota, nazarí, del califfato e rinascimentale, il loro valore complessivo ammonterebbe a circa quattrocentomila euro. Sono stati recuperati una stele funeraria araba, capitelli, basamenti e fusti di colonne in marmo, archi in gesso, travi, diverse sculture e quattro spille da cintura visigote.
La catena criminale: parentele, prestanomi e il commerciante di Barcellona
Sebbene l’operazione si sia conclusa con sei arresti, in totale sono stati individuati ben dieci componenti dello stesso gruppo criminale. Purtroppo, non è stato possibile procedere all’arresto degli altri quattro individui, in quanto non presenti sul territorio spagnolo. Di queste dieci persone, otto erano legate fra loro da vincoli di parentela. All’interno della famiglia, i più anziani partecipavano all’individuazione dei reperti archeologici. La seconda generazione era incaricata, invece, di redigere la documentazione di accompagnamento dei pezzi necessaria a mascherarne l’origine clandestina per introdurli, una volta “puliti”, nel mercato lecito. In questa fase, veniva preparato il materiale necessario alla registrazione dei falsi passaggi di proprietà presso alcuni studi notarili diffusi sul territorio spagnolo. Successivamente, interveniva il prestanome, il quale presentava e firmava gli atti dinnanzi al notaio. Talvolta, quest’ultimo, si occupava anche di trasferire i pezzi al commerciante di Barcellona, il quale, a sua volta, lo avrebbe rivenduto.
Laureata in Giurisprudenza (Firenze 2019) con una tesi sulla protezione del patrimonio culturale nei confitti armati, si iscrive a un corso di specializzazione in gestione e protezione del Patrimonio Mondiale (Palazzo Spinelli 2020-2021) al quale segue un periodo di tirocinio presso Here_Lab – laboratorio congiunto tra Università degli studi di Firenze e Ufcio Patrimonio Mondiale e rapporti UNESCO del Comune di Firenze. La collaborazione col Laboratorio si rinnova con una borsa di ricerca, che rimane attiva fino a novembre 2023, quando prende servizio presso la Direzione Cultura e Sport del Comune di Firenze. Ha pregressa e consolidata esperienza come progettista in ambito culturale europeo, mentre dal 2020 è membro dell’Associazione Italiana Giovani per l’UNESCO. Da ottobre 2024 ricopre il ruolo di funzionario presso il Segretariato Generale del Consiglio della Regione Toscana.
Per JCHC si occupa del progetto in collaborazione con la Brigada de Patrimonio Histórico della Policía Nacional spagnola.