È caccia a 218 opere d’arte e oggetti liturgici trafugati dal Complesso dei Girolamini

Nell’ambito del protocollo d’intesa tra la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli e il Complesso Monumentale e Biblioteca dei Girolamini, sottoscritto lo scorso 31 gennaio, si è conclusa una prima e importante ricognizione sulle ruberie perpetrate, a più riprese, nel Novecento

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Dopo una serrata ricerca d’archivio e di confronto fotografico, i Carabinieri del Nucleo TPC di Napoli e gli storici dell’arte dei Girolamini hanno stilato un elenco di 218 beni. I dettagli (e la soddisfazione) nell’intervista alla direttrice Antonella Cucciniello.

Che tipo di documentazione è stata consultata a Roma?
«La presenza dei Carabinieri, che è avvenuta sotto l’egida della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, è stata fondamentale. Oltre alle fonti disponibili anche a noi, come quelle dell’Istituto Centrale per il Catalogo, i Carabinieri hanno avuto un accesso velocizzato a materiale di natura giudiziaria, alcuni atti e documenti legati a una indagine, che arrivò a processo tra gli anni Cinquanta e Sessanta, per una emorragia di opere che avvenne in quegli anni. Grazie alla Procura e ai Carabinieri del Nucleo TPC di Napoli è stato più facile consultare questa documentazione di cui, qui, si era persa proprio la memoria».

Come avete stabilito il lasso temporale, a partire dalla Seconda Guerra Mondiale?
«Proprio dalle verifiche effettuate si è capito che ci sono stati tre punti fondamentali di caduta libera. Ripercorrere la documentazione fotografica dell’Istituto Centrale per il Catalogo ci ha dato la possibilità di quantificare l’entità dei danni subiti dalla Chiesa dei Girolamini dopo la Seconda Guerra Mondiale, un’entità di danni non dico senza ritorno ma paragonabili a quelli di Santa Chiara. Questo coincise con una perdita di ruolo dell’ambiente chiesa, che si protrasse per anni e che rappresentò l’avvio della parabola discendente di questo celebrato monumento, sfondato ed esposto ad atti di sciacallaggio non facilmente controllabili dopo il bombardamento. Il secondo momento si verificò alla fine degli anni Cinquanta con una emorragia di opere legata a delle scelte discutibili di due oratoriani nominati ai Girolamini per regolamentare la vita dell’istituto. E poi il terzo momento è stato il terremoto del 1980: una fase di grande crisi della struttura causata dai danni inferti dal sisma stesso e da una destinazione d’uso forse non abbastanza ragionata: molti sfollati sono stati accolti ai Girolamini. Per alcuni anni sono venute meno le condizioni minime di sicurezza, verifica e controllo, e ciò ha creato l’humus per furti e saccheggi».

Napoli, Chiesa di Santa Chiara dopo i bombardamenti del 1943

Come siete arrivati a stilare l’elenco?
«La ricerca si è basata sul confronto tra un inventario del patrimonio mobile della chiesa, realizzato negli anni Trenta da un funzionario dell’allora Soprintendenza alle Gallerie, e i successivi inventari e le verifiche sulle attività di padre Bellucci e di padre Ferrara. L’analisi dei documenti e delle fotografie, grazie a un quantità di immagini diventa nel tempo copiosa e quindi più parlante, ha fatto sì che si potesse ricostruire un quadro di mancanze. La cosa interessante è che per la prima volta questi ammanchi sono stati inseriti nel database dei Carabinieri, e credo anche in quello di Interpol. Si è avviata una nuova stagione di verifiche in giro per il mondo per provare a recuperare almeno qualcosa o per ricostruire, se non altro, la vita di queste opere. I Girolamini sono un posto paradigmatico in materia di disattenzione verso il patrimonio culturale comune».

Possiamo considerare il dato definitivo o è una ricerca che potrà continuare?
«La ricerca ha prodotto un dossier, con una raccolta di documenti, che ha superato ampiamente il centinaio di pagine. Contiamo di renderlo pubblico e di condividerlo anche con delle azioni di evidenza pubblica come convegni o assemblee. Certo, non consideriamo la questione cristallizzata nel tempo, anzi speriamo che questa operazione sia un sasso lanciato in uno stagno e che produca degli effetti a catena. Ovviamente non s’interrompe la collaborazione con la Procura, s’intensifica. Finora si è era attestata solo sul fondo librario, a causa delle iatture più recenti di questo millennio, ma il furto del 2012 è stato solo la punta di un iceberg: nel Novecento ci sono stati almeno tre periodi, come dicevo, nel corso dei quali la fabbrica si è ritrovata a fare i conti con una emorragia di patrimonio di cui ancora oggi paghiamo le conseguenze».

Nell’ambito del protocollo, sottoscritto lo scorso 31 gennaio, sono previsti altri progetti?
«L’intenzione è quella di mantenere alta la concentrazione sul patrimonio. Adesso abbiamo scandagliato la documentazione e gli archivi, che siamo riusciti a consultare grazie alla Procura, però intendiamo continuare ad approfondire e a portare l’attenzione sul piano internazionale. Qualcosa può ancora essere recuperato e qualcosa può essere riportato alla memoria perché non è detto, in questa fase, che siamo riusci a individuare tutte le mancanze. Di razzie ce ne sono state veramente tante. Confidiamo in un effetto moltiplicatore che alimenti nuove ricerche e nuove collaborazioni, come d’altra parte già sta avvenendo con il patrimonio librario. Ormai, con una costanza non dico settimanale ma mensile, vengono portati in visione libri che potrebbero essere usciti dai Girolamini e sui quali si attestano verifiche puntuali per restituirli al patrimonio della biblioteca. Il nostro lavoro sarà finito quando riusciremo a riportare a casa i libri e tutto quel patrimonio evaporato e disperso, che chiedere di essere recuperato, soprattutto adesso che ha una casa bella, restaurata e riaperta al pubblico».

Di seguito l’elenco dei 218 beni, tra opere d’arte e oggetti liturgici, mancanti:

  • 18 busti reliquiari
  • 1 crocifisso medievale
  • 2 busti in marmo
  • 14 crocifissi
  • 20 lampadari
  • 91 candelieri
  • 6 reggimensole in marmi policromi
  • 11 mensole in marmo
  • 4 cancelli in ottone delle cappelle laterali della Chiesa
  • 2 organi ornamenti in bronzo
  • 8 vasi in marmo policromo fastigio in marmo (due angeli che reggono la croce della Cappella di San Francesco di Sales)
  • 2 medaglioni in marmo che rappresentano Gesù e la Vergine
  • 2 angioletti ai lati della Pietà in terracotta di Giuseppe Sanmartino
  • 1 busto ligneo di San Francesco di Sales
  • 1 deposizione in marmo
  • 1 ancona d’altare
  • 2 pannelli lignei
  • 2 medaglioni raffiguranti Pietro e Paolo
  • 11 dipinti
  • 16 seggioloni della Sala Vico
  • 1 affresco staccato rappresentante la Madonna con Bambino

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