L’arte confiscata alla criminalità va in mostra a Lamezia Terme
L’inaugurazione alle ore 18 di martedì 18 giugno
Quarantaquattro opere d’arte confiscate nel corso di indagini sulla criminalità organizzata e grandi affari illegali su scala internazionale, vengono esposte dal 18 giugno al 28 luglio 2024 nel Complesso Monumentale di San Domenico di Lamezia Terme, sede del Museo Archeologico: è la mostra Visioni Civiche – L’arte restituita. Dalle opere confiscate alle mafie al bene comune, che si allinea, non solo sul piano temporale, con i temi e gli obiettivi del Festival dei libri sulle mafie Trame, che dal 2011 conta, proprio a Lamezia, più di 10.000 presenze ogni anno. Trame, nel tempo, è riuscito a diventare una realtà significativa e di grande richiamo culturale sul piano nazionale, e ora arricchisce ulteriormente la sua proposta. In esposizione ci sono lavori di grandi maestri del ‘900, autori affermati o emergenti, opere uniche o tirature grafiche, ma anche opere polimateriche. Visioni Civiche – L’arte restituita presenta capolavori di Giorgio de Chirico, Antonio Ligabue, Paul Kostabi, Michele Cascella, Michele Cassinari, Cesare Berlingeri, Massimo Catalani, Luca dall’Olio, Marco Lodola, Max Marra, Paolo Porelli, Pietro Annigoni, Franz Borghese e Bruno Caruso. Maestri dell’arte tra Ventesimo e Ventunesimo secolo. E viene esposta anche qualche opera contraffatta, come un falso Giorgio Morandi.
Il progetto dell’esposizione, curato dal professor Lorenzo Canova, è stato organizzato e prodotto dalla Fondazione Trame e dall’Associazione MetaMorfosi, con il patrocinio del Ministero degli Interni e il sostegno della Fondazione CDP, ente no profit del gruppo Cassa Depositi e Prestiti, che attraverso il bando Ecosistemi Culturali dello scorso anno ha selezionato il progetto.
“Visioni Civiche – spiega Canova – poggia sulla forza simbolica delle arti visive per creare uno spazio di legalità e di condivisione civica”. Il percorso della mostra si basa su due gruppi di opere d’arte confiscati: quello tolto a Gioacchino Campolo, imprenditore di Reggio Calabria (conosciuto come il re dei videopoker, condannato a 16 anni di reclusione in via definitiva per estorsione aggravata dalle modalità mafiose) considerato vicino alle famiglie di ‘ndrangheta della città, in particolare i De Stefano e i Libri; e l’altro confiscato a Gennaro Mokbel, imprenditore con un passato e amicizie nella destra eversiva, contatti con figure della banda della Magliana, fu arrestato e processato 14 anni fa nel corso di un’inchiesta per il riciclaggio di due miliardi di euro, operazione in cui comparivano anche figure di vertice di grandi aziende della comunicazione.
Le opere esposte erano state selezionate dai compratori magari anche in base al gusto personale, ma – secondo investigatori e magistrati – soprattutto per il desiderio di “accumulare arte” da usare come manifestazione di ricchezza, di potere, come moneta di scambio, per stringere accordi, fare affari.
“In un momento in cui sembra essere diminuita la percezione della pericolosità delle mafie e delle organizzazioni criminali – spiega Nuccio Iovene, presidente della Fondazione Trame – l’obiettivo della mostra è quello di mantenere alta l’attenzione sulla loro attività, sulla minaccia che rappresentano e far comprendere concretamente quanto siano capaci di mettere le mani su affari e in settori apparentemente lontani, come ad esempio il mercato delle opere d’arte, e di diversificare i loro investimenti riciclando proventi illeciti”.
Partner della Fondazione Trame è l’Associazione MetaMorfosi che, per la prima edizione del Festival dell’antimafia sociale, presso l’Università Federico II di Napoli, ha prodotto il video e la mostra Povertà vecchie e nuove schiavitù nell’arte.
“L’esposizione di Lamezia realizza l’obiettivo più significativo di un lungo cammino – dice Pietro Folena, presidente di Metamorfosi – e cioè affiancare alla produzione di mostre classiche e contemporanee una vocazione civica, individuando nell’esposizione e nella divulgazione dell’arte e della cultura una straordinaria leva contro l’illegalità, la criminalità, le mafie e ogni forma di sopruso e di prepotenza. Quindi – aggiunge Folena – partecipiamo con grande orgoglio a un progetto che ha l’obiettivo di restituire alla collettività opere acquisite col malaffare. Speriamo così di aprire una nuova stagione, che metta al centro l’arte e la cultura per contrastare la criminalità e l’illegalità”.
Giornalista e scrittore. Dal 1977 alla redazione Napoli e Campania de l’Unità, dal 1980 collabora alla rubrica del Tg2 Dossier, all’Ora di Palermo, settimanali come Epoca, l’Espresso. Nel 1987 al Giornale di Napoli, fino al ‘91 quando approda al Tg2, alla trasmissione “Lezioni di Mafia”- nata da un’idea del giudice Giovanni Falcone -, poi alla cronaca del Tg2, quindi a Mixer e infine al Tg3 dove continua ad occuparsi di cronaca giudiziaria e in particolare grandi organizzazioni criminali e traffici e affari illeciti: di droga, armi, rifiuti tossici, ma soprattutto beni culturali, reperti archeologici. Fin dagli anni 70 racconta saccheggi e devastazione di aree archeologiche e del patrimonio ambientale e culturale, in Rai negli ultimi 24 anni denunciando nelle trasmissioni “Bellitalia” e “Tg3 Fuori Tg”.